Capitolo 37. Dovere

74 10 0
                                    





«Vivian. Vivian?».

Qualcuno mi stava chiamando?

«Vivian!».

Un violento scossone mi fece rinvenire e due occhi color verde acceso, intensi e familiari, lampeggiarono nei miei. Accanto a me c'era Phil. Mi accorsi che stava tenendo una mano sul mio braccio.

Era l'unico che poteva capirmi al castello. Aveva provato a parlarmi molte volte, per farmi forza, per farmi reagire, senza successo.

Senza preavviso mi fece alzare.

In un attimo rammentai: quel giorno sarei voluta andare sui bastioni e guardare le mie colline ma lui me l'aveva vietato, esigendo che pure i suoi sottoposti mi facessero rispettare l'ordine. Probabilmente temeva che potessi compiere qualche gesto inconsulto. Così ero tornata sul mio balcone, silenziosa e senza forze.

I tentativi di nutrirmi fallivano quasi tutti. Il mio corpo non accettava più il cibo e poco anche le bevande. Il nodo in gola era diventato ormai perenne.

«Gli ho promesso che ti sarei stato vicino e non intendo certo rimangiarmi la parola. Come credi si sarebbe sentito se ti avesse visto in questo stato?». Continuò a parlare, graffiante, intenzionalmente provocatorio.

Aveva ragione ma, per quanto mi sforzassi, non riuscivo proprio a riemergere dal dolore. Avevo contemplato il suicidio, seppur fosse considerato peccato mortale dalla Santa Sede. Se non l'avevo ancora compiuto era soprattutto per amor suo. Anch'io gli avevo fatto una promessa.

Un altro strattone.

Mi strinse per le spalle, facendomi male. Perlomeno provai qualcosa di diverso dal solito.

«Non permetterò che succeda».

Avevo perso parte del discorso ma non stentavo a immaginare a cosa si stesse riferendo.

«Ora tu ti vesti», disse in tono perentorio. «Ti vesti e torni ad aiutare le religiose nelle loro attività. Così sarai utile a qualcuno».

Ricordavo bene in che condizioni fosse nei giorni seguenti il rientro. Anche lui stava soffrendo.

Ero stata così felice quando avevo ricevuto la bella notizia del ritorno dei soldati. Tutta la città era stata in festa.

Avevano, avevamo vinto.

L'esercito scozzese, battendosi valorosamente e con astuzia, era riuscito infine a respingere e sconfiggere le forze di Edoardo. Già si vociferava di una battaglia che sarebbe stata ricordata nei secoli. Per una giornata intera ero stata in trepidazione, gioiosa e nel frattempo ansiosa come non mai. È vero, la Scozia aveva vinto, ma chissà a quale prezzo.

Non appena avevo rivisto Phil e mio padre ero corsa ad abbracciarli, emozionata. Erano ammaccati, ma vivi. Poi mi ero guardata attorno nella Grande Sala, tra la moltitudine di persone, cercandolo... senza vederlo. Forse era andato direttamente da Brigid e aveva lasciato l'incarico pubblico al suo fidato amico?

«Phil», gli avevo detto asciugandomi le guance umide. «Lui dov'è?».

Solo allora compresi il reale significato dei drappi scuri che avevo visto sfilare da lontano.

Si era limitato a scuotere la testa, la mascella tesa.

Un'ombra era calata su di me, cancellando tutto ciò che di luminoso c'era nel mio mondo, pesante come un macigno, facendomi sprofondare in un baratro nero e profondo.

Da lì non ero più riemersa.




***




Quando mi risvegliai trovai Phil seduto sulla sedia accanto al mio letto, visibilmente provato ma apparentemente calmo.

Ci guardammo per un istante interminabile, senza proferir parola.

«Voglio vederlo», dichiarai.

«Non puoi», mormorò.

Il nodo si strinse. «Perché?».

«È stato cremato. Con una cerimonia degna della sua persona. A Stirling».

Calò un silenzio straziante. Non sentivo più il cuore battere.

«È morto con onore», aggiunse dopo un momento.

«Come?», chiesi, con un filo di voce.

Non rispose. Sospirò, ponendosi le mani sul viso.

Mostrò il volto forzatamente composto solo dopo un altro respiro profondo. «Non ha sofferto».

La sua espressione contratta mi lasciava intuire il contrario. Mi sentii morire anch'io.

Mi feci forza. Ancora una volta volevo, dovevo sapere.

Sedetti di fronte a lui.

«Phil. Ti prego». Gli strinsi la mano. «Dimmi la verità. Cos'è accaduto?».

Il suo sguardo vagò nel vuoto, vedendo ciò che io non potevo. Poi d'un tratto chiuse gli occhi e, alla fine, sul viso regnò una smorfia di dolore.

Sapevo che era difficile raccontare quanto visto ma ne avevo bisogno. «Non puoi mentirmi su questo. Non puoi, Phil». Cercai di trattenere le lacrime, inutilmente. «Dimmi la verità», lo implorai. «Devo saperlo».

Di nuovo non rispose.

Ci riprovai. «Phil, ti prego».

Silenzio.

«Ti prego, fratello. Dimmelo. Cos'è successo?».

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora