Non mi meravigliavo che i parenti non volessero entrare in questo gioco della speranza. Era morboso e angosciante immaginare mia madre che passava, come me, in questo continuo alternarsi di illusione e disillusione.《Non dobbiamo credere a tutto quello che ci raccontano》 Mi dice Sarah, mentre camminiamo.
Stavo per dirle che nessuno ci racconta niente, e che era proprio questo il problema, ma preferii ascoltare cosa aveva da dire.
《Non so, ma sento che dobbiamo stare attente, non dobbiamo fidarci di nessuno. La gente, putroppo è capace di qualsiasi cosa, innanzitutto per soldi, poi per odio e in fine per amore. Nostra madre porta una ferita molto profonda, è una persona ingenua, in fondo. Le fa paura la crudeltà, perché ha scoperto cos'è.》 Rifletté a voce alta.
Rimasi senza parole. Mia sorella aveva ragione. Tutto questo era uno schifo. Mi faceva male al cuore. Mentre camminavo sentivo scivolare via l'amore che provavo per la vita. Era una sensazione straziante. Non potevo trattenerla, non potevo gestire ciò che mi stava accadendo.
C'erano tanti dilemmi che velavano la mia mente, al punto di non lasciarla libera. Mi sentivo perseguitata dai problemi. Era come avere il fiato sul collo. Poi c'era mio fratello che era al centro dell'universo. E non sapevo distinguere se fosse un tormento o una liberazione. Avevo bisogno di parlare con qualcuno per espellere quello che avevo nel profondo dell'anima. Ma non potevo parlare con chiunque, dovevo farlo con una persona a cui non avrei dovuto raccontare tutta la storia, che non sarebbe rimasta sorpresa, che non avrebbe pensato che fosse un racconto fantastico. Avevo bisogno di qualcuno che sapesse per esperienza che a questo mondo c'è gente capace di tutto.
Prendiamo il taxi che ci porta all' ospedale S. Matteo. Quando scendiamo dalla macchina paghiamo il tassista e ci dirigiamo verso l'entrata principale.
《No, non entrate da lì.》 Ci urla il tassista per farsi sentire.
《Dice a noi?》 Chiedo, esitando.
《Sì.》 Afferma convinto 《dovete entrare da lì.》 Indica con il dito una porta secondaria.
《Ma noi dobbiamo chiedere alcune informazioni.》 Ribadisce Sarah, guardando prima il tassista con il viso fuori dal finestrino e poi la porta che stava indicando.
Il tassista si ostina a dire che dobbiamo entrare da quella porta, e così facciamo. Non riesco a capire il motivo per cui ci abbia detto di entrare da quella porta, una porta secondaria. Mi sentivo un soldato che faceva il suo dovere. Ci ritroviamo in un corridoio poco illuminato, camminando lentamente e non sapendo dove andare. C'erano barelle vuote, depositate vicino hai muri, in un angolo c'era una sedia a rotelle. Dove eravamo capitate?
Era un corridoio vuoto, dove non passava nessuno. Dava l'impressione di essere un deposito.
《Dove siamo?》 Chiedo, facendo attenzione.
Improvvisamente, una porta si apre ed io sobbalzo dallo spavento. Esce una donna con i capelli biondi. Non ci nota subito.
《Salve...》 saluta mia sorella con un filo di voce.
La donna con i capelli biondi alza la testa, trasportandomi nei suoi occhi blu. Rimango confusa per la forte lucentezza che emanano. Avevo già visto quella luce speciale in altri occhi. Aveva uno sguardo da cui sembrava che nel cervello fosse in atto un cortocircuito, ero intrappolata nei suoi riflessi. La donna, che sembrava un angelo, era un'infermiera, lo avevo letto sul cartellino che portava sul camice.
《Come posso aiutarvi?》 ci domanda con un sorriso. Quel suo modo di sorridere mi dava pace, come se avesse dei poteri magici.
《Volevamo chiedere alcune informazioni》
L'angelo, con voce dolce esorta 《Venite con me, vi accompagno allo sportello》.
La seguiamo entrando nella stessa porta da dove era uscita, percorrendo un altro corridoio, non più isolato.
《Scusatemi se mi intrometto, quale informazione dovete chiedere?》
《Volevamo chiedere se nostra madre nel '76 aveva partorito in questo ospedale, sui documenti che abbiamo viene riportata una sigla》
La donna si ferma per guardarci 《Quale?》
《W.H.》 risponde mia sorella con voce tremante.
La donna ci sorride dolcemente, come se avesse fiutato la puzza della paura. Appoggia la sua mano sulla spalla di Sarah.
《Bene... non ha partorito qui vostra madre, è l'altro ospedale.》
Improvvisamente sento un forte pugno nello stomaco, come se scavasse lento, interminabile. Sentivo come un nocciolo di pesca in gola. Se non mi fossi messa a piangere, gli occhi avrebbero finito per scoppiarmi.
Comunque ci accompagna allo sportello. Ci rivolgiamo ad un impegato dell'amministrazione chiedendo le solite informazioni sul '76. La donna, o meglio l'angelo, rimase con noi a farci da tramite, come se fosse nostra complice anche non conoscendo la storia. L'impiegata aveva un viso rigido, di quelli che non danno segni di espressione, aveva uno sguardo neutro.
《Non posso lasciarti nessuna informazione》 sorrise leggermente per protergersi da qualunque tipo di empatia, per sbarazzarsi di noi molto facilmente. Era una donna in carne, con i capelli neri e senza apparente voglia di vivere.
Aveva deciso di non complicarsi la vita con i problemi altrui. Voleva tenere in ordine i fascicoli, fare quello che doveva e dopo il lavoro uscire a divertirsi. La ringraziammo senza insistere.
Uscii dall'ospedale svuotata dentro. Ero felice. Felice per come questa storia stava andando. Felice per le risposte che ci avevano dato, anche se facevano male.
Eravamo perse nei nostri pensieri, mentre aspettavamo il taxi.
《Sarah, nostro fratello è vivo!》 esulto mentre pronuncio queste parole. Inizio a ballare e cantare non badando alle persone che mi stavano accanto. Non mi importava che mi prendessero presa per pazza.
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Ti ritroverò
FanfictionRose è una ragazza di 25 anni affascinata dalla vita è innamorata perdutamente di Jack. Un ragazzo che aveva fatto di tutto per conquistarla. Vive in una piccola cittadina in Italia insieme alla sua famiglia. Rose Ha una vita semplice quasi noiosa...