Cap. 2

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Quando torno a casa il sole è quasi tramontato del tutto e il giorno si prepara a lasciare il posto alla notte, eppure al lavoro il tempo mi è sembrato non passare mai. Appena sono arrivata in ufficio, Margot, mi ha fatto una scenata esagerata davanti a tutti. Lei mi odia e ogni occasione è buona per umiliarmi pubblicamente e ovviamente il mio ritardo lo era. Come se non bastasse, sempre offesa dalla mia scarsa puntualità, mi ha tagliato fuori dalla riunione dello staff in cui ha annunciato i nomi degli stagisti che lavoreranno con lei alla nuova linea, lasciandomi da sola a revisionare dei bozzetti mediocri di uno stagista. Erano mesi che mi preparavo per questa nuova collezione e ho lavorato duramente per creare nuovi modelli, ma lei, per uno stupido ritardo, ha mandato tutto all'aria. Purtroppo la mia giornata lavorativa non è finita qui. Non contenta, Margot, che per intenderci è una di quelle persone che ha avuto tutto dalla vita senza guadagnarsi niente, ha ritenuto il mio abbigliamento un po' troppo trasandato così, con la scusa di urtarmi per sbaglio, mi ha rovesciato un intero caffè addosso e, invece di scusarsi o semplicemente porgermi un fazzoletto come avrebbe fatto chiunque altro, si è fatta una coatta risata, probabilmente soddisfatta dall'esito positivo della sua piccola vendetta, ancora una volta davanti a tutti. Se non fosse che mi servono soldi, gliene avrei dette quattro e forse mi sarei anche licenziata usando termini coloriti, ma... eccoci qua ed ecco perché l'ho soprannominata la iena. Prima ti aggredisce e poi se la ride. A questo punto ho soltanto voglia di buttarmi sul divano e bere una birra con la mia migliore amica, ma non c'è ed è strano, perché doveva finire di sistemare i bagagli e l'ora di cena si avvicina. Con l'intento di telefonarle, cerco il cellulare, però non lo trovo e vado in panico, perché su quel dispositivo c'è la mia vita. Rovescio tutto il contenuto della borsa sul tavolo, sperando che mi sia sfuggito, ma niente, allora controllo nella mia camera, in quella di Angie, in bagno, ovunque, ma il risultato non cambia. Provo a fare mente locale dei movimenti che ho fatto in tutta la giornata, ricordo di averlo preso questa mattina uscendo di corsa da casa, poi vuoto totale. Preoccupata di averlo perso, faccio un salto in ufficio per controllare. È abbastanza vicino da qui e posso arrivarci in pochi minuti, così esco da casa e lo raggiungo. Controllo ovunque, sulla mia scrivania, per terra, nell'ufficio di Margot, ma anche qui del cellulare non c'è traccia. Devo rassegnarmi all'idea di averlo smarrito e, di certo, non è la giusta conclusione per una giornata come questa, inoltre rappresenta una spesa imprevista che non posso permettermi. Delusa, decido di tornare a casa e cammino sotto le luci dei lampioni. Dai locali iniziano a sentirsi la musica e il profumo di cibo, i neon si accendono colorando le strade, le luci delle abitazioni illuminano le grigie facciate dei grattacieli. New York è sempre bella di sera, eppure, mai come oggi, la movida che caratterizza questa città, mi infastidisce. Ho bisogno della calma di casa mia. Quando varco l'ingresso, mi sorprendo nel vedere Angie in soggiorno.

«Ma si può sapere dove cavolo sei stata?» Dal suo tono capisco che è un po' stressata. «Ho fatto tardi, devi aiutarmi a fare le valige. Nel mio armadio sembra scoppiata una bomba e non ricordo più neanche cosa devo portare!» Non è esattamente la pace che ambivo, ma almeno posso pensare ad altro e poi, Angie, agitata, è piuttosto divertente. Squittisce, saltellando a destra e a sinistra, come un personaggio dei film di animazione, e il suo atteggiamento mi strappa una risatina.

«Perché hai spento il cellulare?»

Il sorriso appena ritrovato scompare in un niente.

«Cosa? No, l'ho perso e il fatto che sia spento non è un buon segno.» Vuol dire che chiunque l'abbia trovato, non ha intenzione di restituirlo, atteggiamento che mi urta non poco i nervi.

«Cavolo, mi dispiace! Dai, vieni, beviamoci su.» Prende una confezione di birre da sei dal frigo, ne apre due e me ne porge una. Bevo metà della mia tutta d'un fiato.

«Va meglio?» mi chiede.

Apprezzo che mi abbia dato un attimo per respirare.

«Diciamo di sì...»

Il ragazzo della mia migliore amicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora