Capitolo 11. Precisazioni

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Eravamo sulla strada del ritorno.

Prima di tornare nel mio Piccolo Paradiso dovevamo recuperare Bruna. Avevo realizzato da poco che Silveria fosse sparita. Mi era completamente passata di mente. Ma non mi sorprese: lo faceva abbastanza spesso.

Will mi disse che la notte in questione aveva avvertito la mia tristezza – ebbene, in rarissime occasioni riusciva pure a far questo – e starmi accanto, seppur a distanza, era stato più forte di lui. Ci eravamo addormentati insieme anche se separati. Mi chiese più volte perdono per l'impudenza ma non ero arrabbiata. Decisamente non lo ero.

«Will?».

Si voltò per osservarmi.

C'era qualcos'altro che volevo sapere. «Il vento caldo che ho sentito negli ultimi tempi, è tuo? Voglio dire, proviene da te?».

«È proprio vero che non ti sfugge niente». Sospirò, trattenendo un sorriso. «Sì. Te l'ho detto, alle volte mi rimane difficile controllarmi... Ma non ti farò del male», rimarcò.

«Lo so».

Continuammo a camminare scostando cespugli e frasche, in silenzio.

«A cosa pensi?», domandò dopo poco.

«Più o meno a un centinaio di cose», scherzai, ma in verità ero seria. «Hai detto che riesci a spostare gli oggetti a seconda di come ti senti».

«Sì».

«Però mi hai detto anche che non dipende solo da questo. Mi chiedevo che intendessi».

«Sei molto attenta... Intendevo che devo vedere ciò che devo spostare».

Meditai un breve momento. «Se fossi cieco non potresti?».

«No, credo che potrei. Mi sono spiegato male». Increspò le labbra. «Immagino che potrei sempre ma dovrei raffigurare l'oggetto nella mia mente, farmi un'idea del peso, se possibile, avere... consapevolezza... La distanza ravvicinata mi aiuta. Con animali e persone è più facile. Li sento». Fece una piccola pausa. «Ho fatto un discorso un po' ingarbugliato, eh?».

Lo guardai titubante. «Come funziona esattamente?».

Meditò brevemente. «Hai mai avvertito la presenza di qualcuno senza vederlo, magari in una stanza accanto alla tua? La differenza è che per me è più forte. Se c'è un essere vivente e non è troppo lontano, riesco a percepirlo, a capire se è un uomo o no, a volte». Mi anticipò prima che aprissi bocca. «È intuizione, non so spiegarlo».

Altra breve pausa. Sapevo che stava rimuginando su qualcosa e che presto avrebbe parlato, perciò non lo interruppi.

«Sai, se sotto ai nostri piedi ci fosse un topolino...».

«Un topolino?».

«Sì», accennò un sorriso, «un topolino... lo individuerei meglio se poggiassi i palmi delle mani a terra».

«Sul serio?».

«Sì. Nelle mani ho una sensibilità particolare, diciamo così». Scoppiò improvvisamente a ridere. «Giuro che non saprei spiegare nemmeno questo».

«Riesci anche a percepire la vita nelle piante, giusto?».

«Come lo sai?».

Ripensai a quando mi fece ascoltare il respiro degli alberi. «Mi piacque molto quel pomeriggio...».

Probabilmente non ero l'unica a pensarci, o comunque di nuovo mi capì al volo perché rispose: «Anche a me».

Mi guardò intensamente. «Hai avuto più paura dell'amaca o della tigre?».

Riuscì a farmi ridere.

«Mi trovasti così?».

Silenzio.

«No: ti sentii gridare».

Mi schiarii la voce, tornando seria. «Quando ero nel torrente... perché non mi hai semplicemente tirata fuori dall'acqua con i tuoi poteri?».

Si fermò e lo imitai.

«Ci sarebbero potuti essere degli imprevisti. Avrei potuto perdere i sensi per lo sforzo, oppure non riuscire a trattenerti. Era la soluzione più pratica per portarti al sicuro. Ho fatto una scelta. E la rifarei».

Ignorai l'effetto che quell'ulteriore ammissione mi provocò. Le farfalle nello stomaco svolazzavano incontrollate.

«Quindi mi stai dicendo che saresti potuto rimanere sulla riva ma hai rischiato di morire per salvarmi... perché altrimenti avrei avuto meno possibilità?».

Corrucciò la fronte. «La verità è che... non ho pensato granché. Mi sono tuffato e basta».

Sostenni il suo sguardo, mi avvicinai e, semplicemente, lo abbracciai.

Le sue labbra mi sfiorarono la fronte, delicate.

Ero in pace.

«Sbrighiamoci», mormorò, «sta arrivando un temporale».

Effettivamente si stavano avvicinando nuvole scure.

«E poi ormai lo sai com'è fatta mia madre», aggiunse.

Mentre proseguivamo mi cinse la vita. Non mi aspettavo quel gesto ma non mi allontanai. Giungemmo al pascolo ancora abbracciati. Il bestiame si era già avviato a casa come d'abitudine. Pure Bruna era sparita. Trovai il morso e le briglie che avevo lasciato tra l'erba.

«Aspetta un attimo», disse Will voltandosi verso valle.

Tenendoci per mano, arrivammo fino all'amaca sovrastata dai due alberi maestosi e affinammo lo sguardo nell'oscurità del crepuscolo.

«Che mascalzone!», esclamò indicando qualcosa in lontananza, poi fischiò. «Avanti rubacuori, è tardi! Datti una mossa!».

Inizialmente non capii a chi si stesse riferendo.

Sam e Bruna ci vennero incontro di gran carriera ma lei si avvicinò solo quando la chiamai, Sam invece andò dritto dal padrone a ricevere una buona razione di carezze.

«A quanto pare c'è una nuova coppia», sussurrai.

Mi scrutò con il suo mezzo sorriso appena accennato e mi avvolse le spalle con il braccio.

In passato aveva sempre cercato di mantenere una certo distacco. Mi piaceva quel nuovo modo di fare. Mi piaceva moltissimo.

Una volta giunti a destinazione, si rifermò.

«Cosa c'è?», chiesi.

«Credo che abbiamo visite».

«Chi?». Solo allora notai un cavallo baio che brucava indisturbato nel cortile. Tanto bastò per allarmarmi.

Si diresse ai gradini, poi urlò in direzione dell'ingresso:

«Vecchia volpe! Sei tu?».

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora