Un uomo terribile

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Il puntino giallo segnato sugli occhiali continuava a lampeggiare e man mano che il taxi su cui era seduto il ragazzo andava avanti, questo si spostava verso il centro.

Strinse forte i pungi, se solo quei maledetti bastardi le avessero torto un solo capello, li avrebbe uccisi con le sue mani.

Poi incitò il tassista ad andare più veloce.


La ragazza, ancora mezza intontita dal sonnifero, aprì gli occhi.

All'inizio i contorni erano offuscati, poi pian piano iniziarono a prendere forma.

Si trovava in una saletta completamente spoglia di ogni genere di arredamento. Le pareti erano di un rassicurante color crema. Eppure questo sembrava non darle conforto.

Sentiva freddo, un gelo che entrava nelle vene e ghiacciava il sangue. Poi capì in che situazione si trovava e fu presa dal panico.

I suoi polsi erano bloccati da spesse catene che pendevano dal soffitto e toccava il pavimento solo con la punta dei piedi. Il freddo che sentiva era perché era completamente nuda.

Puntò i piedi e presa dalla disperazione cominciò a dimenarsi inutilmente facendo muovere le catene.

Tutt'a un tratto si fermò. Qualcuno l'aveva afferrata da dietro e aveva fermato i suoi movimenti disperati.

«Finalmente ti sei svegliata...» disse quell'inconfondibile voce glaciale.

Poi una mano scura salì dal fianco sul suo seno iniziando a palparlo senza indugi.

«Quanto mi è mancato il tuo corpo...» sussurrò all'orecchio della ragazza, facendola rabbrividire.

«Ikuto, lasciami... Ti prego...» disse lei cercando di scostarsi, inutilmente, da quelle effusioni.

«Oh, ma io non posso mia cara Ran... Tu dovrai rimanere qui! Almeno fino a che il tuo valoroso cavaliere non verrà a prenderti... - disse per poi iniziare a baciarle il collo - E poi... quando... sarà... qui... vi ritroverete... all'altro mondo...» continuò tra un bacio e l'altro.


La donna era seduta nella poltrona del suo ufficio. Il suo piede destro, infilato in un elegante décolleté nera, batteva nervoso sul pavimento.

Ad un tratto il cellulare sul tavolino di fianco a lei squillò. Lo afferrò, premette il tasto per rispondere senza leggere il nome sul display e, avvicinandoselo all'orecchio, rispose.

«Pronto?»

«Dove diavolo sei? Quella persona sta arrivando con la sua limousine e tu dovresti andare a prenderla.» la rimproverò Gin dall'altro capo del telefono.

«E perché non ci va Assenzio? In fondo ora è lui il suo preferito...»

«Sciocca, sai benissimo che lui in questo momento ha da fare! Alza il culo dalla poltrona del tuo ufficio e muoviti!»

La donna sbuffò, chiuse la chiamata e si alzò, per poi uscire dall'ufficio.

Ancora il silenzio regnava nei corridoio di quell'edificio. Forse il ragazzo non aveva ancora cominciato seriamente con la sua prigioniera. L'ansia le attanagliò il petto al pensiero di quel viso dolce e grazioso, della sua piccola Angel, straziato dal dolore e dalla vergogna che avrebbe presto provato, nel momento in cui lui avrebbe abusato del suo corpo.

Si diresse verso l'ascensore e aspettò che le porte si aprissero, poi entrò dentro e premette il pulsante del piano in cui si trovava l'edificio abbandonato.

In pochi secondi le lastre di metallo si riaprirono mostrando quello stanzone pieno di erbacce e sporcizia.

La donna uscì dall'ascensore con tutta la sua eleganza, e si mise all'uscio della porta di quell'edificio aspettando la limousine nera venire da ovest.

Kokoro no uragiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora