Cap. 1/ parte 2

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Esco dalla doccia e accendo il phon, sia per asciugarmi i capelli, sia per coprire la voce di Angie che continua a gridarmi di fare in fretta. Raccolgo i capelli, resi gonfi dalla veloce messa in piega, in una coda alta, indosso una T-shirt e un pantaloncino, metto un velo di rossetto nude e la raggiungo in soggiorno.

«Era ora!» esulta appena mi vede.

«Ma smettila, ci ho messo appena quindici minuti...»

«Dovevamo uscire mezz'ora fa! Te lo ricordi che dobbiamo fare tutto in mezza giornata, vero?»

Alzo lo sguardo al cielo e mi dirigo verso la porta senza controbattere, se lo facessi, andremmo avanti a discutere tutta la giornata.

Scendendo le scale, noto la sua allegria: saltella, canticchia, ha il sorriso stampato sul viso. È particolarmente euforica per questo viaggio, d'altronde, oltre a essere un'opportunità importante per la sua carriera di organizzatrice di eventi, è la prima volta che va alle Hawaii, così assecondo il suo buon umore e fingo di farle un'intervista: «Allora signorina Watson, sembra emozionata per questo viaggio, perciò ci dica, quali saranno i sui primi passi sul suolo Hawaiano?»

«Signorina Hoffman, i primi sono riservati, perché interessano l'organizzazione della mostra che mi è stata commissionata dai piccioncini francesi...» sta al gioco, facendo l'imitazione di una donna snob che, chissà perché, mi ricorda Margot, il mio capo. «Però posso dirle che i miei ultimi passi mi porteranno a cavalcare selvaggiamente un hawaiano strafigo sulle sponde del Pacifico.»

Rido con le mani sulla pancia. La sua volgarità è un'altra peculiarità del suo carattere a cui ci si deve abituare se si vuole avere con lei un qualsiasi tipo di rapporto. «Sei tremenda!»

«Sì, lo so, e mi adori anche per questo, perciò non essere gelosa» continua a fare la snob e io le mostro il dito medio. Punzecchiarci e battibeccare di continuo, sono un must del nostro rapporto.

Fra un sorriso e l'altro, trascorriamo parte della mattina cercando qualcosa di appropriato da farle indossare all'inaugurazione della mostra, ma fino ad ora a vuoto. Lei è un'organizzatrice di eventi, in particolar modo di quelli a sfondo artistico, spesso richiesti da pittori, fotografi e simili. A volte, mentre la guardo svolazzare in giro con la stessa leggerezza di una libellula, mi chiedo se la sua serenità non sia solo una maschera che indossa per nascondere la frustrazione. Dovrebbero essere le sue opere a essere esposte alle mostre, è un artista davvero geniale e i suoi quadri sono in grado di far piangere, ridere... semplicemente di emozionare, ed è un talento abbastanza raro che o si ha dalla nascita, o è difficile da conquistare. Dal mio punto di vista i problemi sono due: il primo, come tanti bravi artisti non ha ancora avuto l'occasione di farsi notare; il secondo, nonché più difficile da risolvere, la crisi economica che ci ha colpito dopo il nostro trasferimento dal campus all'appartamento in centro. Questi motivi hanno inevitabilmente ostacolato la sua carriera da artista ed è sempre per questi che, quando un suo ex professore le ha commissionato una mostra di debutto per un ragazzo che realizza sculture in ferro riciclato, ha accettato e messo da parte i suoi sogni. Siamo onesti, anch'io vorrei una linea di moda tutta mia, ma realizzo quelle della iena per cui lavoro, perché è inutile negarlo, servono soldi per vivere e tempo per affermarsi. Ad ogni modo, rimpianti e dubbi a parte, la sua fu la scelta giusta. Il successo inaspettato di quel ragazzo fu anche il suo e quando si sparse la voce che era stata lei a organizzare la serata, cominciarono a piovere richieste a cantinelle e nel giro di pochi mesi ottenne ingaggi dagli artisti più in voga, come la coppia di pittori che lei ironicamente chiama i piccioncini francesi, ottenendo ogni volta compensi maggiori e la conoscenza di qualche nuovo personaggio influente.

«Allora, ti muovi?» mi strattona.

«Eh?» Mi volto e vedo che mi sta fissando.

«Ma si può sapere a che cazzo stai pensando?»

Il ragazzo della mia migliore amicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora