Mia madre mi raccontava tutte le volte che poteva una parte della sua storia; mi raccontava di quando andava a scuola e stava in una classe dove c'erano solo femmine. Mio nonno non voleva che studiasse, ma che lavorasse. Diceva: "La scuola è per i maschi." Mi raccontava di quando andava a ballare nelle case degli amici e alle 20:00 tornava a casa. "Non come questa generazione di oggi che esce di notte" diceva ogni volta. Mi raccontava di come si era incontrata con mio padre. Di quando lo aveva visto la prima volta. Mi raccontava di come aveva vissuto la sua infanzia e di come fosse cambiato il mondo. Io restavo ore ad ascoltarla perché mi affascinava quell'epoca. Crescendo, ha iniziato a raccontarmi un'altra parte della sua vita. Quella più dolorosa. La storia di suo figlio, il primogenito strappato dalle sue braccia.
C'era una volta, una ragazza di diciotto anni. Essa aspettava il suo primo bambino maschio. Era emozionata, felice. Aspettava con ansia che arrivasse il grande giorno per abbracciare il suo piccolo. Lei e il suo sposo vivevano una vita semplice. Come ogni coppia avevano i loro alti e bassi, ma erano felici. Quando arrivò a sette mesi di gravidanza, partì per il Canada. La ragazza, impaurita, si chiese il perché, e parlando con il suo sposo le disse che avevano bisogno di avere la cittadinanza canadese. Una volta nato il bambino, avrebbero di conseguenza ottenuto la cittadinanza. La ragazza non capì il progetto che avevano in mente, ma per amore e per ignoranza seguì il suo sposo e suo padre senza opporsi. Quando stava per imbarcarsi in aeroporto, per il suo lungo e pauroso viaggio, dichiarò di non essere in attesa, dato che se lo avesse fatto non avrebbero permesso di farle prendere l'aereo per cautela. Indossò il suo giaccone, lungo e largo. La copriva molto bene, al tal punto che non sembrò che fosse in attesa. Inoltre, dichiarò anche di non essere sposata. L'agente che faceva i controlli le chiese il motivo per cui era arrivata in Canada e lei, balbettando, rispose che il padre le aveva regalato un viaggio. Quello fu l'inizio di un lungo martirio per la ragazza e il suo sposo.
Sembrava che la vita della coppia andasse a gonfie vele. Avevano fatto amicizia, il marito lavorava e uscivano spesso a visitare la grande città. Avevano i cugini che li sostenevano in tutto. La gravidanza andava bene e aveva superato le nove ore di aereo alla grande. Una notte la ragazza, stesa sul letto, sentì che il piccolo si muoveva nel grembo, così chiamo il marito. Corse da lei, appoggiò la mano sulla grande pancia, e sentì che sotto alla sua mano qualcosa si muoveva. Era la loro prima esperienza da genitori e quella per loro era una grande emozione. Il 23 marzo del 1976 la ragazza era in cucina a preparare la torta per il compleanno del suocero, quando iniziò a sentire dei dolori sotto la pancia. Il marito la prese per il braccio, l'accompagnò alla macchina e corsero in ospedale. La ragazza soffriva molto per i dolori, ma la gioia che il momento tanto atteso fosse arrivato, l'aiutava ad essere forte.
Un dottore e un'infermiera la portarono nella sala parto. Le misero il tracciato per controllare il piccolo. Stava bene!!
La ragazza era spaventata perché era il suo primo parto naturale. Era coraggiosa e per questo spinse con forza e piangeva per il dolore e la gioia. Quando il piccolo uscì, l'infermiera lo prese e lo avvolse in una coperta bianca. Uscì dalla sala parto con il bambino. La ragazza era stanca e senza forze. Non riusciva a parlare. Subito dopo rientrò l'infermiera e la felicità di quel momento divenne un dramma. Disse che il piccolo era morto.
STAI LEGGENDO
Ti ritroverò
FanfictionRose è una ragazza di 25 anni affascinata dalla vita è innamorata perdutamente di Jack. Un ragazzo che aveva fatto di tutto per conquistarla. Vive in una piccola cittadina in Italia insieme alla sua famiglia. Rose Ha una vita semplice quasi noiosa...