Un ammiratore invadente

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«Tooru aprì la porta nera con il suo nome in codice scritto sopra in bianco, per poi chiudersela alle spalle.

Gli era davvero mancato quel luogo. Il suo ufficio era l'unico posto in cui sembrava poter abbandonare tutte le sue difese e i suoi problemi e rilassarsi.

Si avvicinò alla scrivania e allungò la mano verso la ciotola di metallo che conteneva centinaia di caramelle di ogni tipo. Ne afferrò una con la carta azzurra, la scartò e se la infilò in bocca assaporando il pungente sapore della menta forte che subito gli rinfrescava tutta la bocca. Poi buttò la carta nel cestino di fianco alla scrivania e si sedette su una delle poltrone in pelle nera, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi.

La tranquillità però non durò a lungo.

Era da pochi minuti seduto, quando qualcuno busso alla porta.

«È aperto!» disse un po' scocciato.

Sulla soglia apparve lei. Come ogni volta che la vedeva e non si aspettava la sua presenza il suo cuore perse un colpo.

Quel corpo sinuoso, che parecchie volte aveva sognato di possedere nei suoi desideri più nascosti, era avvolto da un jeans scuro e da una camicetta nera sbottonata in modo da creare una scollatura vertiginosa.

Si alzò di scatto, come una reazione involontaria.

«Ve-Vermouth, che succede?» chiese nervosamente.

Lei per niente scossa da quella reazione si chiuse la porta alle spalle e si diresse tranquillamente all'altra poltrona. Appena fu arrivata, si sedette, accavallando le gambe e mettendosi comoda.

Il ragazzo la imitò, guardandola nervosamente.

«Tuo cugino sta esagerando.» disse lei.

Teneva gli occhi chiusi e come al solito la sua voce era sensuale e pacata, come se niente la potesse turbare.

«Me l'hai già detto per messaggio.» rispose lui sorridendo.

«Non è uno scherzo Bourbon, qui la cosa è seria. Se continua così rischiamo anche noi."

«Cosa intendi dire?» chiese di nuovo nervoso.

«Intendo dire che sa tutto, e se non lo sa, lo scoprirà presto.»

«Cosa vuol dire tutto?»

Ora era impallidito. Piccole goccioline di sudore scendevano lentamente sulla sua fronte, mentre sembrava che la saliva gli si fosse bloccata in gola per creare un grumo.

«Tutto! - rispose lei - Ogni singola cosa. Sul nostro conto e su quello dei ragazzi.» rispose.

Aveva sempre gli occhi chiusi e sebbene il ragazzo sapesse che la cosa turbava anche lei, sembrava sempre impassibile.

«Che cosa facciamo?» chiese lui sempre più nervoso.

«Tienilo d'occhio!»

Dopo aver detto quelle parole, la donna si alzò dalla poltrona e uscì dall'ufficio del giovane chiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo di nuovo solo.


Tenerlo d'occhio. Come se fosse stato facile. Quel ragazzo sembrava essere più sfuggente dell'acqua.

Quell'acqua che ora stava cadendo fitta dal cielo grigio e lugubre. Quell'acqua che gli stava bagnando la camicia a maniche corte, che gli si appiccicava sul corpo abbronzato, e i capelli biondi.

Arrivò all'agenzia Mouri bagnato fradicio.

«Mio dio, ragazzo! Sei zuppo!» disse Kogoro, che stranamente non era ubriaco, alzandosi di botto.

Kokoro no uragiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora