32. L'innominabile

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Tre mesi dopo...

«Lascia quella scatola sul tavolo, più tardi la sistemiamo» gridò mia madre dalla cucina, mentre facevo come mi aveva chiesto. Appena lo scatolone di plastica fu gettato sul tavolino nel giardino sul retro, mi precipitai sulla prima sedia disponibile, stramazzando per la fatica. La schiena era imperlata di sudore, così come la fronte e il collo. Giugno era cominciato con il botto, e per "botto" intendo un forte vento dal sud che portò giornate sempre più lunghe e sempre più torride. L'aria stava cominciando a farsi secca e pesante, per l'inizio di un'estate piena di possibilità. Era il mio primo fine settimana libero, dopo la fine della sessione degli ultimi esami e con gioia avevo terminato il primo anno.

La mamma mi vide dalla finestra e mi gridò di andare a fare una doccia, presto sarebbero arrivati gli invitati. Per il compleanno del papà, avevamo deciso per un sobrio barbecue nel nostro giardino, invitando amici e colleghi fino a sera. Avevo sistemato sedie e tavolini, mancava solo che sistemassi il mio aspetto, poi sarebbe stato tutto perfetto. Corsi in bagno, felice di poter sciacquare un po' della fatica e della sporcizia con un bel getto fresco. Mi tamponai bene la faccia per evitare che la stanchezza venisse in superficie e un quarto d'ora più tardi ero già fuori.

La mamma era ancora in cucina, a supervisionare quello che Georgia stava preparando. Mi ero offerta di darle una mano e avevo contribuito alla realizzazione di metà di quelle pietanze; ero fiera del mio operato.

«Che cosa hai intenzione di indossare?» mi chiese la mamma, adocchiandomi da dietro il bancone. Abbassai lo sguardo sui vestiti che avevo scelto: pantaloni fino al ginocchio e canottiera giallo tramonto, con le spalline sottili, che si allargava sui fianchi.

«Perché, non vado bene così?»

Indicò i miei capelli. «Loro li puoi tenere sciolti, ma il resto dovrai cambiarlo. Abbiamo invitato anche i Cavendish e i figli.»

«Okay, e questa è un'informazione rilevante perché...»

La mamma alzò un sopracciglio ma non disse niente sulla mia totale mancanza d'interesse verso l'argomento; ormai aveva capitolato che certe cose erano semplicemente innate e che ormai ero cambiata, o meglio cresciuta, e doveva abituarsi ai miei nuovi atteggiamenti.

«Trovo Matthew un ragazzo affascinante e lo ritengo un ottimo partito e per te.»

Partito. Scoppiai a ridere e vidi Georgia nascondere un sorriso con la mano, mentre fingeva di grattarsi.

«Mamma, ti prego...»

«Se tu accettassi di uscire con lui, qualche volta, sono sicura che saresti d'accordo con me» m'interruppe, posando le mani sul tavolo e sporgendosi in avanti, come a rimarcare le sue parole affinché mi arrivassero dritte e chiare.

«Non metto in dubbio che sia un bravo ragazzo e che sappia il fatto suo, ma non sono certa che sia anche adatto a me.»

Lei fece spallucce, ignorando la mia propensione a ignorare l'argomento. Insistette. «Chi lo sa, magari tra qualche anno sarete felicemente sposati.»

Ero troppo sconvolta per ridere ancora, ma era comunque piuttosto esilarante.

«Sposare Matthew Cavendish, davvero?»

Lanciai un'occhiata a Sawyer, immobile sul divano di casa mentre leggeva un libro e mi faceva gli occhi dolci. Resisti.

«A lui non importa se te la sei spassata con un buono a nulla. Non c'è voluto molto per convincere i genitori che eri una brava ragazza e che non saresti più inciampata.»

Resistere era pressoché impossibile quando la mamma si rendeva insopportabile a livelli estremi. Non tentai nemmeno di mascherare la mia stizza.

«Me la sono spassata?» chiesi, con una risatina amara. «È questo quello che hai detto di me?»

The Only Safety || The Tattoo Hearts Series 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora