cap.20 +avviso

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Prima di iniziare vi chiedo di leggere l'angolo scrittrice in fondo, è importante.
Quindi fatelo.
FATELO.
Buona lettura :3



23 gennaio, 10.32

Levi
- Pronto, parlo con Erwin Smith?

Hanji tamburellò con le dita sul tavolino, mentre con l'altra mano reggeva vicino all'orecchio il telefono di servizio.

Mi accostai a lei, avvicinando l'orecchio alla cornetta grigia. Dall'altra parte la voce leggermente distorta di Erwin rispose:- Certamente. Chi parla?

Incontrai lo sguardo di Hanji un attimo prima che dicesse nel telefono:- Erwin, sono Hanji.

Sentii un'indistinta esclamazione di stupore e poi lui parlò ancora: - Hanji, Cristo santo! E chiami senza nessun preavviso? Che succede?

Avrei voluto rispondere e tagliare corto, ma lei riuscì a precedermi:- Succede che siamo nella merda, Erwin. Un aiutino non ci dispiacerebbe.

Silenzio per un attimo, poi:- Siete? Tu e...?

Hanji incrociò il mio sguardo, io annuii impercettibilmente, lei parlò:- Io, Levi e un ragazzino maggiorenne per un pelo.

- Che è successo?

Non resitetti più. Afferrai la cornetta e sibilai:- Non hai bisogno dei dettagli. Ci serve una macchina, documenti falsi per tre persone e armi. Non devi sapere altro.

Sentii la mano di Hanji sulla spalla. La ignorai.

La sua risposta arrivò pacata come al solito:- Levi.- una velata nota di sorpresa attraversò la cornetta fino al mio orecchio -Lo so. Non devo sapere altro. Ma cosa vi fa pensare che sicuramente vi aiuterò?

- Che hai un debito. Soprattutto con me.

- Non siete così nei guai.

- Sì che lo siamo. Oppure non ti avrei chiamato.

Un sospiro rassegnato e:- Ci troviamo lì oggi allora. Quante armi?

Arricciai un angolo della bocca, soddisfatto: - Sai come combattiamo. Prepararne tante. Di tutti i tipi.

Eren
Ero ancora a letto, a fissare il soffitto con aria assente in uno stato di coma post-risveglio.

Nella testa avevo ancora le immagini della sera prima, l'abbraccio di Levi, le sue dita che tentennavano sull'orlo della mia maglia... Era stato diverso.

Diverso in positivo, chiaro.

E fu allora che la porta si aprì, lasciando entrare un Levi piuttosto di fretta, con tra le mani una valigia nera.

Posò il bagaglio ai piedi del suo letto per avvicinarsi al mio e abbassarsi fino a sfiorare il mio naso con il suo:- Muoviti, Moccioso.

Storsi la faccia in una smorfia contrariata:- Ma perché?

Lui si tirò su:- Dobbiamo andarcene.

Ci misi un attimo a metabolizzare la frase, una volta che riuscii a decodificare il tutto, scattai seduto:- COSA?!

Levi sospirò:- Tsk. Ce ne andiamo. Per forza. Dobbiamo sparire da qui.

Ero scioccato. Cosa significava che dovevamo andarcene? Dove andavamo? Con che mezzi? Per fare cosa? Con quali permessi?

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