Capitolo 18. Realtà

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Aprii piano gli occhi.

Dove mi trovavo? Non lo sapevo e, per dirla tutta, non me ne importava granché.

Qualcuno mi aveva svegliata.

Era notte ma la luna semicoperta rischiarava abbastanza da farmi ricordare di essermi seduta ai bordi della fredda grata del pozzo.

Ah sì, ero nella corte del castello. Avevo pianto a lungo, fino a perdere i sensi.

Ma che importanza aveva?

«Quando la luna sarà più alta nel cielo, guardala. Anch'io la starò guardando. Così la guarderemo insieme».

Magari fosse potuto essere ancora vero.

Una voce femminile sussurrò il mio nome e mi sentii sfiorare la spalla. Alzai lo sguardo. Clare, premurosa, era venuta da me.

«Non puoi rimanere qui fuori», disse ragionevole. «Ti accompagno in camera».

Non volevo rientrare. Volevo continuare a dormire sotto la luna che risplendeva argentea al di sopra delle mura. Non sapevo perché. Forse mi ricordava lui, le nostre serate...

Il pugnale che sentivo già conficcato nel petto affondò ulteriormente. «Grazie, Clare. Vorrei restare qui». Non m'importava che mi prendessero per matta. M'importava ben poco di tutto ultimamente.

Si sedette accanto, cercando di tenermi compagnia. Era davvero una buona amica e le ero molto grata ma, in realtà, non mi ero mai sentita così sola se non quando persi mia madre. Il dolore era simile ma questa volta non sapevo se sarei ancora riuscita a sopportarlo.

«Devi mangiare qualcosa», mormorò. «Non puoi continuare così. Ti prego. Pensa ai tuoi genitori, a Phil».

Avevo già sentito quei discorsi. Mi addolorava tremendamente per loro ma non potevo farci niente. Pur con buona volontà, non riuscivo a reagire. Ero già morta senza essere sepolta. Non ebbi nemmeno la forza di risponderle.

«Vivian...», iniziò incerta.

«Sì?», le risposi dal mio baratro nero, cercando di riemergere dall'agonia per prestarle un po' di attenzione.

Silenzio. La guardai stanca.

«Lui...», incominciò con aria corrucciata e interdetta, poi si fermò, come se dubbiosa sul chiedermi o no ciò che aveva in mente, o come per assicurarsi che reggessi il colpo. O tutte e due, o forse perché si era accorta prima di me che avevo chiuso gli occhi in una smorfia. Ma tanto chiuderli o no che differenza faceva? Lo vedevo comunque. La rimembranza del suo volto non mi aveva mai abbandonata.

«Com'era?», mi domandò infine, delicata.

Provai a deglutire, senza successo.

«Lui», cercai di schiarirmi la voce, di riprendermi, di essere forte. «Era...». Usare il passato mi distruggeva. Il dolore: insopportabile.

Non avrebbe mai voluto che mi riducessi così.

Non appena lo pensai fui sopraffatta dai ricordi, nitidi come se fossero stati del giorno prima. Quegli attimi non si sarebbero ripetuti. La consapevolezza amara tornò a farsi strada dentro di me, devastante: non sarebbe tornato.

Il suo sguardo caldo, quel sorriso che tante volte mi aveva accarezzato l'anima e i nostri momenti felici insieme – che non avrei mai potuto dimenticare irruppero nella mia mente uno dopo l'altro con una forza mai sentita o sperimentata prima, senza tregua, senza sosta, senza concedermi la possibilità di oppormi. O forse non volevo. Li ripercorsi tutti, uno per uno, con una stretta al cuore.

«Era...». Ma un nodo mi serrava la gola, doloroso e tanto stretto da soffocarmi.

Eppure avrei voluto davvero raccontarle, renderla partecipe dei giorni in cui avevamo scherzato, riso, in cui mi aveva fatta sentire viva come mai prima d'allora e come mai più mi sarei sentita per il resto della mia misera esistenza. Avrei voluto farle sapere chi era veramente. Ma non ce la facevo, non ci riuscivo.

Troppo male.


***



Sì, lo so. Anch'io preferivo l'inizio...

Ma la vita non può essere tutta rose e fiori, giusto?



***


Non avrei mai pensato che dei campi di grano potessero ricordarmi tanto qualcuno. Eppure, a quella particolare ora della sera, con i loro infiniti riflessi dorati e sfumature brune, erano così simili al colore della sua chioma castana e dei suoi riccioli chiari da far male. Non avrei nemmeno mai pensato di poter comprendere la volpe a tal punto...

Sì, d'ora in avanti i tramonti avrebbero messo tristezza anche a me. Chissà se sarebbero mai tornati a infondermi serenità.

Ne dubitavo.

Un'altra cosa che abbiamo in comune, amore mio.





***





Le giornate trascorrevano dolorose e grigie, insensate.

Oramai continuavo a vivere solo di ricordi.

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora