cap.11

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14 ottobre, 15.37

Levi
- Ok Levi, è ora di tornare ai piani superiori.

Guardai la porta di ferro chiusa, la serratura sigillata per chiudere dentro un mostro che condannava anche un ragazzino.

Pensavo che sarebbe stato il giorno migliore mai trascorso lì, quando avrei potuto tornare nella mia stanza senza vedere mai più quei corridoi sotterranei, eppure non mi sentivo così.

Sentivo come se una palla di cannone mi avesse trapassato lo stomaco da parte a parte, lasciando un vuoto dove una volta c'era ancora qualcosa.

Era un vuoto simile a quello che avevo provato molte altre volte, ma non era la stessa cosa. Era più profondo, più incomprensibile.

Incredibilmente, però, non reagii.

Non feci assolutamente nulla per fermare il mio trasloco verso la vecchia stanza.

Non una parola.

Non una richiesta.

Non una speranza.

Pensai che era la mia occasione per tornare alla normalità, a quando passavo ore a leggere sul pavimento freddo, a quando l'unica persona con cui scambiavo più di tre frasi al giorno era Hanji.

A quando non sapevo cosa significasse quello che scrivevo di notte, a quando non c'era nessuno a cui portare la colazione, a quando non c'era nessuno sguardo che di notte scrutava la stanza.

A quando ogni giorno corrispondeva ad una lenta tortura tra ricordi e rimorsi.

A quando ogni notte corrispondeva ad un buco nero.

Era la mia occasione per impedire che succedesse ancora.

Dovevo impedire a me stesso di affezionarsi a un'altra persona.

Così avrei salvato una vita, forse avrei salvato tutti coloro che conoscevo.

E così mi trovai lì, in piedi sulla soglia, a guardare Eren oscurato dalla mia ombra:- Beh... ciao, Levi. Sono stati dei giorni piacevoli.

Lui alzò lo sguardo e dovetti affrontare ancora quelle gemme verdi:- Certo, Moccioso. Addio.

La sua voce arrivò un po' più debole:- Tu... tornerai mai?

Presi un respiro profondo, come per darmi la forza di pronunciare quelle parole:- No. Non è nei miei piani.

Un sorriso tirato e debole apparve sotto l'ombra creata dalla mia figura:- Sì, capisco.

E poi uno scintillio cristallino scivolò piano lungo la sua guancia, infrangendosi per terra.

Parte di me voleva sentirsi in colpa, ma mi imposi di restare impassibile, senza fare un solo passo dentro quella stanza, perché sapevo che se l'avessi fatto non sarei più tornato indietro.

Così mi voltai e presi a percorrere il corridoio, senza voltarmi.

Non uno sguardo.

Non un addio.

Non una speranza.

Solo arrivai in fondo al corridoio e salii le scale.

Combattendo, gradino dopo gradino, ogni particella di me per non voltarmi e correre verso quel moccioso che non poteva seguirmi.

Avrei voluto tornare indietro in quel momento esatto, rientrare nella stanza e inginocchiarmi davanti ad Eren per asciugare le perle brillanti che sgorgavano dai suoi occhi.

Per rivedere quel bellissimo colore che mi restava impresso nella mente quando chiudevo gli occhi.

Avrei voluto stringerlo a me per accertarmi che fosse vero, per essere sicuro che respirasse ancora, per avere la certezza che un cuore umano battesse davvero nel corpo posseduto da un mostro.

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