Eroe

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La donna era seduta sulla sua sedia bianca e stava scrivendo qualcosa al computer, quando la solita bambina dai capelli ramati e lo zainetto arancione comparve con la mano tesa per restituirle la tessera magnetica del laboratorio. Lei la prese e solo quando la tessera fu nella sua mano, la bambina parlò.

«Crede sia possibile farmi tornare a casa? So che per motivi di sicurezza dovrei rimanere qui, ma se magari incaricaste qualcuno di farmi da scorta. Ho davvero voglia di riposarmi nel mio letto.»

«Sì piccola, ti capisco. - rispose la donna con un dolce sorriso, probabilmente Akai non aveva raccontato a nessun sottoposto la verità sulla sua età o su chi era veramente - Ora vedo cosa si può fare.» dopodiché prese il telefono e digitò un numero.


«Bene, - disse Jodie - è passata la mezz'ora, è il turno del tuo gruppo Camel.»

L'uomo nerboruto fece un cenno di testa e premette il tasto dell'ascensore, che si aprì subito mostrando il suo interno ampio. Con tono autoritario incitò il suo gruppo di agenti ad entrare.

Il loro compito era di dare manforte alla squadra di Akai. In modo che al massimo nel giro di un paio di ore, avessero immobilizzato tutti, così che la squadra di Jodie potesse poi portarli nei camion blindati. Nel giro di un paio d'ore avrebbero posto la parola fine a quell'organizzazione che aveva fatto il bello e il cattivo tempo su quasi tutta la malavita mondiale per troppo tempo.

Pochissimo tempo dopo erano già fuori dall'ascensore, con le pistole in mano e gli scudi pronti, avanzavano per il corridoio già percorso precedentemente dai loro colleghi.


Kazuha era appena rientrata a casa.

Appena confessati, finalmente, i suoi sentimenti ad Heiji, aveva chiuso la chiamata, imbarazzata. Subito dopo la domestica di casa Hattori arrivò con un bicchiere di aranciata e lei con un leggero grazie lo afferrò e lo bevve tutto d'un sorso, come se quel liquido freddo potesse spegnere quel calore che sentiva alle guance. Dopodiché scappò via da quella casa.

Ora che era arrivata a casa l'imbarazzo era sparito del tutto. Era davvero inutile essere imbarazzati per una cosa del genere, quando non sapeva nemmeno se Heiji sarebbe ritornato.

Lanciò la borsa in un angolo della stanza e si buttò sul letto. Si sentiva inutile. Avrebbe voluto sapere cosa succedeva a Tokyo, se Ran stava bene, se Shinichi era riuscito a salvarla, se Heiji li avesse raggiunti, se avessero già chiamato la polizia, se qualcuno già sapeva della morte di Kogoro. Più tempo passava, più domande inondavano la sua mente e la cosa terribile era che non aveva nessuna risposta certa a quelle domande, oltre a nessuna soluzione per sentirsi utile. Poteva solo rimanere lì e pregare, sperando che in qualche modo si salvassero tutti.

Allungò il braccio al comodino e aprì il cassetto, tirando fuori il suo portafortuna. Aprì il sacchettino viola e rosa e tirò fuori le due foto che vi erano all'interno. Quando era successo quello scambio di portafortuna col ragazzo che aveva scarabocchiato la foto di Heiji, lei l'aveva cambiata, mettendone una nuova, ed aggiungendone una di Ran.

In quel portafortuna c'era tutta la sua vita. Il ragazzo che amava e la sua migliore amica. Guardò con un'intensità profonda quelle due foto, come se volesse cercare di mandare il suo pensiero positivo a loro due in modo che stessero bene.

Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si era accorta che uscendo le due foto dal sacchetto di stoffa si era tagliata il pollice con un lato della carta. Se ne rese conto solo qualche secondo dopo, quando il dolore la risvegliò dai suoi pensieri ed una macchia rossa proveniente dal suo dito comparì sulla foto di Heiji, come un oscuro presagio.

Kokoro no uragiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora