Capitolo 7

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C'era qualcosa di diverso, quella notte che non mi permetteva di dormire, qualcosa che mi mandò brividi gelidi lungo la schiena, per questo mi alzai dal letto per andare in cucina a prendere un bicchiere d'acqua. Vidi mia madre seduta sul divano, avrei voluto disturbarla per chiederle qualcosa su mio fratello, ma non ero certa che era la cosa giusta da fare. Guardai l'orologio in cucina, le lancette erano posate sul numero ventitré. La casa era silenziosa. Mi avvicinai alla finestra per guardare le stelle ma quella sera il cielo era pieno di nuvole. Pensai alla vita che aveva condotto mia madre a quei ricordi che mi raccontava ma non trovai nulla che mi potesse servire. Mi allontanai dalla finestra per andare verso mia madre. La osservai mentre prendeva il cuscino dalla poltrona e lo metteva dietro alla schiena. Difficilmente era riuscita ad andare avanti nella sua vita perché era rimasta bloccata nel passato, o meglio al ventiquattro marzo del 1976.

«Mamma, che fai?» L'istinto è la curiosità furono più forti del far finta di niente.

«Ciao tesoro, vieni a sederti sul divano con me. Sto guardando un programma molto interessante. Parla di quante cose meravigliose esistono in fondo al mare.»

Guardai la televisione sedendomi sul divano. Era da tanto che non la guardavo. Mi misi comoda, allungando le gambe e sistemando la coperta.

Che cosa era successo veramente nel 1976? In questa storia ogni cosa sembrava un mistero. Era così tenebrosa che aveva oscurato l'anima delle persone, comprese le nostre. Avevo l'impressione che tutti sapessero qualcosa ma che nessuno volesse aprir bocca, forse per paura, per mancanza di coraggio, per colpe che avevano commesso o perché non avevano voglia di pulirsi l'anima. C'era un silenzio fastidioso. Un silenzio assordante, più loquace di mille parole e più rumoroso di una folla di persone che urlava. Nessuno ci aveva mai chiesto come stavano andando le ricerche, se ci servisse un aiuto. Non era un obbligo ma quando vuoi bene a una persa gli chiedi come sta e le persone più care a noi facevano finta di niente. E questo mi faceva rabbia. Forse in mezzo a tutto questo schifo la strana ero proprio io.

«Mamma, pensi che tuo figlio sia morto?»

le domandai decisa dopo aver preso un lungo respiro. Continuavo a fissare lo schermo della televisione per non guardarla in faccia. Ne avevo paura. Iniziai a mangiucchiarmi le unghie aspettando che l'attesta finisse velocemente.

«Voglio pensare che sia morto» Confessò. Vidi le labbra stringersi e la rabbia repressa a stento invadere i suoi occhi.

Sentì esplodere dentro di me qualcosa, tirai la coperta all'altezza del viso, per nascondermi. Mia madre mi guardò e i nostri sguardi finalmente s'incontrano. Nei suoi occhi c'era tanta sofferenza che la stava prosciugando lentamente senza che lei se ne accorgesse. Dovevo aiutarla a liberarsi da tutti questi dubbi e dai mostri del suo passato. Dovevo scoprire la verità, anche al costo di andare contro di tutti e tutto. Istintivamente mi lancio tra le sue braccia e in un attimo il suo profumo riscalda il mio corpo.

Mi cinge le braccia intorno alla schiena. «il mio cuore, però, continua a ripetermi che è vivo.»

Lentamente si stacca dall'abbraccio, ritornando a guardare la televisione. Il suo sguardo era perso nel vuoto.

«Quando stavo in Canada sembrava che tutto andasse bene, fino al quel giorno. Un giorno prima di partorire non sentivo il bambino. Questo è capitato anche quando stavi per nascere tu, e il motivo era che non avevo mangiato quindi di conseguenza neanche tu. Appena ho cenato, hai iniziato a muoverti. Con tuo fratello è stato diverso. Era il primo figlio, non sapevo come andassero le cose. Era da poco che io e tuo padre c'eravamo trasferiti in Canada, non avevo nessun altro con me. Non conoscevo la lingua inglese e avevamo diciotto anni.» S'interrompe per prendere fiato.

«Il ventidue marzo, era sera quando stavo preparando una torta e mi sono venuti i dolori. In un attimo ruppi le acque. Mi portarono in ospedale e nella mattinata partorii tuo fratello. Ricordo quel momento come se fosse successo ieri. Avevo avuto un parto naturale e ricordo che avevo anche il tracciato. Nella sala parto c'erano il dottore e un'infermiera. L'infermiera subito lo portò via, senza nemmeno darmi il tempo di capire cosa stesse succedendo. Il dottore si avvicinò e mi disse. "Mi dispiace". Non riuscivo a crederci. Come poteva essere successo? Non me lo perdonavo, ripetevo che era colpa mia. Me l'hanno portato via senza che lo vedessi.» Smise di parlare perché questa storia le faceva male non solo quando la raccontava, ma ogni giorno, ogni mattina che apriva gli occhi.

Mi asciugai le lacrime cercando di non farmi vedere. Avevo il cuore in mille pezzi. Mi faccio spazio tra le sue braccia, è l'unica cosa che riesco a fare. Rimaniamo così in silenzio per qualche ora, facendo finta di guardare il programma ridicolo che stava trasmettendo la televisione.

Sentir raccontare questa storia aveva provocato in me una scocca di terremoto. Mi sentivo più vigile e forse questo mi avrebbe servito in queste ricerche. Vedere mia madre in questo stato mi spezzava il cuore. Avrei voluto avere una macchina del tempo per partecipare a quel giorno e stare vicino a lei. Ma questo non era possibile per cui mi rimaneva solo andare avanti e scoprire la verità. Tutto quello che ci e stato preso noi torneremo a prenderlo.

Fuori si era fatto buio, così decisi di alzarmi lentamente dal divano cercando di non fare rumore e svegliare mia madre. Andai nella mia camera e mi misi a letto.

Ti ritroveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora