Gabriele si levò su dal letto e restò per qualche secondo sulla sponda. L' altra metà era vuota, quindi sua moglie doveva essersi già svegliata. Affondò il volto tra le mani, quasi per placare quella preoccupazione che cresceva in lui. Si stropicciò gli occhi per mettere a fuoco quella decisione, che gli sembrava in quel momento più impellente che mai.
Lasciò il suo letto e si concesse una doccia, breve e fredda, come piaceva a lui. Fuori faceva caldo, sembrava che l' estate fosse tornata, come se avesse dimenticato qualcosa. Si vestì di tutto punto e poi andò davanti alla porta della stanza, dove dormiva Filippo.
Era socchiusa, l' aprì delicatamente attento a non fare rumore. Le tapparelle erano abbassate completamente e l' oscurità si posava silenziosamente sul disordine, che Filippo aveva seminato dappertutto, sulla scrivania, sulla poltrona e sul pavimento.
Sul comodino vibrava una luce bianca, come se fosse un uccellino intrappolato intento a cercare la libertà sbattendo freneticamente le ali. Era il cellulare.
Gabriele lo sollevò tra le mani. Era Cosmo, il migliore amico di Filippo. Premette il dito sul tasto di accensione e di spegnimento, mettendo a tacere il suo ronzio.
Si sedette sul letto del figlio, facendolo scricchiolare. Filippo sembrava un bambino, con la bocca semiaperta, un braccio che fuoriusciva dal letto penzoloni e l' altra piegato contro il petto.
Gabriele accarezzò con tocchi morbidi il suo capo, immergendo teneramente la mano tra quei capelli biondi e folti. Si chiese da quanto tempo non donasse a quel ragazzo un gesto d' affetto e del perché lo stesse facendo proprio adesso, mentre Filippo non poteva accorgersene.
Pensò a quando era piccolo e lo teneva tra le braccia impaurito, come se stesse maneggiando un fragile oggetto di cristallo, capace di diventare polvere al primo tocco sconsiderato; lo ricordò mentre con passi incerti si avvicinava verso di lui, tendendogli le braccine paffute; era davanti a suoi occhi quel ragazzino impacciato, grasso e deriso da tutti, mentre con un costume, che lasciava scoperti il suo grasso e le sue vulnerabilità, gli rivolgeva sguardi rancorosi, perché era lui il responsabile di tutto ciò, l' inflessibile aguzzino che lo consegnava senza pietà a quelle torture.
Con quelle carezze Gabriele gli comunicò un amore, che le parole non riuscivano a esprimere, come se fosse acqua da portare con le mani. Premette le labbra sulla fronte, lasciando lì un bacio mentre le risollevava.
Uscì dalla camera con passi felpati, chiuse la porta e incrociò gli occhi di sua moglie. Si abbracciarono di scatto, come due alleati che si salutano prima di una battaglia, promettendosi a vicende svariate cose, tutte cose che hanno a che fare con la forza che l' uno attinge dall' altro e con la gratitudine.
Non si dissero nulla, perché ancora una volta le parole non potevano fare nulla, ma si strinsero le mani. Alla fine, un sorriso sbocciò sul viso di Rachele e prese il volo per raggiungere Gabriele.
Quest' ultimo si diresse verso il suo studio, la mano scorreva sulle pareti, sui mobili pregiati e sulla scrivania di marmo. Sembrava che cercasse in ogni modo di restare aggrappato a qualcosa. Accese il computer e il selfie, che aveva scattato con Rachele e Filippo solamente all' inizio dell' estate a Polignano a Mare, lo riportò in una bolla di serenità. Bolla, che come tutte le bolle, esplose dopo pochi secondi.
Sembrava una vita fa. Aveva organizzato una gita improvvisa a Polignano o meglio, si era svegliato un' ora prima di Rachele e Filippo, aveva gettato alla rinfusa qualche maglia, qualche pantalone e dei costumi in un borsone e li avevi costretti a precipitarsi in auto, come se stessero fuggendo. Era stata una giornata divertente e qualunque, di una famiglia spensierata che ha solo voglia di affacciarsi a guardare il mare e mangiare un gelato, scambiandosi battute comiche per sentirsi felici. Eppure, come sembrava straordinaria quella giornata adesso, come se fosse stata la più bella di tutta la loro vita. Avevano passeggiato a lungo tra le viottole di Polignano, poi Filippo era sparito e un attimo dopo era in costume su una parete rocciosa altissima, li aveva guardati con una linguaccia e si era tuffato in acqua. Gabriele e Rachele lo avevano raggiunto e vedendolo così spensierato, mentre con spruzzi tornava a galla, non avevano sentito neppure il bisogno di ammonirlo o sgridarlo. Rachele lo aveva abbracciato cingendolo con un asciugamano, Gabriele aveva estratto il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lo aveva puntato su di loro. Tornato a casa, il giorno dopo aveva impostato quella foto come sfondo del suo computer.
Era l' immagine di quello che aveva sempre desiderato: una famiglia felice, qualunque e straordinaria.
Aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori una lettera. La carta era ingiallita e l' inchiostro nero articolava lettere sottili e ordinate.
In un mondo di computer ed email, si era estinto uno degli ultimi esemplari di uomini che scrivevano ancora le lettere a mano: suo cognato, il padre di Sole.
Ogni volta che prendeva tra le mani quel foglio di carta, non poteva fare a meno di immaginare mentre ci scriveva sopra: curvo, con gli occhiali di corno che scivolavano inesorabilmente sulla punta del suo naso leggermente adunco, le dita ossute strette in quella maniera così singolare attorno alla parte finale di qualche penna stilografica un po' sgangherata.
Fu nuovamente assalito dai ricordi. Riavvolse il nastro della sua vita e ricordò quando sua sorella gli presentò il suo fidanzato. Era dicembre ed erano seduti in un bar in centro, da cui si poteva allungare lo sguardo sui Sassi. Un uomo panciuto e con una bianca barba finta era vestito da Babbo Natale e regalava caramelle ai bambini, mentre canzoni natalizie si diffondevano con suoni strascicati e striduli da una zampogna.
Gabriele entrò in quel bar mano nella mano della sua fidanzata di allora, una bellezza tutta curve e con delle labbra da sogno. All' epoca era bello anche lui: robusto sì, ma con capelli scuri e folti, massiccio e dalla battuta sempre pronta.
Trovò sua sorella seduta con un tipo che sembrava uscito dalle medie: piccolino, ossuto, con capelli biondi e caotici, occhiali rotti e una magliettina, che dava nell' occhio sia perché logora e slabbrata sia perché non era affatto adatta ai fiocchi di neve, che mulinavano fuori.
A Gabriele sembrò uno scherzo e dovette trattenere le risate davanti a quel ragazzino, che se ne stava zitto e imbambolato, con il corpo presente e con il pensiero chissà dove.
Si passò una mano sulla fronte per dissipare quei ricordi. D' altra parte il passato è il rifugio che cerchiamo, quando il presente che viviamo non ci lascia via di scampo da un futuro, che temiamo.
Posò gli occhi sul testo di quella lettera e rilesse, ancora una volta, ciò che il suo cuore conosceva ormai a memoria:Caro Gabriele, non ti scrivo solamente perché è mio dovere farlo, ma soprattutto perché ora più che mai ho bisogno di una persona di cui possa fidarmi senza avere il timore di gettare poi la sua vita nel caos. Probabilmente, lo farò o l' ho già fatto. Trascinando anche in te questa storia avrò interrotto per sempre il flusso ordinario e tranquillo della sua esistenza, rendendotela caotica e ardua.
Credo di aver trovato finalmente la Luce del Sole, di essere riuscito a maneggiarla e utilizzarla. L' altra sera, infatti, sono stato assalito da un vampiro e l' ho fatto fuori proprio servendomi della Luce del Sole. Purtroppo però lo scopo della mia esistenza è ancora lontano, nonostante il ritrovamento della Luce mi avesse fatto credere il lontano. Non basta averla trovata, bisogna anche proteggerla e sai meglio di me di quanto sia delicato questo compito. Ho passato un' intera notte ad arrovellarmi un pensiero, un pensiero che mi torturava e mi faceva sentire come il peggiore degli uomini. Eppure, sento di non avere il diritto di scegliere. Ho solamente il dovere di agire, io più di tutti, visto che sono il capo degli Angeli del Sole. Ti ho già parlato di quel progetto, di quello che lessi e appresi nei documenti di quel chierico del '200. Ebbene, credo che sia la scelta più saggia da fare, nonostante tutto. Il migliore modo per proteggere la Luce del Sole è dividerla: in questa maniera sarebbe più difficile per un vampiro distruggerla, in questa maniera diventerebbe ancora più potente. Il problema è che non ho pensato a un oggetto. Ho fatto un passo in avanti rispetto a quel chierico. Ti spiego tutto per filo e per segno: dividere la Luce in due parti è un' operazione già di per sé molto complicata, figuriamoci in più parti. Pertanto ho pensato: e se questa divisione avvenisse in maniera naturale, come un gene che si eredita di genitore in figli? Ti immagini: avremmo un esercito! Ho provato a introdurre quella metà di Luce prima in me e poi in mia moglie, ma entrambi stavamo quasi per morire. Dopo quella lunga notte di domande e sensi di colpa, ho portato nel mio studio i miei figli, li ho sedati senza che loro se ne accorgessero e ho tentato con loro. Mio figlio ha respinto la Luce immediatamente, Sole non solo non l' ha fatto, ma è stato come se il suo corpo fosse attratto dalla Luce e viceversa. Si sono uniti con una forza straordinaria, cancellando qualsiasi linea di confine. Sole porta con sé la luce di ciò da cui prende il nome, ironia della sorte.
Ho dato una nuova forma all' altra metà e intendo tenerla ancora un po' con me e poi consegnarla proprio a Sole. Mi sento un pessimo padre, perché ho rovinato per sempre la vita di mia figlia. Non aveva scelta.
Spero che lei sappia ciò che ho fatto il più tardi possibile e che mi perdoni.
La mia vita sta volgendo al termine, lo sento. C' è un branco di vampiri che mi dà la caccia e poi si accaniranno sulla mia famiglia. Mia moglie, tua sorella, sa perfettamente cosa dovrà fare una volta che sarò morto. Starai già capendo, caro cognato, che questa lettera è anche un testamento: lascio a te la guida dei Nuovi Angeli della Luce, perché so che conosci quale sia la nostra vera e unica missione in questo momento, ovvero proteggere a tutti i costi Sole. Nel caso di pericolo convoca tutti gli Angeli e marcia contro chi vuole fare del male a Sole.
Moriremo tutti, caro cognato, e ciò avverrà presto. Noi dobbiamo accettare la nostra sorte con pazienza e sacrificio, perché noi possiamo spegnerci e tramontare, Sole no.
Sei un uomo forte e generoso,
Anche se non scorderò mai le tue risa trattenute a stento davanti a me il primo giorno che ti conobbi,
Ti stimo tanto,
Tuo cognato.Gabriele finì di leggere quella lettera e poi la diede in pasto al tritacarne. Scrisse pochissime righe e inviò moltissime email tutte identiche. Alcuni gli risposero immediatamente, altri no. Non lesse alcuna di quelle email in arrivo.
Con gli occhi ritornò a quel selfie, ora più che mai nascosto sotto il ricordo di quell' illusione di felicità.SE LA STORIA TI PIACE, METTI LIKE E COMMENTA.
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La Luce Del Sole
VampireNiente per un vampiro è più temibile della luce del Sole. È una carezza pericolosa, capace di segnare la fine di chi è destinato all'eternità. Eppure, c'è chi è riuscito a cristallizzarla, forgiando l'arma con cui sconfiggere i vampiri. Come ogni ar...