Capitolo 6

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Sentivo il cuore che batteva come un martello. Dio, quanto era straziante la sensazione del dubbio!

Ci si sente inadeguati, insicuri, ansiosi, con il cuore che batte forte e la mente alienata dal mondo intero. E non c'era parola che tenga o ci rassicuri. Passavo le mie giornate cercando di mettere insieme i pezzi che si facevano sempre più piccoli. Per togliere ogni dubbio ci volevano solo le prove.

Però le prove erano della testa di ogni persona che era stata presente quel tempo nella vita dei miei genitori. I miei zii, gli amici più stretti, il dottore, l'infermiere, l'amica che non aveva mai lasciato solo mia madre e i parenti. Tutte queste persone sapevano qualcosa anche solo per sentito dire, ma ero sicura che ciascuno di loro aveva un pezzo di mio fratello che si sarebbe portato nella tomba pur di salvarsi la vita, ma non l'anima. Poiché ero certa che avrebbero vissuto nel tormento, girati sul carbone infuocato come un pollo all'arrosto. Non so se sia peggio perdere la vita oppure l'anima. Anche se non avrebbero mai parlato in un modo o nell'altro avrebbero perso una parte di loro patendo è subendo le conseguenze. Mentre io vivevo con la sensazione che mio fratello fosse vivo, per quanto mi sforzassi, quella sensazione non mi lasciava più.

«Mamma esco!» Urlai, sbattendo con forza la porta di casa e Scendendo di fretta le scale, ansiosa di sapere cosa ne pensava Sarah dei documenti.

Avevo bisogno di mia sorella è della sua forza, non sarei riuscita ad entrare in questa storia da sola, era necessario affrontare questa battaglia in due. Perché in due diventava tutto più facile.

Vidi la macchina blu accanto al cancello ad aspettarmi. Non aveva spento il motore. Per questo mi affrettai, aprì la portiera e mi sedetti sul sediolino d'avanti, senza neanche salutarla, e Sarah senza nemmeno guardarmi, mise la prima e partì. Non avevamo molto da dirci, i pensieri già parlavano troppo. Per cui rimanemmo in silenzio tutto il tragitto.

Dopo circa una decina di minuti di viaggio, parcheggiammo in una strada abbastanza isolata.

«Li hai letti?» Domandò Sarah nervosa.

«Non ho avuto il coraggio...» Abbassai lo sguardo.

Indecisa presi i documenti dalla borsa e li appoggiai sulle gambe. Sentivo che bruciavano sui miei pantaloni.

«Leggiamo insieme?» Alzai lo sguardo per guardarla.

Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Non avevo più il controllo sul mio corpo. Sarah mi fece segno con la mano ed io le passai la busta. Le tremavano le mani. Tirò fuori il primo foglio, era vecchio ma leggibile. Lo esaminò girandolo tra le mani. Cercai di sbirciare e notai che era scritto in inglese. Per fortuna mia sorella conosce la lingua.

«Certificato del cimitero» disse tutto d'un fiato. «Questo documento non è completo, mancano la data di morte e di nascita. C'è solo la data di sepoltura. Aspetta un attimo...» L'espressione si fece dura. «C'è scritto che il terreno non è stato usato.»

Averti subito una brutta sensazione è la vista si era offuscata. Cosa mi stava succedendo? Non riuscivo a muovere un dito. Era un semplice documento che doveva essere compilato nelle sue parti, ma la parte che riguardava il terreno non era stata compilata.

«Quando siamo andati a comprare il terreno per il cimitero, ci dissero che le pompe funebri si sarebbero occupate di tutto.» Iniziò a spiegare mio padre. 

Eravamo seduti al tavolo per pranzare e ascoltavamo Mio padre raccontare ciò che era successo quando seppero che il bambino era morto.

«Avevo appena diciannove anni, mi fidavo di quello che mi dicevano. Mi portarono i documenti, io pagai quel che dovevo per l'acquisto e firmai.» Ricordai le parole di mio padre come se le stesse dicendo ora.

Ho ancora il suo sguardo impresso nella mente. Era uno sguardo vuoto, triste al ricordo di quello che aveva vissuto. In momenti come questi avrei voluto tornare indietro nel tempo per cancellare la tristezza, ma riflettendo se lo facessi, si cancellerebbero anche le cose belle. Per questo, era meglio che mi guidassero ogni volta che volevano. Mi sentivo intontita, come se fossi andata a sbattere contro un palo. Era tutto un caos e niente aveva una logica precisa.

Mi feci forza facendo un respiro profondo e mi asciugai le lacrime con la mano. Volevo sapere altro.

Il documento era incompleto è in aggiunta alla data di morte e di nascita mancava anche il nome, e dove era segnato che la tomba non era stata usata, non c'era nessuna spiegazione. Chi aveva in mano nel 76 questo documento e cercava di compilarlo stava ubriaco. Era un foglio che non aveva senso e per assurdo, nessuno si era mai accorto di nulla. Come se non bastasse, c'era solo una data sul documento; il sette aprile. Il giorno che era stato seppellito. Non era stato compilato da mio padre né da mia madre, perché altrimenti avrebbero inserito i dati correttamente. Era un documento che dava speranze che mio fratello era stato rubato.

Sui documenti mio fratello non aveva un nome. Era semplicemente "Baby Rut". E poi, perché il sette aprile? All'epoca fu fatto l'errore di non essere precisi sui documenti ma ad oggi quegli errori sono un mezzo per arrivare a qualcosa o a qualcuno.

«Questo secondo foglio dichiara che il bambino è morto in grembo il ventiquattro marzo. E dove è stato per circa quindici giorni il bambino? Il certificato del cimitero dice che è stato seppellito il sette aprile.»

«È troppo tempo. Perché avrebbero dovuto tenerlo chissà dove per due settimane?»

«Non ci sono altri documenti, e questo è strano perché dell'ospedale non abbiamo nulla. L'ospedale avrebbe dovuto rilasciare qualche documento. Anche una cartella clinica.»

«Già!»

Sarei voluta andare nel passato e rivivere quei momenti. Non sapevo come affrontare tutto questo casino. Da dove iniziare, e come proseguire. Forse andare in Canada e toccare quella terra ci avrebbe aiutato. Non immaginavo che leggendo questi documenti sarei stata più confusa di prima. Avrei tanto voluto trovare una conferma, poteva anche essere negativa, ma almeno la mia vita non si sarebbe trasformata. Non bastavano solo i problemi quotidiani adesso c'erano degli scheletri negli armadi che andavano cercati è uccisi.

«Andiamo, finiamo di leggere la prossima volta.» Disse Sarah, distraendomi dai pensieri. Era stanca, si intravedeva dal suo viso.

Non aspettò nessuna conferma che subito partì con la macchina.

Forse anche lei, come me ne aveva già abbastanza. Per quel poco che avevamo letto la vita sembrava finire, mentre tutto il resto, ciò che era al di fuori non contava più niente. In quel momento capì che il senso della mia vita era trovare mio fratello. Guardai fuori dal finestrino, le macchine sfrecciano via. Avrei voluto poter fare lo stesso, correre via, senza una meta. Invece mi ritrovo ad andare con lentezza nella mia vita.

Arrivata a casa, Andai subito a nascondermi in camera mia. Mi infilai sotto alle coperte, non volevo vedere e sentire nessuno. Non adesso.

Non sapevo più cosa pensare, sentivo di essere arrivata al limite. Non riconoscevo neanche più me stessa. Desideravo poter prendere a pugni qualcosa per liberarmi da questa sensazione di angoscia, rabbia, oppressione, tristezza. E come se tutti questi sentimenti mi stessero prosciugando lentamente.

L'ansia mi aveva avvolta completamente. E poi, c'era la partenza per il Canada che mi stava terrorizzando. Non volevo partire, non volevo affrontare quello che non conoscevo. Mi sentivo la testa che mi martellava, come se qualcuno mi stesse dando dei calci alle tempie.

Ti ritroveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora