Capitolo XXXII - Schiava di Malfoy

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Il campo di rose blu era completamente innevato e la cosa la sorprese. Eppure, stranamente, non sentiva affatto freddo, nonostante fosse vestita solamente di una camicia da notte estiva, di bianca seta, piacevole contro la sue pelle.

Come era finita lì, sinceramente, non se lo ricordava affatto.

Ad essere sinceri, non ricordava nulla, come se fosse stata Obliviata più di una volta, ripetutamente. Una fitta alle tempie sembrava volerle confermare la cosa.

Alexis Potter si guardò intorno smarrita: non aveva memoria di nulla, se non di quello splendido campo innevato, come se la sua vita l'avesse vissuta interamente lì.

Eppure, era felice.

Con un sorriso sulle labbra, si alzò in piedi, leggera come non si era mai sentita in tutta la sua vita. Volteggiò tra i fiocchi di neve, sollevando le braccia al cielo per raccoglierli nei palmi: erano soffici e delicati, ma assolutamente non freddi, come invece si sarebbe aspettata. La cosa la fece ridere divertita, come una bambina. Chiuse gli occhi e lasciò che la neve le accarezzasse il profilo delle guance.

Poi, l'odore della legna bruciata le solleticò il naso, costringendola a voltarsi.

Odore di casa.

Le aveva sempre ricordato Sirius: le sere passate davanti al caminetto a Grimmould Place, accanto a lui che le raccontava le avventure dei Malandrini, conservavano sempre un posto speciale nel suo cuore.

Un posto a cui nessuno avrebbe mai potuto avere accesso.

Aprì gli occhi e si trovò davanti ad una casetta di campagna: era piccola e interamente in legno e dava l'idea di essere terribilmente accogliente. Dal piccolo comignolo fuoriusciva una lunga nuvola nera, che si perdeva nel cielo buio di quella notte priva di stelle.

Per un solo momento, Alexis ebbe quasi la certezza che aprendo la porta avrebbe trovato Sirius ad accoglierla: i capelli neri che scendevano in ciocche eleganti a coprire di sfuggita lo sguardo arrogante e le sopracciglia oblique.

Dimenticata la neve, si precipitò all'ingresso della casetta e sbirciò l'interno dalla piccola finestrella illuminata: all'interno c'era una donna intenta a cuocere qualcosa in un calderone. La osservò per qualche minuto, poi la donna alzò il viso e intercettò il suo sguardo. Le sorrise, come solo lei sapeva fare, e le fece un cenno con la mano, invitandola ad entrare. Senza farselo ripetere due volte, Alexis aprì la porta e si introdusse nella casa, dove un caldo accogliente l'avvolse piacevole.

La donna le si avvicinò: aveva una lunga massa di capelli boccolosi e due occhi spaventosamente verdi e materni.

«Ben tornata, piccola Alexis.» la salutò, porgendole una mano.

Senza rispondere, la Potter si limitò a sorridere e le prese la mano, lasciandosi condurre al tavolo che occupava un lato della stanza.

La bella dea, come l'aveva rinominata lei stessa tempo prima, prese una scodella e la riempì con il contenuto del calderone. «Ecco, mangia: devi essere affamata».

Alexis sorrise ancora, quasi incapace di parlare. Si sedette composta e prese il cucchiaio che la donna le porgeva. Lo immerse nella ciotola, ma scattò immediatamente indietro, come scottata. Cacciò un urlo e balzò in piedi, rovesciando la sedia.

Era... sangue?

La donna le rivolse un'occhiata strana, corrugando le eleganti sopracciglia. «Qualcosa non va, tesoro?».

Alexis si voltò a guardarla, gli occhi enormi sul visino pallido. «È... è sangue quello?!» urlò, una punta d'isteria nella voce incrinata.

La dea piegò il viso su di un lato e si avvicinò alla ciotola, che prese tra le mani. Poi, inaspettatamente, scoppiò in una risata delicata che ebbe il potere di farla tranquillizzare immediatamente. «Ma no, sciocchina! E' solamente zuppa di pomodori.» la schernì, scuotendo il capo e porgendole di nuovo la scodella. «Vedi?».

𝐔𝐧 𝐏𝐚𝐫𝐭𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐈𝐧 𝐏𝐢𝐮̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora