Capitolo 50. Destino?

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Mi guardava dall'ingresso, pallido.

Vide bene ciò che custodivo tra le mani. Dopo una smorfia, puntò l'arma contro di me.

«Ferma!», gridò, ma avevo già ripreso la mia corsa.

Spalancai la porticina senza curarmi di chiuderla né di assicurarmi che la via fosse sgombra e sfrecciai verso il bosco. Udii un rumore e l'stante dopo dei fasci di luce mi passarono vicino, sollevando granelli di terra accanto ai miei piedi ma continuai a correre; uno colpì la corteccia di un albero dinanzi a me tra scintille luminose e fumo, poi riconobbi la voce infuriata di Hector:

«Non sparare, idiota! Rischi di colpire il dispositivo! Dov'è Gregor con il fucile di precisione quando mi serve! Usate le reti!».

Non ero sicura di aver udito bene ma non m'importava. Superai a tutta velocità il passaggio tra i rovi e mi lanciai nella vegetazione. Udii altri rumori dietro di me. Mi stavano raggiungendo.

D'un tratto notai qualcuno che si avvicinava frontalmente. Ero in trappola. Non avevo vie di scampo.

Alle strette, decisi di acquattarmi in mezzo ai cespugli e così feci. Dei passi pesanti rallentarono fino a fermarsi.

«Dov'è andata?».

Era l'assassino di nome S...

«Non può essere sparita nel nulla!».

Di nuovo gaelico.

Non capii ciò che disse l'altro, le parole mi risultarono incomprensibili. Sembrava però che stesse ammonendo il compare.

«Ti sembra facile?», rispose quello. «Ho questa cosa in testa!».

Seguirono altri discorsi ma non rimasi certo ad ascoltarli: avevo già iniziato a strisciare nel sottobosco più rapidamente che potevo, nei limiti del consentito.

«Il segnalatore rivela qualcosa», sentii dire a uno dei due. «È davanti a noi!».

Come facevano a saperlo?

Mi voltai e li vidi correre nella mia direzione.

Merda!

Scattai, stringendo il dispositivo.

«Eccola!».

Erano ad occhio e croce a non più di una trentina di passi da me. Pochi, troppo pochi. Mi avrebbero raggiunta; agili e veloci e io non indossavo indumenti maschili adatti alla corsa, come sempre.

Improvvisamente ebbi un'idea. Probabilmente non mi avrebbe aiutato ma era l'unica. Valeva la pena tentare.

Scartai bruscamente verso destra e dopo poco mi ritrovai nel viale che portava ai pascoli. Qualcosa mi sfiorò. Non verificai cosa fosse ma vidi i miei inseguitori più vicini di quanto pensassi. Trattenni un gemito e continuai a correre con il cuore martellante nel petto. Sapevo esattamente cosa cercare...

In quel punto del bosco le chiome degli alti alberi erano talmente fitte da lasciare solo intravedere il sentiero scuro.

«Ah!», strillai quando udii un grugnito alle calcagna.

«Sei mia, zuccherino!».

Spiccai un balzo con tutto lo slancio che avevo e l'assassino rotolò al suolo con un grido smorzato.

Chi avrebbe mai pensato che quelle vecchie radici sarebbero potute tornare così utili?

Il sollievo fu grande ma non era finita. Un altro fascio luminoso mi saettò rasente alla testa e un altro ancora mi prese di striscio il fianco sinistro. Urlai per il dolore ma non mi fermai.

Sentii qualcuno bofonchiare qualcosa e imprecare.

Corsi tanto senza voltarmi, senza una meta, ma non appena iniziavo a nutrire la speranza di averli seminati, puntualmente udivo delle voci alle mie spalle riecheggiare nel fitto della foresta.

Come accidenti facevano a seguirmi? Sembrava che sapessero precisamente dove fossi. Che stessero utilizzando lo strumento descrittomi da John e Brigid?

Corsi, corsi e corsi ancora fino a che, con mia sorpresa, una luce bianca mi accecò.

Non sapevo dove mi trovassi, sapevo solo che ero uscita dal bosco. C'era un frastuono che dapprima non avevo notato.

Mi bloccai all'istante, ritrovandomi davanti un dirupo sotto cui scorrevano rapide impetuose. Ero stremata ma non potevo fermarmi, perciò, dopo preziose grandi boccate d'aria, continuai la mia fuga seguendo il letto del torrente.

Sfortunatamente la strada era in salita; l'unica cosa a consolarmi era sapere che se lo era per me, lo era anche per loro.

In prossimità di uno sperone roccioso caddi a terra, sfinita.

Dovetti attendere un po' prima di trovare la forza di alzarmi e quando lo feci restai di sasso: dalla posizione rialzata nella quale ero vidi non molto lontano due assassini che correvano verso di me, impugnando quelle armi tanto strane quanto letali.

«Eccola là!».

Mi voltai giusto in tempo per vedere i compari uscire dalla boscaglia e venirmi incontro spediti.

Non era possibile. Come avevano fatto a scovarmi e ad accerchiarmi? Non me ne capacitavo.

No, non sarei riuscita a sfuggire a piedi.

Mi sentii persa. Mossi qualche passo in direzione del torrente e sbirciai di sotto...

Il fragore dell'acqua coprì ogni altro suono ma non i miei ricordi. Non potevo credere a ciò che stavo vedendo: riconobbi quel posto; lo riconobbi molto bene.

Per la seconda volta rischiavo la vita nello stesso, medesimo, identico luogo.

La sorte sapeva essere davvero beffarda.    

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora