Capitolo 3 - Chi sono davvero

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Bucky mi fa strada nell'immenso edificio che è l'Avengers Compound, che, a quanto pare, ospita anche degli uffici e dei laboratori a disposizione dello S.H.I.E.L.D..
"E l'acronimo sta per...?" chiedo.
"Strategic Homeland International Enforcement and Logistics Division" recita a memoria.
"Andrebbe cambiato" osservo.
"Sì, decisamente" concorda.
Cominciamo a ridere di questa piccola cosa e mi rendo conto di trovarmi davvero bene, con lui. Bucky è davvero simpatico, nonostante le poche frasi che abbiamo scambiato. Sono bastate per farmelo piacere.
"Dove stiamo andando?" chiedo curiosa.
"Nella tua stanza" risponde sereno, continuando a camminare.
"Avrò una stanza?" chiedo entusiasta. Non pensavo sarei rimasta con gli Avengers.
"Credo di sì" deduce lui con un mezzo sorriso.
Passiamo qualche corridoio identico a tutti gli altri ed arriviamo di fronte ad una porta di legno chiaro con un pomello dorato. È la terza di otto, quattro su ogni lato del corridoio.
"Quante stanze ci sono?" chiedo. Avevamo fatto parecchia strada dall'ingresso. Non mi aspettavo che ci fossero così tante persone, all'interno della struttura.
"Tranquilla, molte meno di quelle che pensi. E molte sono ancora vuote. Su questo piano ci sono quelle abitate" mi spiega.
"D'accordo... in che camera sei tu?" aggiungo, mossa dalla curiosità.
"Sei una delle poche persone che conosco, qui" aggiungo subito dopo.
"Proprio qui di fianco" indica la porta accanto a quella della mia stanza. Mi sento improvvisamente tranquilla.
"Steve è proprio qui di fronte. Nel caso ti interessi" mi informa con un mezzo sorriso.
"Oh, certo. Grazie" mormoro imbarazzata.
"Potresti farmi fare un giro della struttura? Credo dovrai starmi vicino per un po', rischio di perdermi, altrimenti" abbasso lo sguardo. Lui sembra contento della mia richiesta ed acconsente, mentre sule sue labbra aleggia l'ombra di un sorriso.

"Sarò onesto, non ho idea di quante stanze ci siano in questo posto. Ma sono molte e sono disposte su quattro piani. Al piano terra sono perlopiù uffici. Nel seminterrato ci si svaga, palestre, laboratori, dovrebbe esserci anche una sala cinema, anche se non l'ho mai vista. Al primo piano ci sono gli spazi comuni, mense, biblioteche, la sala bar. All'ultimo piano ci sono gli alloggi. La parte in cui ci troviamo è completamente riservata a noi, tutti i piani" espone fiero.
"Non credo me lo ricorderò mai" rido.
Rimaniamo in silenzio in silenzio per un tratto di strada, camminando fianco a fianco.
"Chi sei tu?" mi domanda ad un tratto.
"Sono Jean..." rispondo confusa.
"Questo lo so. Intendo chi sei tu davvero" specifica. Non so cosa rispondere.
"Chi sono davvero... la mia storia. Non credo sia molto interessante" cerco di evitare la conversazione, ma Bucky non sembra avere intenzione di lasciare perdere.
"Vediamo se hai ragione" insiste infatti.
"Non c'è molto da raccontare, sono sempre stata la classica ragazza con cui, nei film, nessuno voleva fare amicizia, un po' distante, un po' strana. Non mi sono mai fatta notare, sono sempre stata abbastanza distante" lo sguardo del ragazzo è acceso, in attesa che vada avanti.
"Davvero non c'è molto altro. L'unica cosa forse degna di nota nella mia banale vita è la presenza di Steve. C'è sempre stato, da che mi ricordi, soprattutto dopo che i miei... insomma, dopo che sono andata a vivere con mia nonna, che mi ha cresciuta a storie di guerra e sitcom scadenti. D'accordo, mi sono trasferita anche per colpa mia, lo ammetto. A scuola ero un po' una mina vagante, ci sono stati alcuni episodi poco simpatici, a scuola, in cui mi sono dovuta difendere. E mi sono impegnata un po' troppo, il che mi è valso un'espulsione" abbasso lo sguardo, imbarazzata.
"Sei proprio pericolosa, effettivamente fai davvero paura" mi prende in giro il ragazzo accanto a me.
"Non prendermi in giro, una volta ho mandato un ragazzino in ospedale" mi difendo.
"In quel periodo Steve passava spesso a trovarci, finchè non è venuto qui a New York. Oggi è stata la prima volta che l'ho visto dopo tre anni" mi rabbuio al ricordo dell'assenza di Steve nella mia vita.
"E i tuoi?" domanda d'un tratto.
"Non ricordo molto di loro. La nonna non ne parlava mai, quasi avesse chissà quali segreti da nascondere. Probabilmente non c'era niente di abbastanza interessante che valesse la pena ricordare" minimizzo.
Bucky sembra senza parole.
"Ehi?" richiamo la sua attenzione.
"Scusami, ero solo assorto nei miei pensieri" spiega.
"Che pensieri?" gli chiedo. Non mi sembra di aver detto qualcosa che desse adito a profonde riflessioni.
"Niente di importante" sorride improvvisamente spensierato.
"Come mai tutto questo interesse?" il silenzio tra di noi si stava facendo troppo pesante.
"Solo curiosità. E poi, la strada è molto lunga" mente. Io alzo gli occhi al cielo e sorrido.
"Un giorno mi racconterai la tua, di storia?" scommetto che è molto più intressante della mia. Avevo solamente sentito parlare del Soldato d'Inverno, tante storie di terrore senza un volto a cui associarle, che improvvisamente sembravano essere fondamentali per la mia vita.
"Un giorno. Promesso"
"Promesso"

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Ed ecco la piccola storia di Jean (se è davvero tutta, if you know what I mean)
Vabbè, dai, in fondo è una piccola ciccina carina e le vogliamo bene.





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