Cap.38

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28 gennaio, 01.22

Levi

Credo che quello fu il momento peggiore della mia intera vita.

Non tanto per aver scoperto che Eren era morto, quanto per aver realizzato che era successo per mano mia.

Per un errore stupido e insignificante che io avevo commesso.

Sentii prima il vuoto attanagliarmi lo stomaco, in un secondo di totale sospensione.

Subito dopo, appena dopo la leggerezza e la confusione della caduta, mi schiantai a terra.

- No...- fu un sussurro tra le mie labbra.

Mi inginocchiai accanto al corpo di Eren, osservando incredulo e sconvolto il suo viso esangue, con gli occhi sgranati, l'uno rosso, l'altro verde brillante.

Sembrava una bambola di porcellana, con i capelli resi lucidi dalla pioggia e la pelle bianca.

Una lacrima solitaria, la prima, mi solcò il viso, precedendo un urlo distrutto che infranse l'aria.

Mi chinai su di lui, per estrarre il coltello dalla carne, lasciando fluire un sottile rivolo di sangue.

E dopo di che, lo tirai a me per stringerlo ancora.

Ma era freddo, incredibilmente freddo.

E le sue braccia non erano sulla mia schiena, le sue dita non erano sulle mie guancie ad asciugarmi le lacrime.

Lui non era.

Non più.

Singhiozzai senza ritegno, mentre affondavo la faccia nella sua spalla.

Sentendo il mio cuore che andava in frantumi un'altra volta. Ma, questa, non erano pezzi ricomponibili.

Erano granelli di polvere che andavano disperdendosi nell'aria gelida di un ventotto gennaio.

"Certo, Moccioso. Insieme. È una promessa."

Le mie lacrime si mescolavano alla pioggia.

*Anche Eren lanciò uno sguardo sulla stanza, per poi rispondere, indicando con una mano l'angolo più lontano dal centro della stanza:- Là.*

Non volevo smettere di urlare, mentre lo stringevo.

"Ti odio." "Odiami da vivo."

La consapevolezza della gente che scendava dalle auto mi raggiunse solo in piccola parte.

"Allora se è la cosa migliore da fare facciamolo."

"Eren." pensai "Si chiama amore, quando decidi di morire per qualcuno."

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Luce, bianco, silenzio.

Era quello il modo in cui tutto era iniziato e in cui tutto sarebbe finito, prima o poi.

Alcuni lo chiamavano paradiso, alcuni inferno, altri solo aldilà.

C'era chi credeva in qualcosa dopo quel nulla assoluto.

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