Capitolo 43. Svolta

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«Ti spiegherò. Fermami pure se non comprendi qualcosa».

Annuii.

«Sai che Briget e William credevano che fossi morto, prima di fare il salto. Prima di... venire qui».

Annuii di nuovo, nel vano tentativo di ignorare il dolore ogni volta che udivo il suo nome.

«C'è stato un malinteso, uno... scambio di persona, supportato dai miei ex colleghi».

Lo guardai senza capire.

«Dai miei vecchi "amici"». Pronunciò l'ultima parola in modo aspro. «Sono persone avide, prive di qualsiasi valore. Mi sono accorto troppo tardi fino a che punto potessero arrivare per i loro scopi», mormorò con aria cupa, quasi tra sé e sé. «A un certo punto, come sai, ho dovuto separarmi dalla mia famiglia».

«Per distruggere il tuo lavoro, le tue ricerche», dissi usando le stesse parole di Will.

«Esatto». Mi osservò, ed ebbi la netta impressione che mi stesse studiando. «Mentre cercavo di sfuggire a quei...». Lasciò la frase in sospeso e respirò a fondo per calmarsi. «Cercarono di uccidermi... Insieme a me c'era un caro amico che aveva insistito per aiutarmi».

Il suo sguardo vagò nel vuoto, triste. «Sapevo che avremmo corso dei rischi ma non credevo che ci avrebbero trovato. Avevamo pianificato tutto. Non doveva accadere...». Si prese la testa tra le mani e sospirò. Brigid si allungò per appoggiargli una mano sulla spalla. Lui la strinse, accennando un sorriso nel guardarla, poi tornò a me. «Non dissi a nessuno di Vincent».

«Il nostro amico. Caro Vincent», bisbigliò lei flebile.

«Questo perché già stava correndo un grande pericolo. Se avessero trovato Briget e William e fossero riusciti a leggere nella loro memoria, avrebbero scoperto il suo coinvolgimento».

«Aspetta», farfugliai confusa.

«So cosa stai per chiedermi e so che sei sorpresa. La risposta è "sì". Tra circa un millennio l'uomo inventerà un... marchingegno, capace di vedere i ricordi delle persone, Vivian».

Mi concesse un momento per riprendermi dalla notizia. Per fortuna ero preparata ad ascoltare novità apparentemente assurde.

«Sapevo che i miei colleghi potevano usarlo», spiegò, «quindi lei e William non sapevano che io e Vincent fossimo insieme». Gli occhi si persero ancora nel vuoto. «Ci trovarono. E ci inseguirono». Scosse lievemente la testa come per scacciare qualche ricordo. «Non volevano uccidermi perché gli servivo da vivo ma ci fu un... "incidente"... Solo io mi salvai, per pura fortuna».

Attesi. Non doveva essere facile.

«Fecero credere di avermi assassinato», proseguì, «nel tentativo di convincere loro a consegnarsi con la promessa che, se lo avessero fatto, non avrebbero corso alcun pericolo. Senz'altro speravano di usarli come ricatto per arrivare a me».

«Un momento», lo interruppi. «Non capisco». Mi rivolsi a Brigid: «Diceste che stavano cercando di ucciderlo perché avevano trovato il suo lavoro e non... ecco...», tornai a John, «non gli servivi più».

«Lo credevamo», rispose lei. «Credevamo che fosse andata così. In verità John era riuscito a distruggere gran parte dei suoi studi».

«Mancavano dei pezzi, ecco perché mi volevano vivo. Ecco perché hanno fatto credere che fossi morto, nella speranza che commettessero un passo falso».

Riflettei e fissai Brigid sbigottita. Il ragionamento tornava:

«Avete pensato che fosse morto lui al posto del vostro amico», sussurrai senza quasi muovere le labbra.

John annuì. «Non sapevano che fossi io il vero obiettivo. In seguito ho saputo che l'intento dei miei colleghi era anche quello di liberarsi di William».

Mi sentii gelare. «Perché?».

«Non sapevano bene con cosa avevano a che fare. Avevano paura di lui, paura di non riuscire a controllarlo. Poteva essere un ostacolo troppo grande per i loro piani».

Cercai di calmare il battito del cuore e le forti emozioni contrastanti che provavo, prime tra tutte la rabbia, inutilmente.

«Ho provato tante volte a mettermi in contatto con loro ma dovevo fare molta attenzione e questa prudenza necessaria mi impediva di raggiungerli. Spesso ci sono stato vicino, vicinissimo... senza mai riuscirci».

Silenzio. Ognuno era perso nei propri pensieri.

«Non mi hai ancora detto come hai fatto ad arrivare qui», gli domandai, poi tornai a Brigid. «Tu e...», mi costrinsi a pronunciare il suo nome, «...Will... mi diceste di aver distrutto il passaggio».

«È così, possiamo dire», confermò lui. «La macchina era distrutta e il passaggio era tornato inaccessibile. Per il momento».

Cosa intendeva?

«Quando ho saputo che loro avevano fatto il salto, ovvero che erano spariti dentro quel... passaggio... e che avevano distrutto la macchina nella convinzione che io fossi morto... è stato... sconvolgente».

Non stentavo a credergli, il dolore nei suoi occhi era tangibile.

«Ma non mi sono dato per vinto. Riuscii a nascondermi da una mia conoscenza, un altro vecchio amico nei pressi di Tokyo».

«In terre lontane», bisbigliò lei per farmi capire.

«O almeno così credevo», continuò lui in tono grave. Guardò la moglie, tormentato, poi si passò una mano tra i capelli grigi. «In gran segreto, insieme a questo mio amico e ad altre persone, sono riuscito ad allacciarmi allo stesso passaggio utilizzato dalla mia famiglia per scappare. Di tutto quel che avevamo non è rimasto un soldo, per finanziare le ricerche e il progetto. Non che me ne importi qualcosa».

Non capii esattamente. «Sono loro che ti hanno ridotto così?», chiesi riferendomi agli inseguitori e alla sua condizione.

Annuì.

«Scusami, John, non so se ho capito bene», dissi ignorando il mal di testa crescente. «Stai dicendo», sussurrai frastornata, «che hai scoperto un altro modo per viaggiare nel tempo?».

Pareva impossibile.

«Sì. Lavorando incessantemente», proseguì, «ogni giorno, per otto lunghi anni, sono riuscito – con le persone che mi hanno aiutato – a creare una nuova macchina del tempo. Chiamiamola così per farti capire. Purtroppo fui scoperto ancora. Evidentemente mi tenevano d'occhio già da un po'». Si fece meditabondo. «Come in precedenza, cercai di distruggere tutto ciò che avevo fatto. Ci sono riuscito... salvo che per un'unica cosa che ho risparmiato».

«Che cosa hai risparmiato?».

«Il marchingegno che mi ha permesso di arrivare fino a qui».

Seguì una breve pausa in cui cercai di riordinare le idee e pensai per l'ennesima volta che fosse un'ingiustizia che lui e Will non si fossero potuti rivedere. Per così poco oltretutto.

La Provvidenza sembrava proprio essersi voluta divertire.

«Sarei dovuto morire io al posto suo», mormorò John serio e le sue parole mi toccarono nel profondo. «Ora», asserì cautamente – ma lo sguardo sagace lampeggiò nel mio – «ciò che ho in mente di fare non so se è possibile. Non so se funzionerà».

Di cosa stava parlando?

«È solo un'idea, ma voglio tentare. Devo provaci».

Avevo la sensazione che parlasse più a se stesso che a me. Mi ero persa di nuovo dietro i suoi ragionamenti repentini.

«"Provarci"? Provare a fare cosa?».

Mi guardò dritto negli occhi e la determinazione che vi lessi mi stupì.

«A salvarlo».    

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora