13- Justin

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Accedendo con la macchina nel parcheggio del pub, scorgo all'istante Jennifer, appostata in un angolino vicino all'entrata, intenta ad armeggiare col suo cellulare.
D'istinto, mi chiedo se stia pensando minimamente a me e al fatto che io non abbia ancora risposto ai suoi messaggi.

Egoisticamente spero che lei non mi dia modo di mettere in pratica ciò che mi sta passando per la mente. Spero davvero che questa non sia l'ultima sera di quiete prima della tempesta. E, seriamente, vorrei che non mi avesse mandato alcun messaggio, chiedendomi di raggiungerla in questo posto in cui gioca tutto in mio favore.

Così, ci saremmo rivisti lunedì, io avrei placato l'impulso di compiere una cazzata e forse avrei trovato un modo per non ferirla...non troppo.
Ma ora sono qui, e so di dover afferrare la volo la possibilità di compiere il prossimo passo del mio piano. Soprattutto dopo il pietoso spettacolo che mi si è presentato davanti oggi.

Lo stomaco mi si torce ancora al pensiero di Jace che mi mostra "le sue meraviglie".
Non che non sapessi già cosa aspettarmi, d'altra parte ho dovuto aspettare a lungo per arrivare a questo traguardo.  Ma vedere tutte quelle donne ridotte letteralmente a delle schiave sessuali, mi ha reso consapevole di non potermela prendere con calma. Devo agire subito.

Era così orgoglioso, quel bastardo, mentre parlava di loro come se fossero soltanto dei pezzi di carne, mentre mi raccontava di quanti soldi riuscisse a guadagnare grazie a loro. È stato parecchio difficile ascoltarlo senza lasciarmi andare alla voglia di tirare fuori la pistola e piantargli una pallottola in testa.
L'unica cosa che mi ha fermato dal compiere questo atto è la consapevolezza che così l'avrei semplicemente aiutato a cavarsela troppo facilmente. E lui, essendo nient'altro che u maledetto verme, deve soffrire esattamente come le sue vittime. La morte, per lui, sarebbe solo una via di fuga.

L'unica pecca del mio piano è che anche io sarò il carnefice della felicità di una ragazza che non ha niente a che vedere con questo vortice di degradazione. Ma Jennifer ha una spalla su cui piangere, qualcuno che la faccia risalire quando tocca il fondo. Cazzo, anche io sarei disposto a scendere nell'abisso per farla ritornare ad essere circondata dalla luce. Tutte quelle donne, invece, non hanno la stessa fortuna.

E con questa consapevolezza, trovo finalmente il coraggio di scendere dalla macchina e avvicinarmi a quella sagoma parzialmente nascosta nel buio.

"È Clayton?" Chiedo di punto in bianco, notando il suo sorriso ampio alla vista di qualunque cosa ci sia sullo schermo del suo telefono.
"Justin, Santo cielo,devi smetterla di comparire dal nulla!" Esclama, portandosi una mano sul petto. Il mio sguardo si ferma sul punto esatto in cui ha posato la mano, per poi scendere pian piano su tutto il corpo fasciato in un vestitino corto e morbido, color argento, che dovrebbe nascondere un po' le sue curve ma che in realtà, benché sia un po' più largo, le sta mettendo in risalto ancora di più. E poi indossa quei suoi amati tacchi dodici di un vivido rosso. Dio, non pensavo potessi trovare affascinante il portamento conferitole da essi. Ma giuro che amo quell'aria elegante che ha mentre cammina, ondeggiando i fianchi, con quelle trappole mortali in perfetto equilibrio.

"E, comunque, si, è Clayton." Ribatte, dopo essersi ripresa.
"Scommetto che sta contando le ore che lo separano dal suo ritorno." Constato distrattamente.
"Già." Ammette Jen, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Che ci fai qui?"
"Mi hai chiesto tu di venire, ricordi?" Le faccio notare, scoppiando a ridere.
"Si, esattamente un'ora e mezzo fa. Ma non ho ricevuto alcuna risposta." Mi fa notare, a sua volta, in tono neutro. "Quindi cos'è che ti ha convinto a venire?"
"In realtà, ho dovuto prendermi del tempo per riflettere su quanto io sia disposto a farmi sbranare dalle tue amiche pur di vederti." Replico, decidendo di confessarle una mezza verità.
"Saranno spietate." Mi avverte, alzando le mani in segno di resa. "Soprattutto perché l'idea di invitarti qui è stata la loro, e tu non hai avuto il buon senso di rispondermi."
"Quindi non sei tu a volermi vedere?" La stuzzico, ridendo per il modo in cui volta la testa e si rifiuta di lasciar trasparire un fatto piuttosto ovvio: benché non si fidi di me, le piace avermi intorno. Ma non posso bearmi nella convinzione di averla conquistata, non ora che so per certo che la perderò questa stessa sera.

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