Capitolo 23

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L'unica cosa che mi rimaneva da fare era guardare in alto, perdermi nelle nuvole bianche e farmi trascinare dal vento mentre avevo gli occhi è il cuore aperto. Mi sentivo libera e dall'infinito del cielo non mi sentivo minacciata giacché esso è senza ostacoli.

Spesso si verifica che piove, cade la neve e i lampi che scendono imperterriti spezzano in due le nuvole, ed è bellissimo. Ogni volta mi incantavo d'avanti alla potenza della natura. Mi risvegliavano portandomi alla realtà. Di colpo aprii gli occhi e mi ritrovai d'avanti il solito, oscuro mondo di persone che vivono la loro vita frettolosamente senza mai fermarsi persino davanti alla morte. Mi sentivo i polmoni pieni di cattiveria. Ero arrivata ad un punto che pensai che le persone sono capaci di qualsiasi cosa, quando guardavo la televisione parlare di donne che uccidevano i propri bambini mi spaventavo cambiando subito canale ma ora, in questo dannato giorno niente più mi intimorisce siccome avevo visto di peggio. Mi ero arrotolata nel menefreghismo e giorno dopo giorno nell'orrore della vita. Non avrei mai potuto vivere l'innocenza di quando ero bambina in quanto ero diventata un mostro con la faccia d'angelo. Camminavo tra la gente, ogni uomo aveva delle cuffie collegate al telefono; c'era chi ascoltava la musica e chi parlava gesticolando, mi resi conto solo in quel momento che avevano paura di soffrire, non si salutava e non si socializzava, non c'era più la voglia di conoscere l'altra persona, avevano paura di credere e morire nel dolore per questo preferivano la solitudine. Anche io ero come loro. Mi fermai davanti ad un negozio, intravedevo la mia immagine riflessa, avevo tagliato i capelli adesso mi arrivavano alle spalle, gli occhi verdi erano diventati più chiari e avevo cambiato la montatura degli occhiali, ora erano rotondi e color oro. Ero cresciuta, ora ero una donna di venticinque anni, la mia vita era cambiata ed ero una persona diversa dentro e fuori. Guardai il mio corpo, non ero molto alta ma mi piaceva essere così. Indossavo un vestito a fiori non molto aderente, preferivo ciò che scendeva a campana. Mi sentivo bene con me stessa anche se preferivo nascondermi, odiavo confrontarmi con le persone. Mi sentivo continuamente a disagio perciò preferivo restarmene da sola. Avevo paura di tutto; di cani, gatti, uccelli, fantasmi.. ma soprattutto avevo paura delle persone. Erano capaci di pugnalarti alle spalle da un momento all'altro. Soffrivo di ansia e improvvisamente si trasformava in panico e spesso mi chiedevo come facevo a superare i mostri che mi stavano alle spalle. Forse mi ero rassegnata, mi ero abituata pur sapendo che prima o poi mi avrebbero attaccato. Ero riuscita a superare tanti mostri e non mi spiegavo questa forza dove la prendevo. Il rumore della serranda del negozio mi fece sobbalzare portandomi alla realtà. Indietreggiai guardandomi intorno. Ero nel mio piccolo paese, eravamo pochi abitanti di molte etnie diverse per questo avevamo una mentalità aperta. Avevamo il mare, la sabbia e l'aria pulita. Quando i miei genitori decisero di trasferirsi in questo posto per me fu davvero doloroso, non volevo lasciare i miei amici. Adesso mi ritrovavo a camminare sul lungo mare con il sole che mi riscaldava la pelle e benedivo i miei genitori che mi avevano trascinato con forza. Guardai il sole splendere nella sua potenza e in quel momento pensai che tutto quello che avevo vissuto in questi anni avevano liberato quella parte di me che non riuscivo a gestire ed era più forte di me. Accadeva in alcuni momenti che sospiravo e mi stringevo le mani talmente forte che si facevano rosse, neanche così riuscivo a mantenere il controllo e fermarmi a pensare prima di agire. Mettendomi in cammino alla ricerca di mio fratello avevo avuto la fortuna di conoscere persone mostruose, avevo conosciuto dei segreti occultati. Avevano strappato con violenza la purezza. Era tutto accantonato nel mio cuore, ogni immagine di volti, documenti, rifiuti, bugie e segreti. Li avevo chiusi a chiave buttandola via poiché volevo ricordare tutto, non dovevo dimenticare per nessuna ragione affinché mi spingessero ad andare avanti. Non avrei mai permesso a nessuno di entrare nei miei ricordi e nel dolore. Sapere che erano lì fermi ad aspettarmi, mi rincuoravo. Non potevo dimenticare.

L'aria iniziava a farsi fredda, così decisi di tornare a casa e allungai il passo per quanto avevo freddo.

«Sono a casa.» Urlai sbattendo la porta d'ingresso.

«Va bene. Io sono in cucina.» Rispose mia madre. Ammiravo la sua forza non era mai stanca di fare le cose, ci guardava e si caricava. Avanzai in camera sorridendo, mi tolsi le scarpe e mi buttai sul letto con le braccia divaricate. Volevo stare da sola.

Ti ritroveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora