cap.14

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12 gennaio, 18.27

Eren

Vedeva tutto rosso.

Evidentemente doveva essere al buio perché l'unico colore distinguibile attraverso lo schermo era la tinta cremisi.

Il demone parlava ad un uomo, ma Eren non poteva sentire, nessun suono arrivava a lui, come se stesse guardando un film in silenzioso.

E lui non pensava a nulla, non cercava un modo per farsi sentire, non voleva uscire di lì, non sperava che là fuori stessero tutti bene.

Non sperava niente.

L'aveva sempre fatto, aveva sempre trovato la forza di reagire, ma ora non ce l'aveva più.

Da quando era così? Perché era successo?

Non se lo ricordava. Ma sembrava passata un'eternità da quella volta.

In realtà non ricordava nulla di preciso, sapeva che prima c'era stato qualcosa, ma la sua mente non ne aveva un ricordo.

Nemmeno uno.

Le immagini sullo schermo non avevano senso, Eren non conosceva quelle persone, ne tantomeno quel posto.

Aveva una sola sensazione, una cosa a cui pensava da sempre, che lui ricordasse: una parola, una parola che aveva sulla punta della lingua.

Eppure non ricordava nemmeno quella.

Ma sapeva che il concetto espresso da quella parola lui lo conosceva, l'aveva scoperto tardi, ma l'aveva fatto.

Era importante, lo sentiva.

Era l'unica cosa che sentiva.

Levi
Eren.

Era da qualche parte, là sotto.

Ma come potevo arrivare a lui?

Sentivo il fiato caldo e l'odore di sangue del demone vicinissimo a me, nessuno si muoveva, nessuno parlava.

Allungai una mano di pochi centimetri dietro di me, trovando quella di Hanji e, un attimo dopo, le mie dita incontrarono il tubo di metallo freddo.

Strinsi la presa su quell'oggetto e Hanji, intuendo le mie intenzioni lo mollò subito dopo, lasciandolo tra le mie mani.

Sentii i muscoli della spalla e del braccio tendersi, come se fossero attraversati da una scossa elettrica.

Sentii l'odio per quel mostro salirmi dallo stomaco, lasciandomi in bocca il sapore di bile.

Ed allora, con uno scatto fulmineo, colpii nel punto dove supponevo ci fosse la testa del demone.

Un tonfo sordo.

Il fiato caldo smise di soffiarmi sulla faccia.

Silenzio.

- Hanji, accendi la luce, si riprenderà in fretta.

Il passi della Quattrocchi si allontanarono da me rimbombando appena nella stanza, dove le urla e i gemiti non si udivano più, sostituite da un silenzio carico di tensione.

Come se tutte le vittime fossero troppo spaventate per emettere un solo suono, o chiamare aiuto.

Pochi attimi dopo le luci si accesero.

Guardai ai miei piedi, dove avrebbe dovuto trovarsi il corpo, almeno per poco, inerte.

Ed i miei occhi incontrarono solo il marmo e qualche macchia di sangue.

Per un solo istante ebbi paura di trovarmelo alle spalle, pronto ad uccidermi, ma poi ricordai che non avevo nulla da perdere: all'inferno c'ero già, una vita non ce l'avevo più, avevo una sanità mentale piuttosto critica.

Avevo Eren, prima.

Bastava solo poterci parlare o sapere semplicemente che stava bene.

E, se fossi morto, sarei morto per vedere ancora una volta quegli occhi.

Allora voltai appena la testa:- Quattrocchi, l'hai visto andare....

Mi bloccai a metà frase, quando vicino al tasto della luce non la vidi:- ....via.

Sospirai e strinsi la presa sul tubo freddo:- Vuoi giocare, moccioso?

Mi spostai lentamente sul perimetro della stanza, tenendo la schiena contro il muro:- D'accordo.- continuai.

Arrivai allo schermo delle telecamere di sicurezza, trovando le immagini dei corridoi di tutto l'edificio, tranne una: il corridoio sotterraneo.

Arricciai le labbra in un sorriso privo di felicità.

Avrei trovato quel pezzo di merda.

Avrei trovato un modo per comunicare alla sua testa di cazzo che se non mi ridava Eren mi sarei ucciso da solo.

Potevo anche stare all'inferno.

Potevo anche farmi frustare dalla mattina alla sera.

Ma se il moccioso non stava bene, non si arrivava da nessuna parte.

Mi ero affezionato? Sì. Alla fine non ero riuscito a controllarmi come volevo.

Forse non mi ero solo affezionato.

Forse avevamo combinato un bel casino, io e quel moccioso.

Cosa mi diceva la testa? Essere disposti a morire per qualcuno?

No... Potevo vivere per lui.

Alzai lo sguardo e dalle mie labbra uscì in un sussurro:- Allora giochiamo.

Psycho || Ereri ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora