Capitolo 17

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Dal momento in cui ho scoperto il segreto di mio fratello il mondo era diventato più ingannevole e infido. Come se dietro a qualsiasi cosa ce ne fosse sempre un'altra. E forse, anche io nascondevo qualcosa che prima o poi sarebbe venuta fuori. Forse mio fratello era arrivato a sentire i nostri cuori? O lo stesso sangue che pulsava nelle sue vene lo richiamava dai suoi simili? O non sapeva niente?

Più mi avvicinavo all'ospedale più la paura cresceva in me, mi sentivo dannatamente fragile, senza forza. Non potevo arrivare lì e farmi impugnare dall'ansia, mi sarei fatta rossa in viso e questo non andava bene. Dovevo essere coraggiosa, andare senza mai fermarmi, spingere senza indebolirmi e se fossi arrivata a non farcela più, mi sarei dovuta ricordare della sensazione che provavo quando immaginavo di riabbracciare mio fratello.

《Eccolo》Avverte Sarah fermandosi, quasi senza fiato.

E più di un ora che camminiamo ma non è questo lo sforzo, bensì entrare lì dentro. Il cuore incomincia a bussare velocemente, come se volesse uscire fuori. Faccio un respiro profondo scaraventando fuori l'aria. Non riesco a calmarmi. Basta poco per agitarmi, sembra che la terra si apra trasportandomi al di sotto.

《Andiamo?》 Riesco a dire tremando. Il freddo non mi faceva più paura.

Sarah continua a guardare in direzione dell'ospedale, pietrificata. Le metto la mano sul cappotto gelido. 《Possiamo farcela》

Sembra di andare in guerra, armate di domande e dubbi. Ma cosa stavamo combattendo? Nelle guerre si conosce il nemico e il suo esercito, invece noi stavamo combattendo contro l'ignoto. E questo era terribile. L'ospedale era molto grande, e ricoperto di neve dava un effetto magico, quasi non sembrava un ospedale. Ci incamminiamo verso l'entrata con una sensazione addosso da film dell'orrore, quando ti aspetta un mostro dietro la porta, pronto per ucciderti. Quando spingo la porta per entrare, un getto di aria calda mi sorprende facendomi sobbalzare, permettendo alle mie ossa di muoversi comodamente. C'erano persone sedute in attesa di essere chiamate: probabilmente per qualche notizia bella o brutta, o per ricevere assistenza o per andare a trovare qualche loro parente. Era impressionate come noi uomini dal viso, dagli occhi, possiamo esprimere i nostri sentimenti, quello che abbiamo dentro. Dalle loro espressioni riuscivo a dedurre cosa stavano provando. Mi colpiva una persona in particolare: era seduta sulla sedia a rotelle, doveva avere circa cinquant'anni, i suoi occhi erano persi nel vuoto come se cercasse la sua anima perduta. Contemporaneamente batteva le dita delle mani sulle gambe, come se si stesse innervosendo. Poi gli andò una donna vicino, anch'essa cinquantenne, gli acarezzò il viso sorridendo dolcemente. Appena l'uomo la guardò, il vuoto nei suoi occhi scomparve per magia smettendo all'istante di avere un viso stanco e di battere le dita. Le infermiere che stavano dietro ad un bancone, portavano in testa dei capellini di Babbo Natale, con le luci e il campanellino. Parlavano e sorridevano tra loro.

Ci avviciniamo al bancone con cautela.《Salve, è possibile chiedere informazioni della cartella clinica di un bambino?》Chiede mia sorella sorridendo come loro, attirando la loro attenzione.

《Certo. Betty accompagna le ragazze nel reparto dieci.》Risponde l'infermiera.

Seguiamo Betty, anch'essa con il capello rosso di Babbo Natale e con una cartella in mano. Prendiamo l' acensore che ci porta al primo piano, attraversiamo un corridoio piendo di dottori, infermieri e pazienti che andavano nelle proprie postazioni o chissà dove. Andavano a passo svelto persi nei loro pensieri.

Betty si ferma.《Entrando troverete la segretaria che vi darà tutte le inforazioni.》Ci lascia d'avanti alla porta, salutandoci con un sorriso.

Entriamo senza esitare trovandoci nel reparto di osterticia. Non ci aspettavamo che ci avrebbe portate qui. Avevamo immaginato di entrare in ospedale e andare in qualche ufficio dove si occupavano di informazioni. Per questo rimaniamo sorprese. Come ci aveva detto Betty, troviamo la segretaria seduta sulla sedia dietro ad una scrivania, indaffarata nel suo lavoro. C'erano foto di bambini appesi alla parete. Si intravedevano tra i vetri, donne con il pancione. Un brivido attraversò il mio corpo. Ero nata in questo reparto. Immaginai mia madre con il pancione, recarsi qui con i dolori. Il mio primo pianto isterico, come se fosse un "Ciao mondo, sto arrivando". Poi pensai a mio fratello e se anche lui avesse fatto quel pianto. Non sapevo se le cose stessero andando bene ma sapevo che tutto andava come doveva andare e basta.

《Salve》Sarah chiama la segretaria schiarendosi la voce.

Alza la testa studiandoci. 《Buongiorno, come posso aiutarvi?》Domanda con spensieratezza. La maglietta nera, il sorriso e i capelli sciolti color castano chiaro le davano un'aria professionale. Sembrava un'attrice. Mi faceva venire voglia di essere bella.

《È possibile avere la cartella clinica di mia madre? Ha partorito in questo ospedale nel '76 e nel '94, lei è mia sorella》Si volta verso di me per indicarmi. Mi faccio avanti stampandomi un sorriso falso sulla faccia. 《Lei è nata qui nel '94. È possibile vedere se vi risulta?》Sollecita gentilmente.

Prendo il passaporto canadese dalla tasca e glielo mostro. Scruta la foto per vedere se sono io, sorride annuendo con la testa. La ragazza si mette in postazione d'avanti al computer e intraprende le sue ricerche. L'aria incomincia a comprimere. L'attesa è una delle cose che odio di più. Aspettare che un altra persona ti dia la notizia, attendere con l'ansia che pulsa nel corpo e scoppiare a piangere quando la segretaria finisce le ricerche e ti da un foglio che dichiara solo la mia nascita. Sorride come se per lei andasse tutto bene, ma per noi si stava scavando una terribile fossa.

《Questo è quello che abbiamo, tua sorella è nata qui.》sorride la segretaria.

Sarah prende il foglio e lo legge. La guardo per riuscire a leggere l'espressione del suo viso. Presumo che non sia niente di buono.

Ti ritroveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora