Capitolo 6. Segreto

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Sapevo che presto avrebbe parlato.

«Inizialmente avevo occhi ma non guardavo, orecchie ma non udivo, un cuore ma non sentivo. Non mi rendevo conto della bellezza struggente di queste terre. Poi ho cominciato ad osservarla, ad amarla. Ora vedo il mondo in modo diverso».

Indugiai sulla sua voce, persa nei miei pensieri.

«Ti sei mai soffermata a guardare le nuvole?». Indicò lo spicchio di cielo semicoperto sopra di noi. «A guardarle veramente. O ad ammirare un'alba? Sembra proprio di essere arrivati in Paradiso, eh? C'è una pace, una tranquillità... un senso di benessere unico. Mi capisci?».

Ammirare albe e tramonti era la mia specialità.

«Sì».

«Ci credi che prima non l'avevo notato? O forse me n'ero dimenticato...».

«Quello che mi dici è... triste».

«Venendo qui da una parte sono morto, dall'altra rinato. Ma non mi sono mai sentito davvero vivo, né prima né dopo, fino a quando...».

«A quando...?».

«Fino a quando sei arrivata tu».

Mi mozzò il respiro.

«Non ero così sdolcinato», borbottò, poi sbuffò. «È colpa tua, ricordalo».

Ridacchiammo.

«Ma è la verità». Il tono era tornato serio. «Non posso non dirtelo». Mi baciò ancora la fronte.

«E io che pensavo ti rattristassero», scherzai a corto di fiato.

«I tramonti?».

Annuii e sul suo volto lessi improvvisamente un dolore che mi sconcertò.

«Il giorno più...».

«Aspetta», lo interruppi. «Non sei costretto. Se ci sono cose di cui non vuoi parlare, va bene».

Mi scrutò. «Non l'ho mai detto a nessuno. In realtà non è niente di che, è solo... un ricordo che mi è particolarmente caro».

Attesi che proseguisse.

«Il giorno più bello della mia vita è stato quando mio padre mi portò al mare. Mia madre non poté raggiungerci subito e restammo da soli per tutta la mattina. Ci divertimmo un sacco. Mi insegnò a pescare... ma insistevo per ributtare in acqua tutti i pesci quindi alla fine rinunciò», ridacchiò. «Così ci mettemmo a fare un grande castello di sabbia e scavammo una buca che allora mi era parsa gigantesca, vicino alla riva».

Il sorriso si allargò ma gli occhi rimasero terribilmente mesti.

«Continuammo a giocare anche insieme a mia madre. Poi, prima di andarcene, lui mi raccontò del raggio verde. Attendemmo a lungo, invano. Ma lui mi aveva assicurato che esisteva; un giorno era riuscito a vederlo con mio nonno. Aspettammo talmente tanto che prendemmo una brontolata da mamma. In seguito ci ridemmo su». Ridacchiò di nuovo. «Papà non lavorò nemmeno a casa quella volta. Un evento più unico che raro...».

Ecco cos'era la tristezza che intuii ai pascoli del bestiame, mentre contemplavamo la maestosità del tramonto screziato. Adesso potevo comprendere. Capii cosa avesse dovuto significare per lui confidarmi e rivivere tutto ciò, magari ripetendomi le stesse parole di suo padre.

«Grazie».

«Di che cosa?».

«Per avermelo detto».

Sospirò. «Il giorno più bello della mia vita... prima che arrivassi tu».

«Smettila per favore», sussurrai emozionata, nascondendomi nel suo abbraccio. Ci stringemmo forte, felici di essere insieme. In questo caso non c'era bisogno di parole. Rimanemmo in piacevole silenzio.

Mi domandai se mi avrebbe mai chiesto di sposarlo.

Avrei potuto unirmi in matrimonio con un uomo del futuro, con una storia del genere alle spalle?

Sollevai il viso e i nostri sguardi si incontrarono dolcemente.

Sì.

Fintanto che fosse stato lui, avrei potuto accettarlo.

«Però non mi hai ancora detto come hai fatto a diventare Conte».

«Vero. Mi sono distratto, scusa».

Le dita ripresero a scorrere sulla mia pelle con un fruscio quasi impercettibile, leggerissime.

«La spiegazione si sta facendo un po' lunga», commentò.

«Ti stai annoiando?».

«No. Tu?».

E come potrei tra le tue braccia?

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora