14) Let Her Go!

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14) Let Her Go!

21/03/2015

Erano passati esattamente 10 giorni dal mio ritorno in America. Daniel? Non ho avuto più sue notizie. E sinceramente? Neanche mi interessava riceverle. Si era comportato male, e se sbagli con me non riesco a superarla tanto facilmente.

A scuola andava tutto come al Solito, solo che ho avuto qualche litigio con Bella, per via di Daniel. Era così strana questa cosa: lui c'era, era sempre presente nella mia vita, anche quando, effettivamente, non c'era.

Inoltre, Tess mi aveva aiutato a trovare un lavoro, per distrarmi, diceva lei. Ero diventata la miglior venditrice di gelato.

"Mia ti dispiace se mi assento qualche minuto?" Mi chiede dolcemente Demi, la mia collega di turno. Ha più o meno l'età di mia sorella, ed in effetti è una sua grande amica, ed è molto simpatica.
"C'è Mark che mi sta ammazzando di chiamate."

Mark è il suo fidanzato, ed è esageratamente geloso.

"Vai pure, non sia mai." Dico ridacchiando e alzando le mani in difesa, facendola sorridere.

"Tieni d'occhio il locale." Mi raccomanda.

"Dato la grande confusione che abbiamo, non potrò distrarmi neanche un minuto." Dico ironica. Appena esce prendo la scopa e inizio a levare la sporcizia da per terra, combinata da un bambino di quattro anni, super odiato da me e Demi. Nel frattempo eseguo qualche passo di danza, canticchiando "Let Her Go" dei Passenger che proprio in quel momento sta passando alla piccola radio che io e Demi abbiamo comprato per tenerci compagnia nei turni di lavoro più noiosi. Mi muovo a ritmo di musica, immaginando una grande platea di fronte a me, il pubblico che applaude ad ogni mio movimento ed io sempre più emozionata che li guardo sorridendo. Salto intorno alla scopa e fingo sia il mio cavaliere, il mio principe azzurro, il mio compagno di vita. Continuo a canticchiare fino a quando non sento alle campanelle della porta d'ingresso suonare, segno dell'arrivo di qualcuno. Mi volto all'istante e quando lo vedo, lascio cadere la scopa per terra mentre mi sistemo il grembiule e la crocchia disordinata sulla mia testa.

"Ciao." Dice lui ridacchiando.

"Buongiorno, posso aiutarla?" Chiedo formale, ritornando dietro il bancone.

"Non credevo fossi così brava a ballare." Dice sorpreso.

"Vuole un gelato? La prego di non farmi perdere tempo." Dico fredda.

"Si scusami." Dice tossendo leggermente, più per l'imbarazzo che per un vero colpo di tosse.
"Puoi darmi del tu, come sempre Mia."

"Sto lavorando." Dico fredda.
"Daniel vuoi del gelato?" Ripeto.

"Si, per favore due coni." Dice sorridendo.

"Dimmi i gusti."

"Uno cioccolato e panna." Inizia.
"L'altro, consigliami tu."

"Daniel.." lo avverto di star superando il limite della mia pazienza. Non solo sta comprando quasi sicuramente un gelato per Bella, in più devo scegliere anche il gusto.

"Solo... scegli." Dice sorridendo timidamente.

"A me piace il pistacchio." Dico accontentandolo.

"Pistacchio sia." Dice festeggiando. Li mi scappa una risata per il suo tono buffo, e mi do uno schiaffo mentale dopo aver visto il suo sguardo vittorioso.

"Ce l'ho fatta a farti ridere." Dice sorridendo dolcemente.

"Si si, certo." Dico.
"Tieni quello al cioccolato." Gli passo il primo cono.

"È davvero buono." Mi sorride.

"Tieni il secondo." Glielo passo, ma lui non mi porge la mano come al primo.

"È tuo." E solo dopo capisco.
"Solo cinque minuti."

"Daniel sto lavorando." Dico con ancora il cono in mano.

"Cinque minuti." Ribadisce. Guardo l'ora e alla fine accetto.

"Cinque minuti." Ripeto.

"Perfetto." Dice sorridendo.

"Però ci stiamo ai tavolini qui fuori." Dico severa. Lui annuisce e ci sediamo proprio sul posto ordinato da me.

"Volevo scusarmi." Dice schietto.
"Sono stato un coglione."

"L'hai capito, Mmh molto bene." Dico ironica.

"Non parlo del viaggio, cioè si pure, ma mi volevo scusare principalmente perché non mi sono fatto sentire, ed io, anche se non sembra, tengo alla nostra amicizia." Dice con sguardo sincero.

"Dieci giorni, Daniel, dieci. E tu non hai trovato neanche un secondo per me." Abbasso la testa sul gelato e osservo i granelli del pistacchio come se fossero la cosa più interessante al mondo.

"L'undicesimo giorno è quello giusto." Dice ironico, mentre io sbuffo alzandomi, ma vengo subito fermata dalle sue braccia facendomi cadere il cono per terra.
"Scusami, te lo ricompro."

"No no, neanche mi piace il pistacchio." Dico sbuffando.

"E perché prima hai detto di sì?" Chiede confuso.

"Credevo che il cono fosse per Bella, e volevo dargli il gusto più brutto." Dico ridacchiando.

"Bella? Non l'avrei mai fatto." Dice sconvolto.

"Ma se stai sempre con lei." Lo accuso.

"Ci sto perché è un ottimo passatempo, ma niente di più." Dice lui sincero, o almeno credo.

"Sarà.." Dico titubante.

"Cosa posso fare per farmi perdonare?" Chiede dolcemente.
"Vorrei davvero farmi perdonare da te."

"È strano." Dico pensierosa, appoggiandomi alla porta d'ingresso.
"Tu hai due facce. Una Quando stai con i tuoi amici e una Quando sei da solo con me."

"No."

"Si."

"No, Amelia."

"Ti dico di sì." Rispondo severa.
"Non te ne rendi neanche conto."

"Dai troppo peso ai gesti." Dice lui.

"Perché con le parole sono bravi tutti." Rispondo, osservandolo per bene. Ogni suo movimento mi rivela i suoi pensieri. Daniel è facile da leggere, quanto a me sono la cosa più difficile al mondo.

"Cosa posso fare per farmi perdonare?" Decide a parlare dopo svariati minuti di silenzio, proprio quando sto per rientrare in negozio.

"Non lo so." Dico abbassando lo sguardo.
"Forse non voglio farlo." Entro dentro il negozio, ricevendo uno sbuffo da parte sua.

"Mi urti il sistema nervoso, Amelia." Dice entrando dentro insieme a me.

"Non sai quanto lo fai tu col mio, Daniel." Dico ritornando dietro al bancone.

"Usciamo." Chiede sorridendo.
"Dammi la possibilità di dimostrarti che alla fine non sono così stronzo come si può pensare."

"Hai avuto una possibilità ma l'hai sprecata." Dico guardandolo dritto negli occhi.

"Intendi il viaggio?" Chiede ed io annuisco.
"È stato solo l'ultimo giorno a rovinare tutto. Ma se ci pensi bene, abbiamo passato tre giorni meravigliosi."

"Il quarto però c'è stato, e non posso dimenticarlo." Dico rude.
"Adesso, per cortesia, va via."

"Ok, però ti devo dire un'ultima cosa." Dice lui.
"Emma e la sua Crew sono qui a Detroit per una gara, mi ha detto di darti il suo numero."

"Ok, ma non mi servirà." Dico decisa.

"Prova." Insiste lui.
"Sei un ottima ballerina, hanno bisogno di te."

"Non penso, ma ok." Dico vaga.
"Dammi il suo numero, ma non ti assicuro niente."

"Ecco tieni." Mi da un foglio con vari numeri di telefono.
"Spero ci andrai."

Lo spero anche io.

Childhood friend/ Daniel Sharman Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora