07. Una poesia rubata

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Ti amo. Ti odio. Mi piaci. Ti odio. Ti amo. Penso che tu sia stupido. Penso che tu sia un perdente. Penso che tu sia meraviglioso. Voglio essere con te. Non voglio stare con te. Io penso che la confusione sia iniziata nel momento in cui ti ho incontrato e mi hai stretto la mano.
Shannon L. Alder

***

Scendo al piano terra zoppicando a causa del male al piede ancora presente con Aiden che mi da sostegno per scendere le scale ed andiamo a fare colazione provando a comportarci in un modo più naturale possibile; il silenzio che regna nella nostra piccola e graziosa cucina è alquanto strano con due casinisti come me ed Aiden. Continuo ad agitare il cucchiaino all'interno della tazza, mescolando il latte caldo e cercando di raffreddarlo quando un colpo di tosse attira l'attenzione mia e di mio fratello. Ci giriamo nello stesso istante notando nostra madre appoggiata allo stipite della porta e nostro padre dietro di lei; ci guardano con una faccia interrogativa ed io guardo Aiden chiedendo aiuto.
<ragazzi, che succede?> chiede mia madre.
<non c'è la..> inizia Aiden, ma io lo blocco subito non volendo preoccupare i nostri genitori e decidendo così di mentire. <non c'è la nutella! È questo quello che voleva dire. Si, non c'è la nutella> dico io accennando un sorriso molto finto.
Aiden mi guarda e poi guarda i miei genitori e fa un cenno. I miei mi si avvicinano e mi abbracciano non dicendo nulla.
<non voglio iniziare discorsi in questo momento per il semplice fatto che ti vedo parecchio turbata e non vorrei peggiorare la situazione. Ora preparatevi per andare a scuola o farete tardi> dice mamma facendomi un timido sorriso e stringendomi leggermente la spalla in segno di conforto. Voglio troppo bene a mia madre, lei c'è sempre. Senza di lei non so che farei, non so che sarei; sarebbe impossibile vivere con la sua mancanza. Mi ha sempre aiutata e sostenuta in tutto e da quando è successo tutto quel casino con Lorenzo lei mi ha sempre aiutata cercando di strapparmi un sorriso in qualsiasi modo.
Si è fatto parecchio tardi così andiamo a cambiarci e appena siamo pronti partiamo.
Salgo nella moto di Aiden e metto il casco, devo ammettere che mi era mancato parecchio fare viaggi con la sua moto, il vento che fa muovere i capelli e l'adrenalina che ti fa provare la velocità. Questo mi ha sempre affascinato e può sembrare strana come cosa ma fin da piccola, il rischio e l'adrenalina sono sempre state cose che mi servivano, che dovevo assolutamente provare.

Arriviamo davanti al mio istituto ed io scendo togliendo il casco e porgendolo a mio fratello che dopo avermi fatto alcune raccomandazioni se ne va. Mi dirigo verso l'entrata e mi guardo attorno; quanto mi era mancato questo posto anche se sono passati solo tre giorni. Il grande ingresso mi si presenta davanti ed io entro lentamente e zoppicando un po' cercando il mio gruppetto quando finalmente vedo Giorgia in lontananza; mi viene in contro molto rapidamente e mi stringe in un caloroso abbraccio.
<quanto mi sei mancata Eleee> dice urlando un po' troppo; dopo poco arrivano tutte le altre e ammetto che mi sono mancate molto, poi arriva anche Sabatino ed iniziamo a parlare.
<ehi ragazza di prima!> una voce alle mie spalle si avvicina sempre di più così mi giro molto lentamente e trovo il ragazzo di quinta, quel bellissimo bad boy che ha cercato di fare il furbo per saltare verifica.
<ehii> dico io sorridendogli
<come stai? Anzi, il piede come sta?> chiede ridendo.
<bene bene> dico io e poi inizia un discorso che non finisce più.
Suona la campanella e noi ci salutiamo ma una domanda mi salta alla testa. Non so come si chiama, e non mi è nemmeno venuto in mente di chiederglielo; così mi giro e nello stesso istante lui fa la stessa cosa riavvicinandosi di poco.
<comunque, piacere, io sono Riccardo. Riccardo Leonardi> dice allungando la mano; io gliela stringo <piacere, Elena De Luca> dico sorridendo e lì ci salutiamo andando ognuno verso la propria classe.
<e così tu hai conosciuto un ragazzo di quinta> dice Sabatino curioso <che fatalità si chiama Riccardo> dice sottolineando il nome e guardando dietro di me.
<c'è lui vero?> chiedo iniziando ad andare in panico; ma prima che lui possa rispondermi mi giro e lo vedo, lui in tutta la sua bellezza appoggiato al muro mentre beve un caffè. In quella posizione è dannatamente sexy e proprio così, anche oggi, la mia testa non sarà presente durante le lezioni. E per questo ovviamente devo solo ringraziare questo dannato ragazzo che mi ha fatto perdere la testa non facendomi più capire nulla, lasciandomi quindi mille domande in testa.
Entro furiosa mente in classe e mi siedo nella sedia guardando fuori dalla finestra, perché deve farmi questo effetto?
Uno sguardo. Un solo sguardo. E tutto è andato a puttane. Mi è entrato in testa come un pezzo di radio. Come una canzone ascoltala talmente tante volte da averla sempre in mente. Ogni mattina, stessa canzone, stesso posto, tu e la tua fermata, e poi sali in corriera, mi guardi facendomi esasperare sempre di più e dio solo può sapere quanto.
Da quando lo conosco, anche se in modo indiretto, sono cambiata; è sempre nel mio pensiero e mi chiedo sempre come sarebbe averlo come amico, mi sembrerebbe troppo irreale per essere vero. Potrà sembrare esagerato quello che sto dicendo, per il semplice fatto che lui per me è solo un etraneo ma ogni singola cosa, esce dal mio cuore. È tutto quello che penso.
Ogni tanto, ma sempre più spesso, mi chiedo come sarebbe stare con lui, come sarebbe avere un rapporto con lui, poterlo abbracciare, potergli parlare. Ed è sempre presente, anche se non fisicamente ma mentalmente.
Le canzoni come "Havana" e "How long" che ascoltavo proprio nel periodo in cui l'ho visto le prime volte e nel momento in cui gli sono sbadatamente caduta addosso. I sogni, le ore di lezione in cui ero e sono praticamente assente perché lui, così com'è, mi ha fottuto la testa; persino mia mamma se ne è accorta...
Il non poter parlare, il non poter avere un rapporto con lui mi crea un nodo in gola che nemmeno piangendo riesco a slegare, che è sempre più stretto.
Ritorno con la testa a terra ed ascolto la lezione prendendo qualche appunto; alla prima ora italiano, e di cosa parliamo se non delle famose poesie che avremmo dovuto scrivere durante l'attività della settimana scorsa? La professoressa estrae dalla sua borsa un foglio tutto rovinato e piegato, guardo bene e capisco. Quello è il mio foglio, quello su cui ho iniziato a scrivere quella maledetta poesia sotto allo sguardo attento di Riccardo.
<un ragazzo di seconda ha visto una di voi ragazza gettare nel cestino questo foglio, ed essendo parecchio curioso l'ha preso ed ha letto, consegnandolo poi alla sottoscritta> mi guarda intensamente e scruta il foglio con uno sguardo adulatore <ora la leggerò> detto questo inizia a leggere ad alta voce e lo sguardo di Giorgia trova il mio mimando con le labbra un "mi dispiace".
Proprio nel mentre la professoressa sta leggendo bussano alla porta e la lettura viene interrotta per pochi secondi quando entra in classe lui, quel ragazzo che mi sta travolgendo le giornate.

5 ottobreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora