Dolori e bugie

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La mora venne caricata su uno dei camion blindati, come tutti gli altri suoi sottoposti.

Appena entrò, arrampicandosi dalla rampa in metallo, incrociò subito lo sguardo dell'unica persona che era rimasta vicino a lei fino alla fine. Rimase quasi stupita da quello sguardo. Non era per niente triste o rassegnato, o dispiaciuto. Anzi sorrideva. Sorrideva in modo rassicurante e orgoglioso. Come se le volesse dire che aveva fatto il massimo e lui lo sapeva, come se quella ferita che le bruciava sul fianco fosse il segno della sua estenuante battaglia che aveva portato avanti per anni.

Sì perché quel ragazzo, anche se era arrivato nell'organizzazione solo da qualche mese era l'unico che aveva capito la fatica che aveva impiegato a fondare tutto quello che adesso aveva perso. Era l'unico che aveva capito a quanto aveva dovuto rinunciare. Alla sua famiglia che aveva ucciso dopo che si erano opposti alla sua decisione, alla sua migliore amica che gli aveva voltato le spalle, a suo marito che scoperto il suo segreto aveva cercato di avvisare la polizia e che dovette far tacere per sempre.

Quel sorriso era rassicurante. Ikuto le stava dicendo che lui non se ne sarebbe andato mai. Che dovunque gli agenti dell'FBI li stessero portando per pagare la loro pena, lui le sarebbe stato vicino.

Così con le mani ammanettate si avvicinò a quel bellissimo ragazzo biondo, dagli occhi castano chiaro, per poi chinarsi davanti a lui e baciarlo sulle labbra ferite. Dimostrandogli la sua gratitudine.

Poco dopo i camion partirono, l'uno dopo l'altro.


Heiji, Shiho e i tre bambini si erano seduti nella sala d'attesa all'ingresso dell'ospedale, aspettando che si sapesse qualcosa dei due ragazzi che erano entrati da poco in sala operatoria e di Ran che avrebbe dovuto finire le visite di controllo a momenti.

Mentre ancora aspettavano ecco che arrivò Sonoko tutta trafelata. La prima ad accorgersene fu Shiho, che diede una gomitata al ragazzo del Kansai.

«Oh accidenti... Non dirmi che bisogna raccontarle tutto...!?» si lamentò il ragazzo.

«Sì! - rispose lei - E ti conviene farlo prima che Ran torni qui.»

«Cosa?! Perché dovrei farlo io?» chiese con un tono tra lo scocciato e lo stupito.

«Perché fino a prova contraria lei non mi conosce.» puntualizzò col suo solito tono freddo la scienziata.

Il ragazzo sbuffò e si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la ragazza dai capelli a caschetto biondi.

«Ehi Sonoko...!» disse chiamandola e agitando la mano in modo da farsi vedere.

La ragazza vedendo una faccia amica corse subito nella direzione del detective di Osaka.

«Ran sta bene?» fu la sua prima domanda.

«Sì, lei sta bene... Sta facendo delle visite di controllo, ma non ha riportato nessuna ferita.»

«Oh meno male.» sospirò più tranquilla.

«Già... Però... Prima che torni... Dovremmo parlare...» disse Heiji con tono nervoso.


Ran tornò alla sala d'attesa all'ingresso mentre Sonoko ed Heiji stavano ancora parlando.

La mora si avvicinò a Shiho e si sedette di fianco a lei. Aveva un grosso cerotto sul braccio sinistro, e guardava in direzione della sua amica.

«Heiji le sta raccontando cosa ti è successo.» le disse Shiho, senza neanche aver bisogno che lei chiedesse nulla.

Calò di nuovo il silenzio nel gruppo e, anche quando Sonoko ed Heiji tornarono ai posti, ci fu solo un leggero saluto tra le due amiche, poi più nulla.

Kokoro no uragiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora