Capitolo 24

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Sentivo ancora l'odore della casa della zia sotto al naso. Era insopportabile. Lo odiavo. Invano avevo provato a grattarmi il naso con una spugna e bagnoschiuma, poi avevo provato con la crema, ugualmente questo non era riuscito a togliere l'odore. Ora ci convivevo ed era maledettamente lancinante. L'idea di sentire ad ogni passo la sua presenza era fastidiosa, riuscivo a sentire le sue parole scandite come se fossero nella mia testa pronte ad esplodere. «Di queste cose devi parlare con me.» Con quella voce piena di rabbia e ipocrisia. Adesso mi adiravo come non mai, se fossi stata lì in quella stanza avrei rotto tutti i mobili e ringhiato contro colei che voleva solo la nostra distruzione. Ricordo ogni cosa come se fosse oggi. Uscimmo da quella casa demolite, ricordo l'aria che mi trascinava quando uscimmo dalla porta d'ingresso, avevo freddo ma non quello che ti basta mettere il giubbino, la sciarpa e il capello per riscaldarti, avevo freddo nel profondo dell'anima ed era una sensazione terribile per cui non potevo fare niente. Rimpiangevo il modo in cui mi ero comportata in quella giornata, avrei potuto fare di meglio, prendere le sue parole e scaraventarle alle spalle per capire meglio cosa fosse successo e soprattutto cosa stava succedendo. Tuttavia, non potevo tornare indietro nel tempo e le cose erano andate come aspirava il destino. Andai convinta di trovare accoglienza visto le circostanze avvenute in passato, il forte legame che si era creato con i miei genitori, ma mi ero sbagliata, la vita cambia le persone ma non per loro. Ero convinta che avevano finto l'amicizia e l'amore che davano. Ero convinta che avevano uno scopo per cui avevano falsificato la loro identità trasformandosi in persone angeliche. Mia madre mi raccontava spesso della bontà che zia aveva, dell'amore che gli aveva dato accogliendola per non lasciarla sola in un paese sconosciuto. Quando con sorpresa andammo io e mia sorella a bussare alla porta di casa, il suo viso era allarmato. Sembrava che si aspettasse che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, se lo sentiva e si vedeva dai suoi occhi velati dalla sofferenza. Sapeva nel suo cuore malvagio che non avremmo mai lasciato mio fratello. Da quel momento non abbiamo più sentito zia. Successivamente, durante il nostro soggiorno in Canada, l'abbiamo chiamata chiedendo se potessimo salutarla, lei rispose: «Sto facendo la spesa e tornerò tardi» Non ci voleva incontrare e noi dovevamo partire per l'Italia per cui non c'era modo di rimandare il saluto. Con lei c'era sempre un punto interrogativo, non avevamo scoperto molto ma i lineamenti del suo viso che cambiavano continuamente, i comportamenti, la tensione che emanava e gli occhi accesi come due fari l'avevano tradita. Questo ci era servito più di tante parole. Il linguaggio del corpo è un mondo straordinario in cui si possono imparare tante cose, anche dal semplice movimento che fai per sederti. Ad esempio, le sopracciglia sollevate sono spesso segno di disagio oppure le gambe incrociate sono di solito un segnale di resistenza e di bassa recettività, e sono un segnale negativo in una negoziazione. Ecco perché bisognava guardare i movimenti di una persona per imparare a capire realmente cosa volessero dire. Era un gioco che mi piaceva fare.Avevano rubato la mia vita. Portata via con un soffio di vento.

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