Capitolo 16

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《Sei pronta?》 Vuole sapere Sarah mettendosi il cappotto.

Quasi certamente questa domanda non era rivolta a me, ma a se stessa. Stavamo per andare in ospedale. Dove tutto è iniziato. Là dove mia madre ha partorito mio fratello e dopo diciassette anni ha partorito me, nello stesso posto, probabilmente anche nella stessa stanza. Insieme, sole, senza nessuno, io e mia sorella stavamo per far cadere un altro muro. E se potessi rispondere alla domanda onestamente, direi: "Non sono pronta."

Guardo Sarah e la vedo preoccupata e triste, forse ha anche paura e per questo annuisco con la testa un "sì, sono pronta". Usciamo dall'hotel con i nostri cappotti sproporzionati. L'aria è gelida e penetra dentro le ossa. Metto le mani in tasca e metà viso all'interno della sciarpa, lasciando scoperti solo gli occhi.

《Cerca l'ospedale su Google Maps, così possiamo vedere quanto tempo ci vuole per arrivare.》

Faccio come mi dice mia sorella. Attivo Google Maps, inserisco l'indirizzo dell'ospedale e seleziono l'omino che cammina a piedi.

《Una mezz'ora》Avviso, posando in fretta il telefono in tasca. Le dita non si muovevano più dal freddo.

Queste furono le ultime parole che ci dicemmo. Ammirai i dintorni: le case addobbate, i negozi allestiti con alberi di qualsiasi dimensione, piccoli, grandi, medi...

Sembrava di essere in un film di natale. Era uno spettacolo bellissimo. La neve che cadeva sulle cose mi incantava. Ho sempre sognato di essere qui, da piccola affermavo convinta davanti ai miei genitori: "Quando faccio diciotto anni, me ne vado in Canada", ma poi ti rendi conto che ciò che sognavi era solo frutto della tua immaginazione. Scappare dalla realtà e rifugiarti in qualcosa che ti permette di uscire fuori dagli schemi. Forse immaginavo di venire in Canada e di cambiare vita ed essere felice. Quando si è piccoli tante cose non si comprendono. Mia madre mi ripeteva spesso "quando sarai anche tu mamma capirai i miei comportamenti". Al momento non ho dei figli, ma comunque ho capito qualche loro comportamento. Adesso sono ancora una bambina e ho ancora tanto da imparare.

Un fiocco di neve mi cadde sul naso, chiusi istintivamente gli occhi. A questo punto mi ero abituata al freddo e i getti di vento gelati non mi davano più fastidio, piuttosto erano piacevoli, mi tenevano sveglia dai miei pensieri riconsegnandomi alla realtà. Mi volto verso Sarah. La studio in viso. È stanca, non per il cammino che stiamo percorrendo ma per quello che avrà esito oggi. Anch'io mi sento strana, non riesco a decifrare di precisio ciò che sto provando, è una fusione di emozioni, quasi si prendono a pugni per vedere chi ha la meglio. Questo tragitto sembra senza fine,  per fortuna che c'è un po' di sole. Era difficile rompere un silenzio così profondo, un silenzio come quello del mare quando si va sott'acqua. Prendo il telefono dalla tasca per vedere quanto tempo manca.

《Tra dieci minuti siamo arrivate. Dovremmo trovare l'ospedale sulla sinistra.》 E fu così che spezzai il silenzio, con una piccola frase che contiene più di un milione di parole, tutte invivibili.

《Allora manca poco》definisce bisbgliando, come se non volesse farsi sentire.

Mi faceva male terribilmente lo stomaco, come se già sapesse che stavamo per entrare nel labirinto dove ci sarebbe voluto tempo per trovsre l'uscita. Sarà il nervosismo, ma queste due parole "manca poco" mi hanno dato una martellata. Stordendomi.

Era come se il mondo si fosse diviso in un prima e un dopo, cambiando me e Sarah da quelle di prima a quelle del segreto. Questi segreti avvolgevano tutto quello che ci circondava, case, persone, macchine... avvolgevano anche i miei polmoni, le mie vene, il mio cuore e la mia pelle. Il mio cervello elaborava le informazioni di questa storia molto lentamente, facendo fatica a mettere in relazione una cosa con l'altra. Il cervello mi stava abbandonando. Avevo paura di uscire pazza e spesso mi capitava di esserlo. Ero una ragazza e dovevo vivere da tale, senza pensieri. Lavorare per essere indipendente, uscire per divertirmi, andare a fare shopping. Ma la mia vita non andava così. Avevo dentro una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro. Da piccola quando si parlava di mio fratello facevo finta di non capire, di trascurare la questione, mentre dentro di me c'era la rabbia, l'ingustizia, il dolore. Tenevo tutto dentro e facevo finta che non mi importasse. Negli anni, passando da bambina a ragazza, sono cresciuti anche la rabbia, l'ingustizia e il dolore. Pensavo che il tempo avrebbe messo a posto le cose ma non è andata così e mi sono detta: "Se non le mette a posto il tempo, dovremmo farlo noi." Si sentiva nell'aria il natale e le persone era più romatiche. I regali, gli addobbi, la famiglia riunita, l'amore. Era tutto belli ed io li invidiavo terribilmente.

《Mi scusi, dove posso trovare il Saint Nicholas Hospital?》Domanda Sarah fermando un passante.

Il ragazzo con il cappotto blu e la sciarpa che cipria il viso, ci scruta prima di rispondere alla domanda. Sembra arrabbiato, forse anche lui sta passando una giornata terribile.

《Lo trovate all'angolo sulla sinistra》risponde con voce rauca e stanca.

《La ringrazio》

Il ragazzo ci saluta con un breve gesto del capo mentre ci allontaniamo da lui. Stavamo per oltrepassare un confine che nessuno ci aveva chiesto di oltrepassare. Eravamo arrivate in Canada coscienti di quello che stavamo facendo e di nostra spontanea volontà. Bramavamo la verità. Aspiravamo a trovare nostro fratello. Sembrerà da pazzi ma io lo sentivo vivo sulla mia pelle.

Ti ritroveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora