28. Una persona costruita

965 75 16
                                    

«Elena sono Emma, la tua migliore amica.» Mi guarda con uno sguardo speranzoso, ma non posso accontentare il suo desiderio dicendo di ricordarmi di lei.
«Io posso giurarti che non ho ricordi di te. Riccardo dov'è? Come sta?» Fa una smorfia scoprendo che di lei non ricordo nulla e una lacrima le scivola lungo la guancia; mi accarezza una spalla e non mi ritraggo al tocco, provo a pensare a qualcosa ma è tutto in confusione e la mia testa sta per scoppiare.
«Vado a chiamare i medici, un attimo.» Si alza dal letto e si dirige verso l'esterno della stanza in velocità e singhiozzando, non posso biasimarla ha ragione a reagire così ma allo stesso tempo non posso farci nulla, non è colpa mia se i ricordi mi son stati tolti dalla mente.

Dopo pochi minuti fanno ingresso nella stanza diversi medici che si mettono attorno al lettino accerchiandomi, incutendo in me ansia e timore su cosa debbano dirmi.
Iniziano con domande basilari e nonostante la fatica riesco a rispondere dopo un po' di ragionamento. «Allora, come ti chiami?» Sorrido leggermente, se non ricordo di quella ragazza non significa che io abbia dimenticato pure il mio nome; rispondo e continuano a pormi domande.
«Parlaci un po' dei tuoi genitori.» Una donna di mezza età, il cui volto è coperto da leggere rughe e delle piccole ciocche di capelli marroni nocciola le ricadono nel viso, che indossa un camice bianco da cui spunta il colletto di una maglia blu, si fa strada tra i colleghi e mi lancia uno sguardo curioso.
«Non mi ricordo come sono, i nomi.. È tutto confuso. Ricordo solo un nome.» Dico continuando a torturarmi i capelli a causa della difficoltà che sto mettendo nel capire come si chiamano o anche qualcosa riguardo a loro, magari una piccolezza.
«E dicci, qual'è questo nome che ricordi?» Prende una penna e la noto  tracciare un segno nel foglio che tiene in mano; parlare di quello che ricordo è imbarazzante, non per il fatto che sia qualcosa scandalosa, ma perché nessuno sa di Riccardo e di quanto io sia innamorata di lui.
Provo a muovere un braccio facendo una smorfia di dolore a causa della flebo che si piega leggermente muovendosi all'interno del braccio; infine cedo e decido di dire il nome.
«Lui si chiama Riccardo, lui è l'ultima persona che ho visto prima del coma, prima di quello che mi è successo.» La voce mi trema e allo stesso tempo sono sollevata dal fatto che questa parte di conversazione sarà archiviata a momenti. Continuo a torturare i pensieri finché molte immagini mi tornano nella mente e tutto è sempre collegato a questo dannato ragazzo.

«Tu ricordi quando è successo l'incidente?» Mette una ciocca dietro all'orecchio e mi guarda attendendo una risposta; inizio a ragionarci e riesco ad arrivare ad un idea vaga, che continua a parlare nella mia mente.
«Un paio di settimane fa?» Non riesco a percepire quanto tempo sia passato, è successo tutto in successione ed era come vivere nella vita normale, fin quando non mi sono trovata nel tunnel tutto era normale, ma non riesco a ricordare i nomi e le persone, perché?
«Elena.. È successo tre mesi fa. Il 5 ottobre stavi camminando per strada verso la stazione delle corriere -piccoli ricordi riaffiorano lentamente- e nel mentre attraversavi la strada, un anziano signore ti ha investita perdendo il controllo della macchina.» Il 5 ottobre, quella data è stata l'inizio di tutto, sta iniziando a spiegarsi tutto e pure il perché io mi ricorda quel determinato nome; quel giorno sono inciampata in bus, addosso a lui e proprio in quel momento ho scoperto il suo nome, mi ricordo di lui perché è stato l'ultimo pensiero prima del buio. Tutto quel che è successo dopo quel momento, era solamente immaginazione; i baci, i pianti, il diario e il braccialetto, erano solo frutto della mia fervida immaginazione ed erano dovute allo stato in cui mi trovavo. Se avessi saputo quanto male stavo provando per una cosa irreale forse sarei riuscita ad oltrepassare molte cose, non sarei caduta in basso piangendo per giorni, e di sicuro non avrei perdonato Lorenzo.
«Quel ragazzo, è l'ultima persona che ho visto. Mentre ero in coma lui era il centro di ogni mio pensiero..» Guardo verso il basso confessando tutto, voglio capire il motivo di questo e solo dei medici possono darmi delle risposte; ed in questo momento mi rendo conto di una cosa, sul mio polso c'è il braccialetto che lui nel sogno mi aveva regalato.
«Evidentemente è una persona molto importante per te, lo sarà pure nella realtà. Ora dobbiamo andare a vedere i vari dati dei macchinari per poter vedere cosa dobbiamo fare con te. Riposati e non sforzarti.» La dottoressa mi sorride ed esce accompagnata dai vari medici, un'infermiera si avvicina al mio lettino iniziando a controllare la flebo e chiedendomi se voglio qualcosa da mangiare o da bere, è veramente molto gentile nei miei confronti.
«Quel ragazzo, Riccardo, è venuto a farti visita mentre eri in coma.» La donna inizia a parlare sistemando qualche cosa fuori posto per poi sedersi nella sedia affianco al letto. «Tantissime volte si è presentato qui, ogni volta gli veniva negato di vederti allora io, quando l'ho visto ed ho capito la situazione l'ho fatto entrare nella tua stanza sempre. Ha passato pomeriggi interi a leggerti poesie e testi che scriveva per te, ti faceva ascoltare musica e mi ricordo che mi disse di metterti questo braccialetto. Sai, era molto preoccupato per te, mi ricorda moltissimo quando ero giovane e il mio ragazzo veniva a farmi visita in segreto quando mi ammalavo, che bei tempi.» Sorride e guarda verso l'alto ricordando i vari momenti ed in quel momento mi sento mancare il fiato scoprendo che lui, in tutto questo tempo è venuto da me sempre.
«Lui non è il mio ragazzo, lui è una persona molto importante per me. Dal primo giorno in cui l'ho visto è entrato a far parte della mia vita giorno dopo giorno sempre di più, il problema è che lo ha fatto nel mio lungo coma.. ed a causa di questo mi sono costruita una persona che magari lui non è.» Tocco il braccialetto sorridendo e mi vengono i brividi quando riesco a ricordare diverse scene che ho immaginato in questi tre mesi, lui è una persona veramente importante per me, mi è stato vicino per molto tempo pur non conoscendomi e non riesco a capirne il motivo. Quando sto per prendere una decisione mentale l'infermiera che nel frattempo non aveva più parlato riprende parola. «Quando ne avrai l'occasione, parlagli. È un ragazzo d'oro.» Sorride dolcemente e mi dice che se ho bisogno di qualsiasi cosa mi basta schiacciare il piccolo pulsante che si trova sopra alla tastiera del letto; poi si alza dalla sedie ed esce dalla stanza.

Dopo pochi istanti entra nella camera una donna, ha i capelli del mio tesso colore e gli occhi ben conosciuti, nonostante non ricorda il nome riesco a riconoscerla.
«Mamma..» Sussurro con le lacrime agli occhi. «Papà..» Aggiungo vedendo mio padre dietro di lei, mi sono mancati in una maniera smisurata, durante questi tre mesi non erano loro, lo si capiva dai loro atteggiamenti; non mi avrebbero mai trascurata, non mi avrebbero mai permesso di uscire con un ragazzo la sera. Ma cosa principale, mio padre non sarebbe mai scappato di casa.

5 ottobreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora