23. Come un automa

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Ripenso a quei momenti ma che senso ha?
Se parlo non mi senti resta tutto qua, sta notte il mio pensiero sarai solo tu.
In testa ho solo quest'immagine, che rivedo mentre perdo lacrime,
chissà se mentre guarderò il mio volto mi renderò conto che così non va, così non va.
E allora vieni poi resti accanto,
se poi mi giro non ci sei,
questi miei occhi sono pieni di te, di noi.
Provo a dimenticarti, so già che tanto cedo,
è inutile pensare quello che vedo, è astratto.
-Dany (Astratto)

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È fine gennaio e fuori si gela, la strada poco illuminata dai lampioni è leggermente coperta da un manto di neve e le macchine corrono lasciando i segni delle ruote in quel bianco e creando un miscuglio di acqua, ghiaccio e terra. Il cielo è di un blu intenso e sta calando il sole lasciando spazio al buio più totale; sono quasi le sette e sono fuori dalla biblioteca ad aspettare mia madre che doveva essere qui già un'ora fa.
Con il piede calcio un piccolo sassolino che rimbalza di qualche metro lasciando le varie impronte nella neve, le mie mani sono congelate e cerco di riscaldarle creando una piccola nuvoletta di fumo soffiandoci sopra.
In questo momento il tempo sembra non scorrere più ed essendo in ansia per il ritardo di mia madre decido di chiamarla; dopo qualche suono l'irritante voce robotica della segreteria risponde al suo posto informandomi del fatto che in quel posto non c'è campo.
«Al diavolo tutti!» scalcio una piccola montagnetta di neve inciampando ma riuscendo a rimanere in piedi. Le macchine che scorrono in questa strada secondaria sono sempre meno e visto il tardo orario decido di avviarmi verso casa a piedi nonostante la malavoglia.

Inizio a camminare stando nel marciapiede al lato della strada e mi guardo attorno alla ricerca di un viso conosciuto in modo tale da poter fare qualche chiacchiera e poter stare in compagnia durante il tragitto ma vista la mia sfortuna di oggi, che sta continuando a ingrandirsi momento dopo momento, non trovo nessuno.
Il suono ripetuto di un clacson mi fa tornare alla realtà e noto al lato della strada una macchina che corre a passo d'uomo; il conducente abbassa il finestrino ed inizia a fissarmi dalla testa ai piedi e nel frattempo gli altri membri all'interno della macchina fanno lo stesso «Ciao bella, vieni a fare un giretto con noi?»; avranno all'incirca venticinque anni e l'ansia sta iniziando a prendere il sopravvento, così all'improvviso inizio a correre senza pensare a dove andare e perdendo la cognizione del tempo e dello spazio. Nonostante io corra la macchina continua a seguirmi e lo fa per molto tempo, o almeno io penso sia così, i miei occhi hanno iniziato a lacrimare vista l'aria fredda che lì colpisce e non mi fermo fino a quando non mi scontro con qualcuno.

«O Gesù, scusami tanto. Io-io non volevo.» Non guardo la persona con cui mi sono scontrata, ma lancio uno sguardo se non di più alla strada per vedere se la macchina che mi seguiva è  nei paraggi, ma di essa non c'è traccia; caccio un sospiro di sollievo ed inizio a respirare pesantemente per la corsa fatta e il male alla milza mi fa piegare in due. Non sono per niente una ragazza sportiva e mi stanco molto rapidamente, preferisco di gran lunga il divano al tapirulan o alla corsa.
«Tutto bene?» questa voce già conosciuta mi fa ritornare con i piedi alla realtà e mi ricompongo in fretta girandomi verso il ragazzo, Riccardo.
«Oh certo. -Inspiro pesantemente e lo guardo negli occhi, quegli occhi verdi che per me sono diventati droga- Mi stavo semplicemente.. allenando. Sì, allenando.» Sorrido debolmente e mi gratto la nuca per l'imbarazzo. Guardo ogni suo minimo particolare ed ogni volta che ce l'ho vicino riesco a notare una diversa sfumatura in lui; le punte dei capelli sono più chiare della pianta e lo si può notare nonostante il capellino rosso di lana che indossa, la mascella scolpita è tesa e i suoi occhi verdi si incastrano con i miei alla perfezione.
Mi sorride debolmente toccandosi le piccole ciocche di capelli che escono dal copricapo e senza aggiungere nulla se ne va facendomi un cenno con la testa. Rimango immobile a guardarlo allontanarsi e dopo pochi passi si ferma girandosi completamente verso di me e facendo un gesto con la mano che mi invita a seguirlo; all'inizio rimango un po' sconvolta da questo ma alla fine decido di seguirlo.
Non appena lo affianco gira di poco la testa verso di me e mi guarda facendo un lieve sorriso e scuotendo la testa per poi continuare a guardare davanti a sé. Dalla tasca del giubbotto estrae un pacchetto di sigarette e ne prende una accendendola con abilità ed iniziando ad inspirare quel dannato fumo che solo male fa.
«Perché lo fai? -mi guarda sbieco forse non capendo a cosa io mi riferisca- Intendo, perché fumi?» In tutta risposta alza le spalle e e arriccia la bocca non guardandomi e portandosi dopo poco la sigaretta alle labbra.

«Potresti anche comunicare.» Borbotto forse un po' troppo forte, visto che lui sbuffa e continua a camminare ma accelerando il passo.
«E insomma, puoi rallentare un po'? -si gira verso di me e ci fermiamo per qualche secondo- Ma lo capisci l'italiano? Riesci a parlare o ti hanno mangiato la lingua?!» Sto iniziando ad alterarmi per il suo comportamento, è peggio di un bambino.
«Voglio semplicemente accompagnarti a casa per evitare che tu venga stuprata, sai, non mi piacerebbe molto sentirmi insultare dai miei genitori se succedesse e sapessero che ti ho lasciata andare fino a casa tua sola.» Sibila a denti stretti e mi prende il polso iniziando a trascinarmi dietro a lui, ma dopo pochi passi sto alla sua camminata e strattono il polso dalla sua presa, riuscendomi a liberare con non troppa fatica. Ripenso a quel che ha detto poco prima e mi fa stare male, ha ammesso il fatto che mi sta accompagnando solo per non sentirsi urlare dietro dai suoi genitori che avrebbe potuto tenermi compagnia durante il viaggio e quindi per evitarmi disgrazie. È stato alquanto stronzo dicendo questo, le parole fanno male, rodono dentro.
«Ora puoi pure andare» non lo guardo nemmeno in volto nonostante il grande sentimento che io prova per lui, quando qualcuno mi ferisce non è così semplice sistemare tutto. Siamo nella via parallela alla mia ed in meno di settecento metri arriverò alla mia abitazione, non ho bisogno di qualcuno che mi accompagni fino sotto casa, ma principalmente non ho bisogno di qualcuno che mi accompagna per la paura dei rimproveri dei genitori.
«No, ora ti accompagno fino a casa.» Continua a guardare dritto davanti a se ed io ormai esasperata lo prendo per un braccio e lo fermo.
«Ti accompagno fino a casa.» Ripete, ed in questo momento mi sembra un automa.
«Ma mi spieghi i tuoi problemi?» Nonostante mi faccia perdere la testa e mi piaccia tantissimo non riesco a mantenere la calma in questo momento, ha un comportamento da bambino.
«Senti, smettila di parlare e muoviti.» Sta iniziando ad infervorarsi e mi ca ridere vederlo così, ma allo stesso tempo mi fa arrabbiare sempre più.
«Tu non mi dici quello che devo fare okay?! -Continua a camminare senza calcolarmi minimamente- Ma insomma, mi vuoi dare retta? Non puoi comportarti..» Il mio discorso viene troncato dalle sue labbra che si posano rapidamente sulle mie staccandosi in un secondo, ma questo piccolo, rapido contatto basta a farmi rabbrividire più di quel che non stavo già rabbrividendo, facendomi sentire lo stomaco vuoto e lasciandomi completamente senza parole.
Lo vedo girarsi e allontanarsi e solo in quel momento mi rendo conto di essere esattamente davanti casa, spiazzata e senza una spiegazione a tutto questo ma solo con la sensazione ancora presente delle sue morbide labbra sulle mie.

colpo di scena spaventosissimo xoxoxoxo, ditemi che ne pensate, tanti kiss XD❣️

5 ottobreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora