Anche i detective possono uccidere?

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L'agente dell'FBI e la bambina erano appena entrati nell'ufficio dell'uomo quando un breve suono acuto, proveniente dalla tasca dei jeans di lui, attirò la loro attenzione.

L'uomo prese l'apparecchio telefonico e lesse velocemente il messaggio che apparve sul display, subito dopo chiuse il telefono di botto, imprecando.

«Questa non ci voleva...» disse in un sussurro, che però, la bambina, sentì comunque.

«Che succede?» chiese Ai, tra il curioso e il preoccupato.

«Succede che siamo in ritardo sulla tabella di marcia e se gli altri non arrivano il tempo rischiamo la strage.» rispose freddamente lui, poggiando il cellulare sulla scrivania del suo ufficio.

Passarono pochissimi secondi da quella frase che una voce, echeggiò dall'altoparlante posto sulla scrivania, proprio di fianco al telefono appena appoggiato.

«Gli agenti Starling, Black e Camel sono arrivati.» disse.

«Falli salire!» rispose lui premendo un tasto nell'apparecchio in modo che la donna dall'altra parte sentisse.


Il treno sfrecciava veloce, eppure al giovane detective dell'Ovest sembrava ancora troppo lento.

Non aveva più tentato di chiamare il suo amico di Tokyo, sapeva che se ne avesse avuto la possibilità l'avrebbe richiamato lui. Ciò voleva dire che era davvero nei guai.

Stava seduto in uno dei tanti posti del treno, fissando il paesaggio dal finestrino e continuando a battere nervosamente il piede per terra.

Ad un certo punto si avvicinò a lui un bambino, di appena quattro anni.

«Perché sei triste?» chiese, facendolo voltare di scatto, era biondo e con due profondi occhi di un verde brillante.

«Non sono triste, piccolo, sono solo preoccupato per un amico.» gli rispose.

«È nei guai?» chiese il bambino sempre più curioso.

«In realtà non lo so, e spero proprio di no, ma lui si caccia spesso nei guai.»

«Vedrai che riuscirai ad aiutarlo...» lo rassicurò, con un sorrisone.

Heiji ricambiò il sorriso, poi si tolse il cappellino e glielo mise in testa. Gli stava larghissimo e gli scivolò subito sugli occhi.

La manina del biondo prese la visiera e se la sollevo in modo che potesse vederci di nuovo.

«Perché me lo regali?»

«Perché se tutto andrà bene come dici tu, ne comprerò uno nuovo.»

«Grazie mille!» disse il bambino entusiasta togliendoselo un attimo dalla testa e guardandolo da vicino.

Era ormai vecchio e usato, eppure a lui piaceva ancora di più perché sapeva di vissuto.


Shinichi e Ran camminarono per molto tempo, almeno una decina di minuti, quel vicolo completamente buio era illuminato solo dall'orologio a torcia che lui aveva al polso.

Poi finalmente videro l'uscita. Di fronte a loro si presentò un muro, senza altri sbocchi e una piccola fessura luminosa e verticale, grande quanto una mano. Shinichi infatti spense la torcia e vi infilò le dita per poi tirare verso di se. Il muro era più sottile e fungeva da porta.

Sbucarono proprio vicino alle porte dell'ascensore. Shinichi aveva aperto solo di poco la porta sporgendosi, per controllare che il corridoio fosse completamente libero, solo a quel punto la aprì del tutto e fece segno a Ran di seguirlo, sebbene la tenesse ancora per mano, quindi era ovvio che gli sarebbe rimasta affianco.

Kokoro no uragiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora