La mattina dopo sono lì ancora prima che i medici arrivino a controllare i parametri vitali.
Sono lì. Come promesso.
Resto seduta di fronte a lui, ad aspettare.
Che cosa? Non saprei dirlo, in realtà.
Di certo non mi aspetto che magicamente la Fata Turchina lo faccia tornare da me.
Anche se sarebbe un sogno, in effetti."È sicura di sentirsi bene?" mi chiede un tecnico. Probabilmente lo stesso che il giorno prima era stavo gentile.
Io annuisco debolmente, poi lo sento parlare con Steve.
Gli starà chiedendo di me.
"Vuoi mangiare qualcosa?" il ragazzo si rivolge a me.
"No, grazie" rispondo.
"Una sedia?" in effetti sono seduta a terra.
"Sì, grazie"
"Te la faccio portare, allora" sparisce.
Poco dopo mi portano il suddetto oggetto."Cosa gli è successo?" domando ad uno dei medici senza però distogliere lo sguardo dalla teca.
"Un proiettile troppo vicino al cuore, e troppo in profondità. Non sappiamo ancora se sia possibile salvarlo" mi mette al corrente.
"Certo" deglutisco a fatica. Anche se in effetti già lo sapevo.
Quando sono salita su quella macchina, con Tony, già avevo capito.
Il modo in cui mi guardava...
Inconsapevolmente ricomincio a piangere.Steve torna alle due meno un quarto.
"Come ti senti?" mi chiede posandomi una mano sulla spalla.
Io non gli rispondo.
Più che altro non credo ne sarei in grado.
"Hai mangiato qualcosa?" domanda poi.
Annuisco debolmente.
Sembra rassicurato da questa notizia.I giorni si fanno di nuovo interminabili.
La notte mi sveglio di soprassalto nel panico cercandolo accanto a me, solo per poi ricordarmi che non c'è.
E lacrime silenziose cominciano a bagnare il cuscino, mentre guardo lo spazio vuoto nel letto, accanto a me.
La cosa peggiore è stata vederlo, una notte, che mi sorrideva.
Devo essere impazzita.Vado avanti in questo modo per poco meno di un mese, non so come.
Qualche giorno fa, però, ho smesso di parlare.
Forse non ne ho la forza, dal momento che non riesco nemmeno a vedere il cibo.
Steve arriva ogni giorno alla stessa ora ed è sempre più preoccupato.
Sinceramente ne ha ragione, perchè ogni volta che torno qui mi sento sempre più vuota, priva di emozioni.
Tranne una. La nostalgia.
Della sua risata, della sua voce, delle sue labbra, del modo in cui mi guardava.
Ma non posso permettermi di pensarci. I ricordi mi creano dolore.
Un dolore che si aggiunge al resto, e che mi fa solo sentire peggio.Dopo il quarto giorno senza toccare cibo il mio corpo non ce la fa più, e quella mattina mi lascio andare.
Come mi sono ridotta così? A rimpiangere il passato.
Non sono mai stata nostalgica, eppure eccomi qui.
Steve mi trova ore dopo, al suo arrivo.
Chiama dei medici che mi portano subito in un'altra stanza.
Vorrei protestare, ma non ne ho la forza.Non so quanto tempo dopo mi sveglio.
Mi sento meglio, almeno fisicamente.
Steve dorme sulla sedia accanto a me.
Sorrido, vedendolo. Non lo voglio svegliare, ma apre gli occhi, quasi per magia.
Non sa se essere preoccupato o arrabbiato.
"Steve..." ho la voce roca, segnata dagli innumerevoli pianti dei giorni scorsi.
Lui è sorpreso dal sentirmi parlare.
"Prima che tu possa dire qualunque cosa, lo so. So che sono stupida, e ingenua e qualunque cosa ti venga in mente. Lo so. Ma lo faccio per lui. Mi manca così tanto..." mi giustifico.
"Anche a me, Jean" mi ricorda.
"Per te è diverso. Ci sei già passato e tra di noi c'è qualcosa di diverso" ti prego non piangere.
"So quanto tieni a lui. So anche di esserci già passato, ma neanche io ero pronto. Non sai cos'ho passato. C'ero io accanto a lui nei momenti peggiori, quel giorno. Sai che ha detto? Mi ha chiesto di portarmi da te" racconta.
Qualunque fosse il mio intento è sfumato, perchè mi ritrovo a commuovermi.
Stava morendo ed ha pensato a me.
"Ha davvero detto così?" sento un peso sullo stomaco.
Lui annuisce.
Come non farmi sentire in colpa.
Se non fosse stato per me avrebbero potuto curarlo subito.
Smettila di mortificarti.La mattina dopo i medici dicono posso tornare a casa.
Steve mi aspetta subito fuori.
"Serve un passaggio?" mi chiede con un sorriso.
"Grazie" prendo il casco che mi lancia e arriviamo a Brooklyn in un attimo.
"Ti va di restare?" domando quando sono sulla soglia.
"Certo" si è fatto stranamente tenero, come quando ero piccola.
"Credo dovrai aiutarmi a preparare il pranzo. Sono piuttosto imbranata" tento di ridere, ma non riesco davvero.
"Sono qui apposta""Sai che Tony ti ospiterebbe volentieri, vero?" mi ricorda.
"Nel caso volessi allontanarti un po'" si guarda intorno.
"Dici che funziona?" chiedo.
"Con me ha funzionato" alza leggermente le spalle.
Mi piace il suo sguardo. È estremamente caldo e protettivo. In contraddizione col freddo che sento dentro di me.
"Dovresti venire più spesso, rischierei di digiunare di nuovo, altrimenti" scherzo.
"Allora verrò" mi rassicura.Finiamo di mangiare in silenzio.
"Vuoi che resti ancora?" in realtà sì.
"Ti dispiace? Non vorrei restare sola" ammetto infatti.
"Starò tutto il tempo che vorrai" mi promette.
"Come farei senza di te?" lo abbraccio.
"Non voglio pensarci" mi stringe a sè.
"Credo tornerò... domani pomeriggio. Solo per vedere come procedono i parametri" inforno Steve.
"Buona idea, ti accompagno" propone.
"Con piacere"
"Per quanto vuoi andare avanti così?" chiede.
"Finchè riuscirò. Gliel'ho promesso" gli ricordo.
"Giusto. Dimenticavo" sorride.--------------
Prometto che i capitoli non saranno tutti così da suicidio.
Giuro.
Intanto lascio correre la mia vena depressa, che è bella tosta.
Ma poi basta.
Dopo l'ultima novità (che alcuni già conosceranno) le cose andranno meglio.
Ma per ora vi lascio in questo modo.
Besos.P.s.: il capitolo sembra più corto, ma la lunghezza è sempre la stessa, parola più, parola meno.
P.p.s.: mi potreste dire se il Capitolo 25 si legge? Me lo segna come bozza... già.
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You remember? I do || Bucky Barnes ||
Fanfic[IN REVISIONE] Da quando Jean lo ha incontrato, quella notte, in quella piccola stanza, tutto è cambiato. Eppure non sapeva che la sua vita sarebbe stata stravolta di nuovo. E ancora. E ancora.