5.

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Era arrivata la notte, esattamente erano le 3. Avevo bene in mente il mio piano: per prima cosa dovevo rubare la chiave dello stanzino delle armi dalla camera di Lorenzo; facilissimo, quando dormiva era peggio di un sasso.

Mi misi i pantaloni di una tuta nera, la felpa dello stesso colore e idem le scarpe.
Mi alzai il cappuccio e mi misi la bandana sulla bocca, l'unica cosa scoperta erano gli occhi, infine mi misi i guanti per non lasciare le impronte digitali. Tutto pronto direi.

Entrai nella camera di Lorenzo, un fascio di luce, che proveniva dal corridoio, tagliò netto la camera. Portava quella chiave al collo, cosí tagliai la cordicella con il coltellino e me ne andai.
Entrai nello stanzino e anche qui ci fu il solito fascio di luce che attraversò la camera, e la cosa bella fu il fatto che illuminò proprio il baule che serviva.

Presi la cinta e me la misi attorno ai pantaloni, munizioni in un sacca e pistola nell'altra. Poi aprii il baule e presi un AK, ci misi il mirino, il puntatore laser, e il silenziatore, infine me lo misi sulla schiena. Presi il coltellino, che era l'arma che dovevo usare per l'omicidio e chiusi tutto a chiave.

Una cosa che dovevo ancora fare era mettermi le lenti a contatto, perchè se la polizia mi trovava e mi faceva delle foto da lontano l'unica cosa che si vedeva erano gli occhi. Quindi dovevo mettermi delle lenti a contatto scurrissime, infatti così feci.

Era tutto pronto, portai all'orecchio l'auricolare per parlare con Sabrina, e salii in groppa alla mia moto anch'essa nera.
-sabri ti ho mandato la posizione di casa della vittima, ce l'hai davanti?- sussurrai, ma lei mi sentí lo stesso, l'adrenalina  che avevo in corpo era qualcosa di indescrivibile, non avevo mai ucciso una persona anche se lo volevo fare da tempo.

Prima di partire, aspettai che arrivasse anche Sabrina e con la sua tuta attillata e completamente nera arrivò sventolando i suoi capelli.
-seria? I tacchi fanno rumore cretina!- dissi guardano i suoi tacchi alti e grandi.
Lei alzò gli occhi al cielo e dopo un'impennata, partimmo.

Arrivati davanti al portone, con il piede di porco di Sabri lo aprimmo e per aprire la porta del condominio usammo una delle sue forcine.

-io ti aspetto giù alla moto, sbrigati e cerca di non lasciare tracce.- annuii e iniziai a farmi strada nella casa.
Trovai la sua camera, per fortuna non l'avevo svegliata.
Le levai lentamente la coperta dal corpo e la guardai.
-dormi angioletto.- dissi prima di farlo. Fu un momento. Un secondo. Nessun grido, nessuna sirena. niente. Sono il rumore del sangue che gocciolava e del coltello che usciva dal suo corpo.

Niente, non respirava piú. E fu lí che capii di essere psicopatico: risi, guardando quella scena scoppiai a ridere silenziosamente e mi catapultai alla moto dove Sabrina mi stava aspettando.
Perchè ero felice? Me lo chiedete pure?
Non sei felice quando ti levi un peso dalla vita? Ah che liberazione.

E fu mentre stavamo scappando che le sirene del 118 si fecero sentire, ma della polizia neanche l'ombra. Eravamo sicuri?
Ce l'avevo fatta. Lo avevo fatto.
Per te Stefano.

Assassin|| Saschefano/Pietrenzo [finita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora