Capitolo 38. Infernum

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«NON CEDETE!», urlo a squarciagola nella calca.

«Non cedete!».

Signore, aiutaci!

Il rumore di metallo, nitriti, grida, è assordante. Eppure il cuore mi martella talmente veloce e forte nel petto da sovrastare quasi il resto. Tutto è così rapido nel marasma e nello sforzo disumano che mi rimane difficile vedere nitidamente mentre continuiamo a contrastare le poderose cariche della cavalleria. Sangue e sudore mi colano sugli occhi annebbiandomi ulteriormente la vista mentre le cotte di maglia e le lame scintillano al sole. Un contraccolpo mi ha fatto volare via l'elmo ma non posso andarlo a cercare, in ogni caso non lo troverei in questo inferno.

Le lance scagliate dai cavalieri ci piombano addosso, colpendo alcuni compagni sfortunati a non più di qualche passo da me.

A un certo punto dalle prime file sono stato spinto indietro e altri hanno preso il mio posto. Sono comunque abbastanza vicino da vedere la violenza che lì in particolare viene consumata. I nostri picchieri tentano di disarcionare la fiumana di avversari: è l'unico modo, anche se molti animali cadono insieme ai cavalieri e le pesanti armature su di loro, schiacciandoli.

Con tutte le forze cerchiamo di mantenerci in equilibrio, calpestando la moltitudine di feriti o morti. Non c'è modo di soccorrerli. La moria inaudita ha raggiunto un livello così alto che probabilmente può essere scorta fin dalle ultime postazioni retrostanti, la pressione – esercitata da ambedue gli schieramenti l'uno contro l'altro – è micidiale.

Lotto per resistere ai potenti e ripetuti impatti, pregando – tra le altre cose – che la mia picca non si spezzi. Ho i piedi piantati nel fango e scivolerei certamente all'indietro se non fosse per la nostra formazione compatta. Ognuno è importante. Stiamo resistendo, per il momento, anche se non so per quanto ancora sia possibile.

Cerco di farmi forza insieme ai soldati a me vicini: molti li conosco. Ho perso troppi uomini coraggiosi sotto il mio comando. Molti sono caduti davanti agli occhi. Molti erano amici. Ma non c'è tempo per piangerli.

D'un tratto mi accorgo che, in lontananza, un ragguardevole drappello di arcieri – ad occhio un migliaio – si è appena staccato dalla retroguardia inglese rimasta estranea alla battaglia e avanza verso sinistra, sul lato scoperto del nostro skiltron.

Un brivido gelido mi attraversa da capo a piedi.

«Uilleam!». È da un po' che l'ho perso di vista. Sono consapevole che sia praticamente impossibile trovarlo ma non mi arrendo. Stringo i denti, pregando che sia ancora vivo.

Mi guardo attorno e continuo a chiamarlo, sperando di scorgerlo in quell'eccidio terribile.

«Uilleam!».

«Phil!».

Mi volto verso destra e, a fatica, vedo il suo elmo logoro. È abbastanza vicino.

Dio, sono così felice di rivederlo vivo! Riusciamo a raggiungerci per miracolo e indico a stento il drappello. Gli skiltron – sebbene efficaci nei confronti della cavalleria – nulla possono con l'arcieria, in particolar modo contro i formidabili arcieri gallesi. Lo sappiamo entrambi.

«Ci massacreranno!», urlo affinché mi senta in quella procella. «Dov'è la nostra cavalleria!? Deve intervenire subito!».

«Sta arrivando!».

«Non sta arrivando! Nessuno sta venendo in nostro soccorso! Hanno il controllo di tutta la collina, maledizione!».

«Ho dato l'ordine! Ho dato l'ordine!».

«E DOV'È!?».

Una nuova ondata ci investe, mozzandomi il fiato, sollevandoci letteralmente da terra fino a farci indietreggiare di una decina di piedi. Piantiamo i talloni al suolo, facendoci forza l'un l'altro.

«Spingere!», ordina Uilleam e così faccio io.

«Spingere!».

Da tutta la formazione si leva un unico grido, feroce e costante:

«SPINGERE!».

La pressione aumenta ancora, schiacciante, ma non possiamo cedere. «Spingere!».

All'improvviso realizzo che una lancia sta venendo verso di me.

Sono esattamente nella sua traiettoria, inerme.

Il tempo sembra rallentare.

Sto per morire.

Ma senza nessun preavviso si sposta verso l'alto, probabilmente deviata da qualche elmo o picca che non ho notato, risparmiandomi la vita. Uilleam, al mio fianco, urla.

Un'altra lancia non ha avuto la stessa indulgenza con lui, trafiggendolo.

Impreco a denti stretti. Non posso aiutarlo, a malapena riesco a muovermi.

Con un ruggito riesce a estrarla dalla spalla ed è subito presa dai nostri commilitoni e rispedita ai legittimi proprietari.

Per Dio, quanto sanguina! 

Oltre il tempo - Parte seconda - Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora