Filippo

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Sole era tra le braccia di suo padre, che la cullava dolcemente, come se fosse una bambina, baciandole di tanto in tanto la nuca. Erano su un prato assolato, sotto una volta celeste con nuvole simili a fiocchi.
Sua madre camminava verso di loro, gli steli dell' erba erano così alti, che le accarezzavano i fianchi. Era bellissima con i suoi capelli castani sciolti e con un sorriso dolce come il miele, che le si apriva caldo sul volto.
Sole si sentì accarezzare su un braccio, era Angelo. Anche lui era bellissimo, lo sguardo che prometteva candore e sicurezza.
La sua famiglia le si strinse attorno, le volevano tutti bene, la fecero sentire protetta da un cerchio magico indissolubile. Lì dentro non le sarebbe potuto accadere nulla di male. Mai nessuno avrebbe potuto spezzare quel cerchio, separandoli. Sarebbero stati insieme per sempre.
Sole spalancò gli occhi. Non vi era suo padre, non vi era sua madre, non vi era suo fratello, non vi era nessun cerchio magico. Non si trovava sulla cima di un colle, ne' sui suoi  capelli biondi aveva un cielo con nuvole che sembravano dipinte.
Era chiusa tra quattro pareti totalmente bianche, adagiata su un lettino d' ospedale, incatenata a dei macchinari da tubicini che sembravano fuoriuscirle dal naso e dalle labbra.
<<Ben svegliata>> Le disse freddamente un medico quasi totalmente calvo, accecandola con una fortissima lucina artificiale, che le puntò prima in un occhio e poi nell' altro.
Sole cercò di articolare qualche parola, ma con la bocca biascicò parole senza senso. Aveva bisogno di bere, aveva voglia di staccarsi tutti quei tubicini. Non aveva alcuna energia, una nebbiolina opaca le si addensava dinanzi agli occhi.
<<Va tutto bene>> Le spiegò sbrigativamente quel medico, che le tastava il polso ed esaminava con attenzione uno, totalmente fuori dalla visuale di Sole <<Sei stata in coma per diverse settimane e avevi perso così tanto sangue, che all' inizio eravamo tutti piuttosto scettici che ce l' avresti fatta. Puoi considerarti una vera miracolata: te la sei cavata solamente con qualche confusione, ma ti passeranno tutte nel giro di poco tempo>>.
Il medico tornò a guardarla, incrociando le braccia sul petto <<È stato un incidente terribile, veramente mostruoso. Dispiace molto a tutti noi...>>.
All' improvviso, quell' energia, che Sole aveva così ardentemente cercato in sé, le ruggì nel petto <<Incidente? Non è stato un incidente! Dov' è mia madre? Dov' è mio fratello?>>.
Il medico la guardò turbato, poi le avvicinò una mano alla guancia e con fare consolatorio le disse <<Loro non ce l' hanno fatta, sono morti sul colpo. Il camion, che si è schiantato contro di voi, non gli ha concesso alcuno scampo>>.
<<Non è stato un incidente>> Le forze erano già svanite, la confusione si innalzava attorno a lei come pesanti e oscuri nubi di fumo, la voce era un sussurro flebile e incerto <<La nostra auto era ferma... Siamo stati aggrediti...>>.
<<Mi dispiace dirtelo, figliola...>> Il medico le prese le mani tra le sue <<La vostra auto è stata completamente distrutta, ridotta in lamiere. I soccorritori hanno faticato molto per estrarre i vostri corpi... Col tempo ricorderai e forse un giorno riuscirai a trovare dentro di te la rassegnazione>>.
Fugaci instantanee di quella sera attraversarono la mente di Sole: la figura femminile che incombeva su Angelo, quei capelli biondi visti in lontananza, un ragazzo dagli occhi a mandorla, quei denti che affondavano nel suo collo.
<<Riposati, io andrò ad avvertire tuo zio...>> Si congedò il medico e per la prima volta riservò a Sole un sorriso.

Suo zio arrivò dopo poco tempo. Si chiamava Gabriele Santacroce, era un uomo sulla cinquantina, molto robusto, con folti capelli biondi e occhi verdi. Doveva essere stato molto bello da giovane, ma ora era appesantito dagli anni.
Sole lo riconobbe appena al di sotto della mascherina, che indossava. Gli si allargò sul viso un enorme sorriso sollevato, delle lacrime gli percorsero il viso roseo.
<<Sole, che bello vederti!>> Era stupito di vederla ancora in vita, si sedette su una sedia accanto al suo letto e le accarezzò a lungo la fronte. Com' era diverso il suo tocco da quello di suo padre, pensò Sole. Suo zio era così grossolano e indelicato, mentre le carezze del padre erano soffici e attente, come quando si sfoglia un libro antico o si sfiora una bolla di sapone cercando di non farla esplodere.
<<Non immagini quanto stia soffrendo per tua madre e per Angelo>> Zio Gabriele piangeva singhiozzando <<Margherita era mia sorella, una delle persone a me più care... E tuo fratello era un nipote così affettuoso, sempre cortese, disponibile... Non ti lasceremo sola, verrai a vivere con me, tua zia Rachele e tuo cugino Filippo. Starai bene con noi. Ti assicuro che non ti faremo mancare mai nulla>>.
Sole restò ad ascoltare silenziosa, aveva smesso di piangere, perché aveva finito tutte le lacrime. Nonostante le parole di suo zio, si sentiva sola. Questo era l' unico aggettivo che in quel momento poteva attribuirsi, quello in cui si rifletteva più distintamente e chiaramente.
<<Non è stato un incidente stradale>> Disse seccamente, fissando con fermezza suo zio.
Egli sollevò il capo, rimase intontito con la bocca spalancata, alla ricerca delle parole più adatte da pronunciare.
<<Purtroppo sì, Sole, purtroppo la vostra auto ha avuto un frontale con un camion, che vi ha investiti e schiacciati sotto il suo peso, perciò...>>.
<<Non è vero!>> Sole interruppe suo zio bruscamente <<L' auto era ferma, perché all' improvviso il motore aveva smesso di funzionare. Mamma e Angelo erano scesi, poi ho sentito un colpo sull' auto, sono uscita anch' io e qualcosa mi ha...>>.
Questa volta toccò a suo zio interromperla, persuadendola a tenere dentro di sé tutto il resto zittendola con un dito premuto dinanzi alle labbra.
<<No, non parlare. Va tutto bene... Il medico mi ha già preannunciato telefonicamente che avresti potuto raccontarmi questa storia. Secondo lui stai confondendo la realtà con un sogno, che hai fatto mentre eri in coma>>.
<<Non era un sogno...>> Bisbigliò Sole stentatamente, ormai sempre più debole.
<<Col tempo ricorderai meglio, ora è troppo presto>> Disse suo zio. Sorrise e poi uscì dalla stanza per andare a consultare il medico.
Un' infermiera entrò dopo pochi minuti. Sole la osservò, mentre con fare materno le controllava i battiti e poi le cambiava la flebo.
Una sonnolenza improvvisa avvolse la mente di Sole e in men che non si dica si riaddormentò di nuovo. L' infermiera era rimasta accanto a lei e Sole la sentì piangere, anche quando gli occhi le si furono chiusi in un buio senza sogni, al cui interno Sole smise di esistere.
Quando riaprì gli occhi era in una camera diversa: più familiare, più piccola, con un televisore accesso su un canale di musica. Su una parete scorreva una lunga finestra, affacciata su una luminosa e fresca giornata primaverile.
Sole non era legata a nessun tubicino, perciò poté mettersi a sedere sul letto, si liberò con un gesto di stizza delle coperte e con un salto balzò giù dal letto.
Si pentì all' istante di quel movimento così repentino, perché le vorticò violentemente la testa e dovette reggersi al comodino per non traballare.
Pian piano la vista le tornò nitida e riuscì a compiere i primi passi. I dolori delle contusioni affiorarono in più punti del corpo e lei si sentì una bambina piccola, che doveva ancora imparare a camminare.
In quel momento si accorse che dei vestiti puliti erano ordinatamente piegati su una sedia, accanto vi erano delle scarpe da ginnastica. La porta era chiusa, perciò senza perdere tempo si tolse il camice d' addosso e si infilò quei vestiti e quelle scarpe.
Voleva fuggire da quell' ospedale, un moto di ribellione si era impossessato di lei. Aprì lievemente la porta, nel corridoio passeggiavano solamente alcuni pazienti in pigiama e due infermiere, che con una penna compilavano delle cartelle.
Sole uscì dalla camera, chiuse la porta silenziosamente alle sue spalle e si avviò lungo il corridoio.
Le infermiere distratte non la notarono neppure, perciò lei accelerò il passo e sgusciò furtiva tra le porte di un ascensore, che si stavano chiudendo proprio in quel momento.
<<Che piano?>> Una voce maschile la sorprese alle spalle, Sole quasi trasalì. Non si era neppure accorta che con lei c' era un ragazzo, che la osservava con grandi occhi chiari e un dito sospeso vicino al tastierino dell' ascensore.
<<Piano terra>> Rispose lei telegrafica e lui premette il numero "0".
Sole lo studiò per un po': quei capelli biondi, quegli occhi azzurri e quello sguardo vigile li aveva già visti. Il ragazzo guardava davanti a sé, aveva un bel profilo e uno strano orecchino a forma di piuma.
Le porte dell' ascensore si spalancarono e Sole si precipitò immediatamente all' esterno per guadagnare il più rapidamente possibile l' uscita dell' ospedale.
In una vetrata notò che quel ragazzo la stava seguendo, lei fece finta di niente e a passo sostenuto attraversò il vasto cortile dell' ospedale cercando con gli occhi la fermata dell' autobus. Trovata! Avrebbe preso il bus, poi avrebbe deciso dove andare. Non aveva neppure un soldo al collo, ma non le importava, l' importante era andare il più lontano possibile.
Si fermò davanti al palo della fermata, nello stomaco i morsi della fame le ricordarono che aveva bisogno di mangiare.
<<Posso offrirti un panino? Ieri ne ho preso uno dal panino dell' ospedale. Ero molto scettico, ma mi sono ricreduto subito: aveva un sapore squisito!>> Quel ragazzo era al suo fianco e sembrava averle letto nella mente.
<<Se non la smetti di seguirmi, chiamo la polizia>> Lo minacciò lei contrita.
<<Non lo farai>> Rise lui sardonico <<E so anche il perché o meglio, i perché: innanzitutto, non hai un cellulare e poi perché non ti conviene, visto che stai scappando>>.
Sole si voltò di scatto verso quegli occhi ironici e motteggiatori, che la smascheravano.
<<Inoltre>> Aggiunse lui tirando fuori dalle tasche un mazzo di chiavi <<Per prendere autobus un autobus bisogna comprare un biglietto, per avere un passaggio da me basta fare un sorriso. Sono disposto ad accompagnarti dovunque tu voglia, anche se mi sembra palese che neanche tu sappia dove vorresti andare>>.
Fece roteare le chiavi attorno al suo indice e poi continuò <<Questo mi causerà diversi problemi, ma per lo meno saprò che non capiterà nulla di male a mia cugina>>.
Sole sgranò gli occhi, colpita da una folgorazione, che dava una risposta a quella domanda che a lungo aveva agitato la sua mente: era suo cugino Filippo!


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