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Quella parte interiore di me, quella profonda, mi informava che qualcosa sarebbe successo. Non sapevo di preciso cosa, ma sentivo che sarebbe stato un disastro. Pensai che la gente non era perfetta, tutti ci tradivamo costantemente a vicenda e questo non era per niente bello. Ma il mondo putroppo va in questo modo. Se non esistesse l'egoismo non ci sarebbero le guerre. Ed era questa la seccatura, perché questa nostra storia era al centro dell'egoismo.

Usciamo dall'ospedale percorrendo di nuovo il corridoio, prendendo l'ascensore e aprendo la porta principale. L'aria fredda mi fece ritornare al presente, a quella che ero oggi. Sinceramente non sapevo che persona ero o cosa sarei diventata, di una cosa però ero consapevole, che sarei voluta essere più dura, meno esigente e più strafottente. Mi capitava spesso che le persone mi etichettassero come una brava ragazza e questo dava loro modo di approfittarsi di me. In questa situazione, in queste ricerche, mi sentivo spesso un pesce fuori dall'acqua, non venivo considerata né tanto meno mi chiedevano come stessi. È anche vero che non potevo fare niente, avevo le mani legate. Avrei voluto fare di più, ma non sapevo cosa fare, come muovermi in questa dannata storia.

《È vivo?》 Domando a Sarah, sorridendo leggermente.

Avrei voluto urlare scaraventando fuori tutto quello che provavo. È vivo. È vivo. È vivo. Ripeteva la mia mente, il mio cuore, il mio sangue e la mia anima. Tutto il mio corpo pulsava, mi sentivo il cuore in gola. Sentivo l'adrenalina scorrermi su tutta la pelle. Cosa importava che avesse vissuto con un'altra famiglia? La vita in fondo doveva essere stata la stessa. Andare a scuola, uscire con gli amici, ubriacarsi, avere una fidanzata, amare, sognare. Non importava se aveva fatto delle cose sbagliate, se continuava a farle. Lo avrei amato comunque, oltre ogni cosa, oltre tutto.

Mi fermo per guardare Sarah e insieme scoppiamo a ridere e contemporaneamente a piangere. Mi avvicino per stringerla tra le braccia. Il suo calore mi fa sentire a casa. La stringo forte. Tanto forte da farle mancare il respiro. Non avevo intenzione di respirare, volevo essere soffocata dall'amore, da quel sentimento travolgente che ha la capacita di farti volare. Mi mancava provare quella sensazione, per questo abbraccai mia sorella più forte che potevo. Quando si stacca da me, ebbi l'impressione che mi stessero strappando con la forza quella parte di me ancora sana, pulita, senza sporcizia. Questa storia mi aveva prosciugata lentamente, mangiando ogni particella del mio corpo, ogni sentimento buono che avevo. Mi era rimasta solo quella parte brutta, piena di rancore, di giudizio, di egoismo, di ipocrisia. Forse stavo diventando una brutta persona. Non era rimasto in me niente di buono. Ero cambiata, mi sentivo diversa e non nel modo giusto, ma in quello sbagliato.

《Ti rendi conto che nostra madre non risulta essere stata in ospedale?》balbetto, asciugandomi gli occhi bagnati con le dita. 《Non riesco a immaginare niente. Come possono essere andate le cose?》 Domando, rivolta più a me stessa. 《È mai possibile che non risulti in quegli anni? Se non fosse arrivata la dottoressa, la segretaria ci avrebbe dato la cartella clinica.》Continuo a parlare mentre guardavo le vetrine senza vederle veramente, mentre la vita mi attraversava d'avanti senza poterci far niente.

《Già, se non fosse venuta la dottoressa... le cose sarebbero potute andare diversamente. Non riesco a pensare, ad agire. Mi sento paralizzata.》Confessa, camminando e guardando avanti a se. Come se niente più avesse senso.

《Più avanti andremo e più sarà difficile agire.》Dissi, mettendomi le mani in tasca.

Non era il momento di esigere, ma di fare le cose al meglio possibile. Sembrava che ogni volta che ci stavamo avvicinando, tornavamo indietro, come se fosse un boomerang.

《Dobbiamo andare nell'altro ospedale.》Pronuncia mia sorella, con un filo di voce.

Dovevamo andare in un altro ospedale a chiedere se avevano informazioni su mia madre, semplicemente per avere un'ulteriore conferma. Sui documenti che avevamo, era riportata la sigla dell'ospedale in cui mia madre risultava solo nel '94, come se non avesse mai partorito lì prima di me. Anche se i documenti del cimitero dichiaravano che mio fratello, nato morto, fosse stato prelavato da quell'ospedale dal quale eravamo appena uscite, dopo quindici giorni dalla nascita. D'altronde, mia madre ricordava molto bene in quale ospedale avesse partorito, anche perché aveva partorito me proprio lì, anni dopo. Niente sembrava avere senso, era tutto terribilmente confuso e ciò faceva uscire dannatamente fuori di testa. Molto probabilmente le persone che camminavano per strada, ci consideravano delle pazze. Avevamo dei volti sconvolti, rugosi, tristi, felici e stanchi. Anche noi, come questa storia eravamo confuse. Camminiamo circa una mezz'ora, decidendo se andare a piedi oppure chiamare un taxi. Alla fine optiamo per andare a mangiare qualcosa. Entriamo in un pub. Ci accomodiamo su delle sedie lontane da altra gente. Ho voglia di silenzio e di solitudine. Ci togliamo subito i giubbino, per il caldo. Subito viene il cameriere per prendere le ordinazioni. Ai suoi occhi, ero una ragazza stanca della vita, infastidita da tutto. Sicuramente voleva che me ne andassi. Ordinammo due panini con hamburger. L'attesa non fu molta. Quando il cameriere ritornò con i due panini, gli sorrisi, pensai che forse il mio umore e ciò che traspariva sul mio viso, gli avrebbe rovinato la giornata. Mangiai tutto, anche se il mio stomaco era bloccato come da un tappo. Uscimmo dal pub, con lo stomaco pieno, non solo di cibo ma di tutto. E così, senza sosta tornammo alla ricerca di nostro fratello fantasma.

Ti ritroveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora