Capitolo 22

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Sarei rimasta per ore a farmi cullare dalle dolci parole di Harry, che mi aveva sussurrato per tutto il tempo al mio orecchio. Mi accarezzava con un senso di protezione, nel tentativo disperato di far cessare i miei singhiozzi.
Invece, ero sola sul mio letto, tra il freddo delle mie lenzuola, perché senza Harry vicino a me, tutto mi sembrava più vuoto e incompleto.
Ora lui sapeva tutto di me.
Mi ero messa allo scoperto.
Mi ero spogliata di ogni mia vergogna, di ogni mio velo. Ora mi conosceva per quella che ero.
Una ragazza semplice, innamorata dei libri, della poesia, della scrittura. Con un passato traumatico, che mi aveva segnata nel profondo, rendendomi la vita impossibile, e ora mi stava limitando anche nell'intraprendere nuove esperienze.
Ero questa.
Con le mie qualità, i miei difetti, le mie paure.
Ora avevo bisogno di lui. Avevo bisogno che lui trasformasse questo terrore in amore puro e sincero.
Perché se stavo finalmente tornando a vivere, era solo grazie a lui.

Nonostante non avessi chiuso ciglio quella notte, decisi comunque di alzarmi presto quella mattina, e di buttarmi, come d'abitudine, sotto la doccia bollente.
Era come se riuscissi a levarmi di dosso tutti i pensieri della notte precedente. Tutto ciò che mi aveva tormentato in quella notte insonne.

Erano quasi le nove di domenica mattina quando finii di asciugarmi.
Mi ero messa d'accordo con Louis che avremmo fatto colazione insieme, infatti poco dopo sentii suonare il campanello.
Ancora in accappatoio e con i capelli legati in una coda, per evitare di bagnarli, andai ad aprire la porta.
Louis era pronto davanti all'entrata, con un sacchetto tra le mani, che emanava un profumo piuttosto invitante di croissant al cioccolato, e un sorriso perfetto e smagliante, che in altre circostanze mi avrebbe sicuramente contagiato e messo di buon umore.
Mi aveva scritto prima di partire, infatti, di non preparare nulla che ci avrebbe pensato lui.
Prima di farsi avanti, mi mostrò entusiasta il sacchetto che aveva in mano.
"Servizio in camera" scherzò lui, entrando subito dopo in casa mia.
Io gli sorrisi. Un sorriso forzato.
Ma lui sembrò non farci caso.
Ancora non sapeva nulla, quindi probabilmente non lo aveva notato.
"Sono pronta fra cinque minuti, il tempo di vestirmi"
"Come se non ti conoscessi" disse di nuovo. Quella mattina Louis Tomlinson era in vena di scherzi.

Dopo essermi vestita, Louis si era già accomodato sulla sua solita sedia.
Quello era diventato il suo posto quando veniva qui.
Avevamo acceso la tv e lui aveva già iniziato a scartare la sua brioche, mentre io preparavo due tazze di caffè per entrambi.
Ero rimasta in silenzio per tutto il tempo, ma il ragazzo sembrava non darci troppo peso.
Non volevo coinvolgerlo di nuovo in questa storia, lui ne aveva già abbastanza dei suoi problemi per badare anche ai miei.
Mi sedetti a tavola, di fronte a lui, con le due tazze in mano, porgendo la sua al ragazzo.
Avevo appoggiato il mio cellulare sul tavolo, e lo presi in mano mentre rigiravo il cucchiaino nella tazza.
Avevo ricevuto qualche minuto prima un messaggio di Harry.

Come stai?
Spero che il tuo sia un buongiorno.
Ti ho pensato tutta la notte.

Io sorrisi teneramente al suo messaggio.
Harry era davvero premuroso.
Sembrava davvero che fosse interessato a me e alla mia felicità. Si interessava della mia giornata, se stavo bene o se stavo male.
Harry era tutto ciò che, da tanto tempo, stavo cercando.
Non volevo rovinare le cose anche con lui.

Potrebbe andare meglio.
Anche io ti ho pensato.
Grazie per tutto quello che fai per me.

Digitai la risposta sul display del mio cellulare, ma ero talmente assorta dai miei pensieri che non mi accorsi che il ragazzo mi aveva fatto una domanda.
"Tiffany, hai capito quello che ti ho chiesto?"
Io alzai di scatto lo sguardo sul ragazzo, posando il cellulare al suo posto.
"Cosa? Scusami, non ti stavo ascoltando" dissi io.
Louis mi guardò aggrottando la fronte.
Poi si portò la tazza alle labbra.
"È successo qualcosa? Non hai un bel aspetto questa mattina" chiese, dopo aver bevuto il suo caffè.
Io scossi la testa, avvolgendo la tazza con entrambe le mani.
Era ancora bollente, e le mie mani così fredde.
"È per Harry?" continuò, appoggiando una mano sul mio braccio.
Mi incitò a guardarlo.
Volevo dirgli che stavo bene. Che con lui era tutto ok. Ma evidentemente i miei occhi parlavano per me.
Io gli sorrisi, perché sapevo quanto lui mi volesse bene e che bastava una sguardo per fargli capire il mio reale stato d'animo.
Tra me e Louis era così. Non c'era bisogno di fare grandi giri di parole. Se uno stava male, l'altro lo percepiva anche solo da uno sguardo.
Alla fine mi appoggiai contro lo schienale della mia sedia e abbassai lo sguardo sul pavimento.
Poi annuii.
Lui sospirò innervosito.
"Che cosa ti ha fatto? Che stronzo, e io che pensavo fosse un ragazzo per bene"
"No Louis, non saltare a conclusioni affrettate" dissi subito, in sua difesa "Harry non mi ha fatto niente, anzi"
"E allora cosa?"
Io feci un respiro profondo, per prendere coraggio.
Feci mente locale di tutto quello che avevo da dire, ma con Louis era tutto diverso.
Era il mio migliore amico, ma mi vergognavo da morire a parlare di quelle cose. Infatti arrossii leggermente, prima di prendere a parlare.
"Io ed Harry.. insomma, noi volevamo.. eravamo in camera sua e stavamo.."
"Si ho capito dove vuoi arrivare... e?" disse lui, evitando di farmi entrare nei dettagli.
Gliene fui grata. Ma notai che anche lui si stava imbarazzando.
Parlarne con Ethel, la sera prima, era stato decisamente più semplice.
"E io non ce l'ho fatta Louis" dissi alla fine "l'ho respinto. L'ho allontanato da me.
Non so perché, te lo giuro.
Ero convinta di quello che stavo facendo.
A me Harry piace veramente, ed ero tranquilla.
Quando però ha iniziato a baciarmi... ad accarezzarmi... tutto mi è tornato in mente come dei flashback.
Il profumo di Harry mi sembrava il suo, le sue mani, i baci che ci stavamo scambiando... sono entrata nel panico.
Sono crollata. Crollata sotto di lui"
Louis mi stava ascoltando, mentre io cercavo con tutte le mie forze di reprimere le lacrime.
Non potevo piangere ancora. Ero stanca di sentirmi così debole e dipendente da questa mia paura.
"Sai cosa mi ha fatto stare male più di tutto?"
Lui scosse la testa.
"Che Harry, in un primo momento, aveva pensato che fosse lui il motivo per cui avevo reagito così" continuai, tenendo lo sguardo basso "Lui pensava di aver fatto qualcosa di sbagliato. Era stato male per me.
Quando mi sono risvegliata, lui era già sveglio e percepivo in ogni suo gesto e movimento il timore che io potessi respingerlo ancora.
Mi sono sentita così in colpa per questo..."
"Glielo hai detto?" mi chiese lui.
Io alzai lo sguardo sul suo.
E orgogliosa annuii.
"Si" sussurrai "era la cosa più giusta da fare"
Lui mi guardò sorridendo.
Si alzò dalla sua sedia e si sedette in quella affianco alla mia.
Poi si avvicinó, stringendomi forte fra le sue braccia.
"Hai fatto la cosa giusta, Tiff" sussurrò "sono orgoglioso di te".
Io ricambiai il suo braccio, sprofondando il viso nel suo collo.
"Ce la farai Tiffany" sussurrò fra i miei capelli "so che lui ti farà di nuovo tornare ad amare".

Harry

Ero seduto sul mio divano, con la mia chitarra fra le gambe, il plettro fra le dita.
Sul cuscino, avevo il mio taccuino e una penna, dove annotavo e scrivevo note e versi nuovi che mi venivano in mente, mentre cantavo liberamente.
E suonavo.
Dopo tanto, troppo tempo, finalmente stavo suonando solo per il gusto di farlo.
Perché stavo bene e mi sentivo vivo.
La mia vita stava lentamente cambiando.
Stavo tornando a dare un senso alla mia vita, a fare quello che mi piaceva.
E tutto questo era grazie a Tiffany. Tiffany mi stava riportando alla normalità.
Credeva in me più di quanto io credessi in me stesso.
Lei mi aveva rivelato un passato mostruoso.
Un segreto che chissà da quanto teneva chiuso dentro di sè, nel suo cuore. Quel cuore che meritava solo amore puro e sincero. E io non avrei mai voluto ferirla, per nulla al mondo.

Canticchiavo, a voce bassa, quasi in un sussurro, i nuovi versi che avevo scritto per la canzone, per sentire se suonavano bene. La canzone che stavo scrivendo, più andavo avanti, più parlavo di lei.
Cominciavo a pensare e a convincermi sempre di più che per tutto quel tempo non mi era mancata l'ispirazione per tornare a scrivere.
Mi serviva solo incontrare lei.

Liam era venuto a casa mia.
Era appena tornato dalla cucina, dove aveva preso una bottiglia di birra, poi si sedette sulla poltroncina al lato del divano, appoggiando i piedi scalzi sul tavolino.
Mi misi per un attimo il plettro tra le labbra. Liberai le mani e afferrai le penna per annotarmi un altro verso da aggiungere a quella canzone, che piano piano stava prendendo sempre di più un senso. Stava prendendo significato.

Liam mi stava guardando mentre scrivevo quelle frasi sulle pagine bianche, scarabocchiando, cancellando e riscrivendo.
Ero talmente preso dalla mia musica, che non mi accorgevo nemmeno di ciò che mi stava accadendo intorno.
"Ti ci voleva una ragazza per farti tornare a comporre?" disse lui, con un sorrisino malizioso e sghembo stampato sul viso.
Io aggrottai la fronte confuso da quella sua affermazione.
In realtà avevo capito benissimo cosa intendesse dire, stavo solo evitando che mi facesse altre domande riguardo a lei perché stava diventando il mio punto debole. Non reggevo più le emozioni quando si parlava di lei.
Lui rise.
"Parlavo di Tiffany"
"Si lo avevo capito" risposi, sorridendo imbarazzato.
Appoggiai la chitarra al mio fianco, e mi appoggiai allo schienale del divano.
Continuavo a sorridere.
Perché ero felice. Ero felice se pensavo a lei.
"Harry Styles, tu ti stai innamorando" disse Liam.
Io lo guardai dalla mia posizione.
E il mio viso si allargò in un enorme sorriso.
Mi stavo innamorando. Eccome se mi stavo innamorando.
Ormai c'era lei in ogni cosa che facevo.
Lei aveva stravolto la mia vita.
Aveva cercato di capirmi, di darmi di nuovo fiducia.
Mi aveva ridato la speranza, dopo aver toccato il fondo. Quando non riuscivo a risalire dal buio che mi stava letteralmente divorando.
"Canta i tuoi pezzi, Harry" disse poi lui.
Io mi voltai di nuovo verso di lui.
Nel frattempo si era acceso una sigaretta e se l'era portata alle labbra.
"Come?"
"Canta i tuoi pezzi, esibisciti con quelli"
"Non mi sembra il caso" risposi scuotendo la testa.
I miei testi erano qualcosa di così personale, erano qualcosa di mio.
Per me significava mettermi a nudo, esprimere ogni emozione, ogni sentimento. La sofferenza, l'amore, la passione, l'odio, la tristezza.
Voleva dire spogliarmi di ogni cosa.
L'unica che aveva mai sentito un mio pezzo era Tiffany.
Ma con lei era diverso.
Era stata lei a spogliarmi di ogni velo.
Lei mi era entrata dentro.
Lei aveva letto nella mia anima ancora prima che la facessi ascoltare un mio pezzo.
"Spaccheresti se ne cantassi solo un paio al venerdì sera" aggiunse, aspirando un altro tiro dalla sua sigaretta.
Io scossi la testa.
Non se ne parlava.
"Come vuoi" aggiunse lui, scuotendo le spalle "sei un testardo".
Io gli sorrisi.
Mi conosceva più di qualsiasi altro.
Dopo Tiffany, ovviamente.
Lei era parte integrante di me, adesso.

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