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Scendendo le scale alla velocità di un razzo, inizio a formulare mille teorie sulla strana telefonata ricevuta poco fa da parte di Clayton. Il suo tono freddo mi ha fatto partire un campanellino d'allarme nella testa. Ma benché il mio primo impulso sia stato quello di restare ferma sulla mia decisione e, perciò, rimandare un qualunque incontro a domani, persino attraverso il telefono ho sentito che qualcosa nel suo atteggiamento fosse cambiato. E, come tale, ho fatto un passo indietro e ho deciso di vedere con i miei occhi di cosa si tratta.

Che sia arrabbiato per il mio rifiuto? So che sia deludente non poter passare del tempo insieme dopo tutti i giorni in cui siamo stati lontani uno dall'altra. Ma dopo tutti i discorsi fatti da Ally, ho davvero bisogno di prendermi un po' di tempo per rifletterci su senza lasciarmi influenzare da niente. In più, non mi è sembrato che Clayton fosse molto turbato per il mio continuo rimandare. Forse solo un po' deluso. Ma la sua reazione non ha avuto niente a che fare con la rabbia mal celata che ho scorto nella sua voce, durante la seconda telefonata, che è avvenuta soltanto qualche minuto fa.

È come se avessi parlato con due persone completamente diverse.

Che si tratti di uno sbalzo d'umore? Lo trovo altamente improbabile. Tralasciando pochi episodi molto "infelici", Clayton si è sempre rivelato una persona incredibilmente equilibrata, a differenza mia. Una sua caratteristica è proprio quella di riuscire a mantenere il sangue freddo in quasi tutte le situazioni, e difficilmente c'è qualcosa che può farlo uscire fuori di testa. Ma se ciò succede, diventa più pericoloso di qualunque altra persona.

E se questa fosse proprio una di quelle poche volte in cui i suoi nervi sono particolarmente sensibili, potrei davvero commettere una cazzata mettendomi sulla sua strada. Perché Clayton è come uno di quei vulcani che erutta raramente, ma quando succede fa piazza pulita. Perciò, mi spazzerebbe via senza pensarci due volte.

In ogni caso, è troppo tardi perché io possa mettermi a riparo. Qualche istante più tardi dopo aver messo piede fuori dalla casa, Clay accosta la sua macchina nel vialetto, aspettando che io salga nel piccolo abitacolo.

"Che succede?" Tento, dopo essermi adagiata sul sedile del passeggero.
"Dobbiamo parlare." Risponde in tono piatto, guardando dritto davanti a sé e ripartendo fin troppo velocemente.
"Quindi, andiamo a casa tua?" Cerco di continuare la conversazione, non riuscendo a sopportare il silenzio teso che rischia di instaurarsi tra di noi.
"No, non dobbiamo restare da soli." Ribatte prontamente, accelerando fino al punto che divento tutt'uno col sedile per la paura. "Altrimenti giuro su Dio che potrei dire e fare cose di cui me ne pentirei."

Spalancando la bocca per la minaccia velata che c'è dietro le sue parole, me ne resto in silenzio, mentre la macchina sfreccia sulle strade incredibilmente trafficate.

'Ci risiamo.' Penso dentro di me, capendo che questa sia proprio una di quelle rare volte in cui mi conviene misurare attentamente le mie parole e contare almeno fino a dieci prima di buttarle fuori.
Non ho paura per la mia incolumità. L'unica volta in cui ho provato questo sentimento ho avuto a che fare con un Clayton che aveva letteralmente perso se stesso. Ma ora, per quanto egli sia arrabbiato, ha ancora quell'espressione razionale impressa sul volto, che riesce ad infondermi un po' di tranquillità.

Ed è per questo che, quando la macchina viene parcheggiata in prossimità del piccolo Coffee Shop che io e Ally adoriamo alla follia, mi sento abbastanza coraggiosa da trascinare Clayton dentro, ormai impaziente di scoprire quale sia il vero motivo del suo umore tempestoso.

Un secondo campanellino d'allarme prende a suonare persino più forte del primo nel notare la sua smorfia dovuta alle mie dita che si intrecciano alle sue. Sembra davvero infastidito da questo contatto, pur non facendo niente per liberarsene.

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