Capitolo 10

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L'atterraggio dell'aereo è fastidioso, ma per fortuna siamo arrivati. Scendiamo a rallentatore formando una fila indiana. L'aria gelida colpisce il mio viso, rendendomi la pelle d'oca, chiudo gli occhi respirando l'odore di casa. L'aria sembrava diversa, più pulita. Sono nata in questo posto sconosciuto e dopo ventun'anni sono qui, e posso dire che toccare la mia terra mi fa sentire decisamente a casa.

Passiamo i controlli con facilità e usciamo dall'aeroporto. Ad aspettarci c'era donato e la moglie in un cartello che avevano rialzato con le mani, con i nostri nomi. Non ci eravamo mai visti prima, ma vederli in attesa del nostro arrivo mi fece commuovere, era come se li conoscevo da sempre. Quando abbiamo preso la decisione di partire, la nostra comunità parrocchiale si è messa in contatto con Donato, per ospitare due pazze senza soldi. Non potevamo permetterci un albergo per tre settimane. Avevamo una situazione economica molto difficile, ma questo non poteva essere un ostacolo. Abbiamo fatto molti sacrifici per prendere questo fottuto aereo. Fanculo hai soldi!
Per fortuna donato e la mogli erano italiani emigrati in Canada da giovani.
Ci avviciniamo e senza troppe scuse ci abbracciamo.

<com'è andato il viaggio?>

<molto bene> sorrido mentendo

Ci avviciniamo alla macchina in silenzio. Sarah prende una sigaretta e l'accende, la imito. Al primo tiro mi gira la testa, sentivo scivolare lentamente la nicotina e subito mi sento meglio. Saliamo in macchina per arrivare a casa di vittoria, un angelo che ha deciso di ospitarci. Guardo fuori dal finestrino e vedo gli enormi grattacieli, quasi toccano il cielo, contemplo le persone che camminano frettolosamente come se tutti andassero di fretta. Poi guardo mia sorella e me e vedo che siamo ferme, siamo sole in questo posto sconosciuto. Mi ricordo che ancora non ci siamo rivolte la parola, così decido di parlare.

《Chissà come sarà la casa.》Chiedo per spezzare il silenzio. Scruto Sarah che guarda il vuoto fuori dal finestrino. Non ricevo risposta, neanche un cenno di assenso. 《Sarah?》 La chiamo dandole una gomitata

《Si?》

《A cosa pensi?》 Le chiedo, sotto voce.

《Se ci fosse un metodo per bloccare i pensieri, lo attesterei subito. 》

《Già》 accenno, guardando a terra.
La macchina si ferma davanti ad una casa piccola e ricoperta di neve, tipica dei film americani. Vittoria, una donna italiana e vedova, sui settanta anni con capelli bianchi, esce dalla porta d'ingresso pronta ad accoglierci.
<Questa casa e tutta per voi, sentitevi libere.>  sorride vittoria e con un abbraccio ci fa strada per entrare dentro casa. Mi commuovo davanti a tanto amore gratuito. Non gli stavamo dando ne soldi, regali o come simili, ma comunque  lei ci accoglieva.
<Come vi chiamate?>
<io sono Rose e lei è Sarah> indico mia sorella seduta sul divano.
<Spero che il viaggio sia andato bene>
<troppe ore> sbuffo sorridendo.
<Questo è uno dei motivi per qui non vado spesso in Italia.> prende l'acqua e c'è la versa nei bicchieri. Gli raccontiamo la lunga storia e il perché ci troviamo qui. Dopo una lunga chiacchierata
Sistemiamo le valige, una doccia e di nuovo fuori all'aria aperta e con un gelo polare ci rechiamo al cimitero. Determinate e con tanta paura prendiamo un forte respiro portandoci dietro un bagaglio pieno di sensazioni e sentimenti. Dovevamo andare a kitchener e ci voleva un'ora per arrivare, donato si offre volontario per accompagnarci. A causadella neve ci mettemo più tempo ma non fu un impedimento per arrivare.
Vedere il paese dove ero nata mi faceva sentire strana, come se non fossi mai andata via e quando arriviamo davanti al cimitero un brivido di caldo attraversa il mio corpo. Cazzo!! Non ci posso credere che siamo al cimitero, quanti sacrifici per state qui adesso. Attraversiamo il cancello e un vento improvviso ci colpisce. Chiudo gli occhi per il freddo e indietreggio senza volerlo, come se ci fosse stato qualcuno a spingermi. Guardo Sarah per capire se anche a lei le fosse successo lo stesso, e nei suoi occhi leggo una forte paura. Ma niente può fermarla adesso che ha preso il volo. Mi prende per un braccio e mi trascina con forza all'interno di un edificio dove ci sono gli uffici, senza dire una parola.

La ragazza che si trova dietro ad una scrivania ci guarda stupita, probabilmente è la segretaria.

《Salve》 Dice in inglese 《volevamo chiederle un'informazione》la voce piatta, gelida come il tempo fuori.

《Prego, mi dica》risponde la ragazza con un sorriso di quelli forzati.

《Qui, in questo cimitero è sepolto mio fratello, volevamo visitare la sua tomba》 chiede.

I cimiteri in Canada sono molto grandi e i defunti sono sepolti sotto terra quindi ci serviva una mappa, o molto probabilmente era solo un modo per iniziare un dialogo. Non sapevo di preciso le intenzioni di Sarah, ma questo era il modo migliore per iniziare la partita, non una semplice partita che trasmettono in TV la domenica, ma quella mondiale. Io continuo a guardarla, tremante.

《Certo, mi dia il nome, cognome e data di nascita e di morte. Così vi stampo la mappa.》

《Su alcuni documenti che abbiamo c'è scritto "baby rut" visto che è un bambino nato morto. La data è il 24 marzo del 1976》

Aspettiamo che la ragazza con il sorriso finisca di fare le sue ricerche e ci dia qualche risposta, mentre noi ci scambiamo qualche sguardo.

《Allora... per questa data che lei mi ha dato non trovo nulla. C'è un baby rut del 7 aprile 1976》

Sarah si gira verso di me bisbgliando, anche se la ragazza con il sorriso stampato non comprende l'italiano.

《Il 7 aprile, la data che abbiamo delle pompe funebri.》

《Mi scusi》 continua, adesso rivolta alla ragazza. 《 Se mio fratello è nato il ventiquattro ed è morto quel giorno stesso, come mai è stato sepolto dopo quasi un mese?》 Chiede, e adesso l'aria in quell'ufficio inizia a mancare facendosi pesante.

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