Confusione

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Selene fu certa che avrebbe incontrato Aristomaco, fin da quando fuoriuscì sola dalla loro tana. Sembrava quasi che la stesse aspettando, dandole le spalle con le mani appoggiate alla ringhiera, i lunghi capelli neri che svolazzavano al vento.
L' aria era fredda e bagnata, trafitta da miriadi di piccole gocce. Persino il tramonto era umido, con quel colore grigio che ne offuscava la luce, come se il sole morente fosse stato avvolto in un sudario fatto di banchi di nebbia.
Aristomaco si voltò e accolse Selene aprendo le braccia, con un sorriso caloroso, come se fossero  una coppia felice ad un appuntamento.
Fu lo stesso Aristomaco a infrangere quella magia <<Che ne è di Kerman?>>.
<<Sono uscita da sola oggi>> Rispose Selene affacciandosi anch' ella.
<<E quindi ci ritroviamo>> Aristomaco era divertito e commosso allo stesso tempo <<Un tempo eravamo innamorati e adesso siamo acerrimi rivali. Perché?>>.
<<Perché tu minacci Kerman di farmi fuori, se proverà a ostacolarti ancora. Quella volta a Londra stava quasi per ucciderti. Sei sempre stato molto debole effettivamente>>.
Aristomaco parve offeso, guardò una coppia di falchi che planava in profondità, sfiorando quasi il torrente che serpeggiava sul fondo sassoso di quella gola. Gli venne in mente la farfalla, che quand' era bambino lo fece precipitare giù da quell' altura.
Selene era il punto debole di Kerman, ma era anche il suo, soprattutto da quando tra di loro era finita.
Aristomaco tamburellò con le dita sulla ringhiera, poi si schiarì la voce per purificarla da ogni traccia di vulnerabilità <<Con i muscoli ho sempre avuto molte difficoltà, ma non con la testa. Il tuo Kerman potrà sferrare tutti i pugni che vuoi, ma non si vince con i pugni, bensì con le strategie e quelle non si basano sui muscoli>>.
Selene lo ignorò, adesso anche la sua attenzione era stata catturata da quei falchi, che si alzavano in cielo senza sbattere le ali, come se fossero trascinati dal vento.
<<Se tu volessi tornare da me, io ti accoglierei>> Aristomaco parlò come se stesse pronunciando una confessione, caricandosi di coraggio e audacia. Selene non gli rispose affatto, perciò lui cercò di sondare una sua reazione studiando il suo volto. Era fermo, inespressivo e distante.
<<E come faresti poi a tenere a bada Kerman, non avrebbe più il suo ostaggio. Probabilmente adirato contro di me, vorrebbe abbattere te solamente per vendicarsi contro la sottoscritta>>.
Aristimaco fu affascinato dalla sua intelligenza. Cercò di prenderle la mano, ma lei si ritrasse e lo guardò con estrema pietà. Quello sguardo incise una ferita in Aristomaco, perché conteneva commiserazione e purtroppo anche un rifiuto.
<<Non so chi vincerà tra te e noi, ma sappi che la differenza tra te e noi ci sarà sempre, anche se tu un giorno dovessi ucciderci tutti>> Dette queste parole, Selene andò via. Lottò con la tentazione di voltarsi a guardarlo, ma resistette e tornò nella sua tana con un senso di disagio e angoscia.
Kerman era seduto alla scrivania, nella stessa stanza c' era Alessandro. Di Lucia e Takijiro non vi era alcuna traccia. Selene guardò prima Kerman e poi Alessandro: il vampiro che l' aveva salvata e quello che la stava ancora salvando.
Alessandro sollevò lo sguardo su di lei e lì vi era un qualcosa di strano e di indecifrabile: un amore finito o un amore mai iniziato. Selene uscì di nuovo, iniziò a correre e raggiunse la ringhiera, dove aveva incontrato Aristomaco. Pianse. Pianse forte e disperatamente. Una mano silenziosa si posò sulla sua spalla, Aristomaco la stava consolando dallo stesso dolore, che trafiggeva anche lui.


Sole era seduta davanti al camino. Un fuocherello scoppiettava allegramente al suo interno e lei leggeva un libro, che odorava di carta fresca, appena stampata. Alessandro le aveva portato una pila di libri e lei ne aveva finiti già tanti. Sbadigliò, posò il libro sul divano e si avvicinò al fuoco, come se volesse osservarlo. Si sentiva stranamente serena in quel momento, nonostante tutto.
<<Chiudi gli occhi>> La voce di Alessandro la sorprese all' improvviso, ma non la spaventò. Lei obbedì e subito dopo una mano si strinse attorno alla sua, facendola alzare in piedi.
<<Aprili pure ore>>.
Alessandro era davanti a lei, indossava una camicia bianca, un pantalone scuro e reggeva in una mano un pacchettino avvolto in una carta argentata.
<<È tuo!>> Le disse porgendole quel pacchettino.
Sole osservò prima il pacchettino e poi Alessandro, che le sorrideva con quei suoi occhi azzurri e rassicuranti. Prese tra le mani il pacchettino e lo scartò, dentro vi era un anello d' oro bianco, con una piccola pietra rossa rotonda.
<<A cosa devo questo dono?>> Gli domandò lei girando l' anello tra le dita.
<<Non vi è alcun motivo in effetti. Sono passato davanti ad una gioielleria e nella vetrina il colore di questo anello ha catturato la mia attenzione. Il vestito, che indossavi quando ti ho vista la prima volta, era di questo colore>> Spiegò Alessandro con un mezzo sorriso.
Sole restò scettica <<La volta in cui mi hai rapita, vorrai dire>>.
Alessandro interpretò quella frase come una battuta e scoppiò a ridere <<Beh prima di rapirti, ti ho vista però!>>.
Sole gli riconsegnò l' anello e si sedette per terra, tornando a contemplare di nuovo il fuoco.
<<Che cosa c' è?>> Le domandò preoccupato lui, imitandola.
<<C' è che mi hanno insegnato a non accettare mai niente dagli sconosciuti>>. Questa era una battuta e infatti tutt' e due iniziarono a ridere. Alessandro e Sole si guardavano come se segretamente stessero riconoscendo nell' uno la bellezza dell' altro.
Fu un attimo, fu l'eclissi della ragione, fu lo splendere del cuore. Furono le loro mani che si cercarono, fu il fuoco che li vide avvicinarsi, furono le loro labbra che si sfiorarono, furono i loro baci che si susseguirono lenti per farsi assaporare, furono loro stessi che scoprirono di amarsi.
Finì tutto con la stessa velocità con cui era iniziato. L' eclissi scivolò via liberando la ragione, il cuore tornò nell' angolino a cui tutti, umani e non, lo condannano; le loro mani timide si allontanarono, il fuoco li vide nascondere i loro occhi, le labbra si fecero lontane, i baci cessarono, loro restarono a contemplare la scoperta appena fatta.
<<È stato....>> Alessandro cercò di trovare un aggettivo adatto, fu Sole a suggerirglielo <<Bellissimo>>.
I baci riesplosero davanti a quel fuocherello, Sole si lasciò avvincere da quelle braccia forti, che stringevano il suo corpo. Vi era solamente una regola in quell' incontro: non smettere di baciarsi. Il cuore batteva forte nel suo petto, come un tamburo che stesse scandendo una marcia, che si irradiava proprio da lì, lì dove vi era una musica strana, sconosciuta e inebriante.
Sbottonò la camicia di Alessandro e lasciò correre la mano su quella pelle, che le aveva dato quei brividi. Trasgredirono la regola di non lasciarsi le labbra, solamente per far scivolare la maglia di Sole da sopra la sua testa, poi pagarono ammenda confondendosi ancora più fittamente in quei baci.
Si spogliarono a vicenda, senza fretta, obbedendo a ciò che sentivano piuttosto che ai loro istinti. Il corpo di Alessandro si arcuò su quello di Sole, facendosi spazio tra le sue gambe che ora tremavano. Le accarezzava i seni e poi sfiorò la sua femminilità. Sole fu accecata dal piacere e rovesciò all' indietro la testa, esponendo il collo, dove si riversarono i baci di Alessandro. Entrò in lei piano, poi più intensamente. Ogni volta che i loro corpi si intrecciavano, nasceva un nuovo gemito, che volava nella stanza leggero come una farfalla. Il fuocherello si fece ancora più piccolo e alla fine divenne cenere, mentre Alessandro e Sole finivano di conoscersi e iniziavano ad amarsi ancora di più, ritrovandosi stanchi e felici incastrati in un perfetto abbraccio di corpi, sdraiati su un continuo flusso di baci.
Fu così che si addormentano, quando Sole si svegliò era sul suo letto, coperta da un lenzuolo morbido e bianco. L' anello dalla pietra rossa luccicava al suo dito, unica luce in quella nebulosa confusione, che le offuscava la mente, così diversa dalla nitidezza di quelle ragioni, che custodiva il suo cuore.


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