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"Sei proprio un coglione, lasciatelo dire. " Riesco a captare nel mio stato di dormiveglia. La voce mi arriva ovattata, tant'è che non mi sforzo nemmeno di identificarla, sapendo che si rivelerà una battaglia persa già in partenza.

E dopo aver appurato di non avere né la voglia né tantomeno la forza di soffermarmi sulle parole appena sentite, mi stringo ancora di più a chiunque io stia abbracciando, senza la minima intenzione di chiedermi chi quella persona sia.
Mi fa male tutto il corpo per la posizione strana in cui mi ostino a restare, o, per meglio dire, per come sono avvinghiata a questo corpo che emana quasi una sensazione di tranquillità. E forse è proprio per questo che mi ci sto aggrappando come se fosse questione di vita o di morte.

"Ho sbagliato." Sento ancora, detto da una voce con un timbro leggermente diverso rispetto a quello sentito in precedenza. "Avrei dovuto pensare al fatto che si sarebbe preoccupata fino all'inverosimile. Ha pianto tanto, vero?"
Una carezza fugace solletica le mie guance, che, scommetto, conservano ancora il segno di tutte le lacrime, mescolate al mascara, che ho versato senza sosta. Come risposta, emetto un grugnito infastidito, per poi tornare a concentrami sul dolore sordo che rimbomba nella mia testa e la sensazione fastidiosa di intorpidimento che affligge tutto il mio corpo.

"Per circa un'ora." Risponde la prima voce. Dopodiché, il braccio che fino ad allora mi ha circondata in maniera quasi protettiva, si discosta dal mio corpo per poi cercare di allontanarmi delicatamente dalla mia fonte di tranquillità. Un altro grugnito infastidito abbandona le mie labbra e, in un impeto di coraggio ma anche di incoscienza, mi ci aggrappo ancora di più, non avendo la benché minima intenzione di abbandonare la bolla di sapone in cui mi sono rintanata.

"Lasciala, deve essere esausta." Prosegue una delle due voci.
"Immagino che, dal momento che sei qui sano e salvo, tu sia riuscito a rimettere Jace al suo posto." Continuo ad ascoltare distrattamente, e questa frase riesce a far svegliare qualche neurone del mio cervello incredibilmente stanco, ma non abbastanza da convincermi ad aprire gli occhi.
"Per adesso, si. Ma non so quanto durerà."

La conversazione prosegue per un altro po', ed io continuo ad ascoltarla passivamente, senza registrare il vero significato delle loro parole. Ma questo solo finché le informazioni sentite, che restano impresse da qualche parte nella testa, iniziano a formare un quadro ben chiaro senza che io debba cercare disperatamente di riordinarle.
Quando ciò succede, gli occhi mi si spalancano senza indugiarvi oltre e alla vista del viso di Justin così vicino, scatto in piedi ancor prima di rendermi conto che Clayton ci sta osservando a debita distanza.

Il cuore mi batte all'impazzata, e questo ritmo folle aumenta ulteriormente, se possibile, quando finalmente noto lo sguardo mesto di quest'ultimo. Il mio primo impulso è quello di lanciarmi in una serie di giustificazioni sul perché io mi sia fatta trovare in una posizione "compromettente", ma anche se sono ancora piuttosto addormentata e incapace di formulare un pensiero che possa seguire un filo logico, mi rendo conto che non ci sia granché da dire.

Clay se n'è andato nel cuore della notte, lasciandomi da sola con la paura di non vederlo ritornare e un Justin in condizioni preoccupanti che però, ha lasciato da parte la sua sofferenza fisica per consolare una me sull'orlo di una crisi isterica. Clay ha fatto l'errore di andarsene senza curarsi di me e io ho fatto l'errore di lasciare che Justin mi consoli.

Non sento il bisogno di aprire questo argomento. L'unica cosa che voglio è buttarmi su un letto e chiudere gli occhi, con la speranza che al mio risveglio ogni evento di questa notte si rivelerà soltanto una spiacevole invenzione della mia mente stanca. Perciò, senza prendermi la briga di proferire alcuna parola, giro i tacchi ed inizio a trascinarmi stancamente verso la prima stanza da letto che mi capita davanti.

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