26. Stare bene in famiglia

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Gideon entrò senza bussare, nonostante sotto il cartello evanescente Tattoos By Todd ci fosse chiaramente scritto che il negozio fosse chiuso per vacanze. La sala tatuaggi era fredda e ombrosa, ogni disegno appeso alle pareti sembrava un insetto gigante pronto a mangiarmi la faccia. Riconobbi il lato della cassa, i divanetti nella sala d'attesa e le tendine nelle quali Todd tatuava i suoi pazienti. Poi, da dietro il bancone, comparve l'omone con un berretto di lana tra i capelli e un sorrisone da bambino.

«Siete in anticipo!»

Gideon mi trascinò verso il suo amico mentre gli stringevo convulsamente la mano, aggrappandomi all'unico sostegno che conoscessi in quel posto.

«Buon Natale» mormorai, mentre entrambi mi facevano passare per prima al fine di entrare nella sala sul retro che sapevo essere un piccolo rifugio non agghindato. Era accogliente quanto la prima e unica volta che vi ero stata, per chiedere a Todd che fine avesse fatto Gideon mentre quest'ultimo faceva di tutto per ignorarmi. Le pareti avevano ancora il colore bronzeo che ricordavo, le luci semi spente e il mini frigo aveva un'anta aperta.

«Ciel non mi vuole aiutare con il cibo, così sto improvvisando qualcosa dell'ultimo minuto.»

Piuttosto che restare fermi lì, fui sollevata nel vedere Todd sorpassarci e avvicinarsi a una porticina scura che non avevo proprio notato l'ultima volta. L'aprì senza troppe galanterie e vi passò attraverso, lasciandola semichiusa per avvisarci di seguirlo.

«Todd abita qui sopra, con Ciel» m'informò Gideon, notando il mio sguardo saettante da tutte le parti. Oltre la porta, vi erano delle scale a chiocciola piuttosto anguste e completamente in ombra; mi aggrappai alla ringhiera arrugginita e seguii il rumore dei passi metallici del tatuatore sopra la mia testa. Finimmo direttamente nell'appartamento, non c'erano porte né corridoi, nessun varco ad arco.

«Sono fratelli, lui e Ciel?» domandai a bassa voce, tentando di prepararmi per eventuali brutte figure.

«Fratellastri» mi corresse. «Da parte di madre.»

«Perché abitano insieme?»

Lui alzò le spalle e non mi rispose, forse non lo sapeva nemmeno lui. L'appartamento non era piccolo come immaginavo, ma largo quanto la sala tatuaggi e il rifugio messi assieme. C'erano più finestre che porte e le pareti erano in mattone scuro; per il resto, sembrava fresco e accomodante. Gli occhi puntarono subito verso un paio di poltrone nere, in pelliccia imbottita, occupate parzialmente dal tronco di un abete, il quale tristemente si era afflosciato sul pavimento in parquet.

«E quello?» domandai, mentre mi crogiolavo nel calore della piccola casa.

Gideon mollò la presa sulle mie mani solo per togliersi la giacca e poi sfilarla anche a me.

«È l'albero di Natale. Ogni anno, dopo cena, lo addobbiamo con gli avanzi dell'anno precedente e con qualsiasi cosa troviamo per la casa.»

Non seppi cosa dire o cosa pensare; le regole sul Natale a casa mia erano diversissime, così lontane dalle loro che potevo solo che rimanere di stucco. Probabilmente i miei avevano abbellito un piccolo albero sintetico accanto alla televisione e avevano ridotto al minimo gli addobbi in casa, per evitare confusine. Comunque, sin da bambina potevo respirare aria natalizia a giorni di distanza, con tutto il cibo che sfornava Georgia ogni mattina e le grandi cene di famiglia.

Ciel era seduta a terra, proprio davanti all'abete triste, e giocava ai videogiochi.

«Buon Natale!» squittì ironica, senza nemmeno riservarci un'occhiata.

«Ignoratela» urlò Todd dalla cucina. «Il Natale la mette di cattivo umore all'inizio, poi si scioglie come una palla di neve.»

La tensione era quasi palpabile, la leggevo negli occhi da gatto di Ciel e la sentivo scorrermi nelle vene. Gideon invece era proprio a suo agio, con il volto inespressivo e una gran voglia di buttarsi da qualche parte, per rilassarsi.

The Only Safety || The Tattoo Hearts Series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora