Rientro in casa mia sbattendo la porta. Sono furiosa.
Sento la voce di mia madre in cucina, però c'è anche una voce maschile.
Con chi è ora?
"Jessica, penso che dovremmo dirglielo." Sussurra l'uomo.
"Non lo accetteranno mai, lo sai anche tu. Teniamolo per noi un altro po'." Risponde mia madre.
Dire cosa? Inutile dire che sono preoccupata. Cerco di sporgermi di più verso la cucina, senza farmi vedere. I miei tentativi vanno in fumo, quando il cellulare decide di cadere dalla mia tasca. Cazzo.
"Emma, sei tu?" Chiede mia madre.
Armata di coraggio, entro in cucina. Non so cosa aspettarmi.
"Sì, mamma." Mi blocco quando noto che l'uomo con cui stava parlando, è il padre di Samuel. Ma cosa?
"Salve" sussurro rivolta a lui. Ho sicuramente una faccia sconvolta e penso che se ne siano accorti.
"Ehm, ciao Emma. Quando sono uscito di casa, c'era tua madre fuori dalla porta di casa tua, così mi ha invitato a prendere un caffè." Cerca di giustificarsi Claudio. Peccato che è palese che questa sia una scusa bella e buona. Decido, però, di lasciar perdere.
"Oh, sì. Certo." Rispondo.
Il campanello interrompe la nostra conversazione.
"Vado io." Mi dirigo verso la porta per aprirla. È Samuel.
"Dobbiamo parlare." Dice subito.
"Beh, qui c'è già una riunione di famiglia." Sussurro.
"Che intendi?" Chiede, entrando in casa. "Papà, che ci fai qua?" Ha la faccia più sconvolta della mia. Non posso fare a meno di ridere.
"Ho offerto un caffè a tuo padre, è cosi strano?" Risponde mia madre con una voce stridula. Gli adulti. Non li capirò mai.
"Oh, no assolutamente." Risponde Samuel con un sorriso. Si vede che non è molto convinto.
"Andiamo in camera mia, a dopo." Affermo. Questa tensione mi sta uccidendo. Sicuramente c'è qualcosa che non va e vorrei capire cosa.
Salgo le scale e mi dirigo verso la porta di camera mia. Sento i passi di Samuel che mi seguono.
Apro la porta ed entro in camera. Entra anche Samuel e si chiude la porta alle spalle.
"Cosa diavolo è appena successo?" Chiede sconvolto.
"Non te lo so dire, però dobbiamo scoprirlo!" Se ci nascondono qualcosa, dobbiamo assolutamente scoprire cosa. Per forza.
"Sì, sono d'accordo. Non la raccontano giusta."
"Già" rispondo infine.
Dopo questa breve conversazione, mi butto sul letto, mentre Samuel si siede sulla sedia della mia scrivania.
Siamo in silenzio da non so quanto tempo. Il silenzio sta diventando infinito ed assordante, ma questa volta non sono io a dover parlare. Ho già parlato abbastanza. Infatti dopo un tempo che sembra infinito, Samuel rompe il silenzio.
"Senti, scusa. Non avrei dovuto dirti quelle cose. Non sono nessuno per dirti cosa devi fare. Non posso capire quanto tu soffra, però so cos'è la sofferenza. Per questo ti ho chiesto di rivelare tutto. So quanto fa male tenersi le cose dentro. Credimi."
Le sue parole mi toccano dentro. Lo so anche io cosa vuol dire tenersi tutto dentro. Sapere che i tuoi parenti, che dovrebbero amarti, pensano che sei la causa di un male. E fanno di tutto pur di farti soffrire, anche prendersela con me, che non avrei fatto del male a nessuno. Nessuno.
E so anche quanto soffre Samuel. Perdere una madre è come perdere tutto. La tua costante. Una madre ti ama sempre, anche quando sbagli. Se ora non ci fosse più mia madre, io sarei persa, smarrita.
"Non scusarti. Capisco perché mi hai chiesto di dirlo, ma questa cosa mi farebbe solo stare peggio. Loro non mi crederanno. Li conosco. Perciò, ti prego, non parliamone più. Preferisco continuare a vivere con questo dolore, che riaprire la mia ferita. Potrei davvero tornare al punto di partenza. E non voglio." Dico tutto d'un fiato. Soffro solo a parlarne con Samuel. Non voglio neanche immaginare come sarà parlarne con i miei stessi parenti. Un suicidio.
Non voglio più soffrire.
"Lo capisco. Non ne parlerò più. Mi perdoni ora?" Chiede con una faccia da cucciolo.
Mi scappa una risata. Solo lui riesce a farsi perdonare così in fretta da me. È così strano.
"Sì, ti perdono Samuel." Ridacchio.
Samuel sorride. Quel sorriso magnifico.
Si alza dalla sedia e raggiunge il letto in un secondo. Si siede accanto a me, mi prende il mento e avvicina il mio viso al suo. Ci baciamo e sento un esercito di farfalle nel mio stomaco.
Il bacio diventa sempre più travolgente, tanto che Samuel mi sdraia sul letto e lui si sdraia sopra di me. La passione prende il sopravvento. Capisco di non aver mai provato delle cose del genere. Lui mi travolge e mi sconvolge la vita.
Inizia a baciarmi il collo e un gemito esce involontario dalle mie labbra.
Lo sento che sorride sul mio collo, soddisfatto di quello che è riuscito a fare.
Il nostro bellissimo momento viene interrotto da mia madre, che sta bussando incessantemente alla porta.
Samuel sbuffa e si alza da sopra di me.
"Ragazzi, il pranzo è pronto! Mangiate tutti qui." Grida mia madre da fuori la porta.
"Arriviamo, mamma." Rispondo irritata.
Sento i passi di mia madre allontanarsi e scendere le scale.
Mi alzo dal letto per dirigermi alla porta di camera mia.
"Non finisce qui." Sussura Samuel con una smorfia maliziosa.
Ridacchio, mentre usciamo dalla mia camera e ci dirigiamo di sotto per il pranzo.
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La mia città
RomanceEmma è all'ultimo anno di liceo, nella città che odia più di tutto. Questa città le ha portato via ciò che aveva di più caro. Questa città l'ha portata a non fidarsi di nessuno, se non delle uniche persone che le sono rimaste accanto, le sue miglio...