Selene guardava le spalle nude e magre di Aristomaco, le scapole ossute si muovevano come se fossero animate.
Gli ultimi rantoli di un chierico rubicondo e grassoccio si disperdevano in quella stanza fatta di legno, riscaldata dallo scoppiettante fuoco di un camino.
Aristomaco si saziò a sufficienza e poi abbandonò il cadavere del chierico, che precipitò sul pavimento polveroso ancora con gli occhi divaricati dal terrore.
<<Ti seguiva come un maiale questo essere qui!>> Grugnì divertito Aristomaco assestando un calcio nell' enorme ventre del chierico <<Aveva uno sguardo affamati, incollato sul tuo sedere! <<Dovresti uscire più spesso, mia cara. Non ci serve andare a caccia, se il bel corpicino ci porta il cibo dritto a casa>>.
Aristomaco si sedette sul giaciglio con lei, attorcigliò le sue dita con le sue e la baciò teneramente.
<<Mi rammarica tenere una regina come in questa misera capanna da contadini. Di te sono degni solamente i castelli, quelli che svettano sulle alture più imponenti, orlati sulle torri e con arazzi sulle pareti, che fanno rivivere battaglie di valorosi cavalieri>>.
<<Questa capanna non ha nulla da invidiare a quei castelli>> Sorrise Selene <<L' unica cosa che non sopporto più è la neve, mi fa sentire estranea a queste terre>>.
Nevicava da moltissimo tempo, infatti, e la bufera si riposava solamente di tanto in tanto. Selene non vedeva l' ora di abbandonare quelle terre nordiche, dove era estremamente complicato scovare i mortali, perché la notte portava con sé temperatura temperatura così rigide, che nessuno osava uscire dalla propria abitazione.
Erano giunti lì ormai da due anni, ogni giorno Aristomaco le prometteva che sarebbe stato l' ultimo e poi Selene si ritrovava per l' ennesima in quella capanna, che minacciava di essere spazzata via dalla più lieve brezza di vento, senza il suo vampiro, che spesso usciva persino di giorno, poiché quel cielo sempre plumbeo era una barriera impenetrabile per i raggi del sole.
Selene non sapeva cosa ci facessero lì, Aristomaco spesso spariva anche all' improvviso e tornava dopo giorni con le braccia piene di rotoli di pergamena e papiri, che diceva di aver trafugato in monasteri.
Poi seduto sul pavimento restava le ore a studiarli, esaminarli con un' attenzione capace di assorbirlo totalmente, per ore e ore, facendolo entrare in una bolla di cemento, facendolo sbarcare su un' isola lontana da tutto.
<<Se te lo dicessi, probabilmente poi sarei combattuto tra il mio amore nei tuoi riguardi e la tentazione di ucciderti>> Le aveva risposto una volta con le labbra increspate in un sorriso sornione, dopo che Selene gli aveva domandato come mai fossero così importati per lui quei vecchi rotoli.
Si era rincatucciata così in un angolo, con la testa conficcata nelle spalle come un animale ferito. Era rimasta poi a lungo con le gambe strette contro al petto, per la prima volta annoiata a morte e delusa da quella favola chiamata eternità. Ma soprattutto, ad Aristomaco non la legava più nulla: ne' il suo fascino ne' il fascino delle sue parole.
<<Torno a occuparmi dei miei studi, mia amata>> Aristomaco si sciolse da lei e si abbandonò ancora una volta alle sue pergamene.
Fuori si sollevò un vento molto forte, che ululava con potenti e freddi sibili. All' improvviso, la porta di legno della capanna cadde a terra con un sordo tonfo, nuvolette di polvere si sollevarono fino al soffitto, turbinii di fiocchi di neve vorticarono per la capanna.
<<Chiunque tu sia, credo che dovresti imparare a bussare>> Disse quasi pigramente Aristomaco, alzandosi in piedi e ponendosi già in posizione d' attacco.
Una donna entrò da quell' apertura, gli occhi erano un cielo in tempesta, attraversati da scosse elettriche simili a fulmini infernali. Mosse impercettibilmente il capo, facendo tintinnare le sue lunghe trecce nere e i suoi grandi orecchini a forma di gocce rosse. I numerosi rotoli di pergamene, così accuratamente srotolati da Aristomaco formarono un cumulo di cenere senza neppure passare dal fuoco.
<<Chi sei?>> Le chiese Aristomaco furiosamente, ma lei gli rispose scaricandogli addosso un flusso di luce rossastra. Aristomaco con un' agile piroetta riuscì a scansarla e la parete colpita prese subito fuoco.
Era una strega, Selene lo intuì immediatamente e si avventò come una lince su di lei, ma questa la imprigionò a terra con un' intricata ragnatela scaturita dalla danza delle sue lunghe dita.
Quella strega si appiattì come un ragno e muovendo i suoi arti come un grosso ragno, le zampettò vicino, mostrando sul volto un' espressione di trionfo, allargò le mascelle e si preparò a staccare con un morso la testa di Selene dal corpo.
Aristomaco ora le fu addosso, stringeva in una morsa soffocante il busto della strega, che iniziò a dimenarsi furiosamente. Altre braccia spuntarono dal suo corpo, alla ricerca di quell' invasore, che tentava in ogni modo di stritolarla.
Riuscì ad acciuffarlo dal collo, lo tenne a penzoloni davanti a sé, Aristomaco era inerme come un ciondolo. Sembrava che ogni secondo che passasse lì appeso fosse una selvaggia galoppata verso la distruzione.
<<È finita, Aristomaco>> Tuonò la strega, la sua voce era sottile e tagliente come una scheggia impazzita di vetro.
<<Cosa speravi di ottenere? Davvero credevi che avresti trovato la Luce del Sole? È da quando sei diventato l' insulso vampiro che ora sei, che ti ostini ad andare a caccia di ogni minima informazione sulla Luce del Sole. Sei un misero fallito>> Continuò la strega, i piedi nudi le si staccarono dal pavimento, le sue infinite mani disegnavano nell' aria strani movimenti così repentini da dare vita a scintille verdognole.
Da un momento all' altro qualcosa sarebbe deflagrato da quelle mani e avrebbe posto fine all' eternità. Selene ne fu terrorizzata e sollevata allo stesso tempo.
<<E a te cosa importa, strega?>> Aristomaco era sempre più fragile, profonde crepe gli solcavano il viso e il resto del corpo, da cui gocciolavano scintille rosse. Sembrava che si stesse sciogliendo, come accade ad una stalattite di ghiaccio quando esce il sole.
La strega rise <<È soltanto uno spreco di tempo e di fiato dare una risposta a chi sta per morire>>.
<<E Selene? Ucciderai anche lei?>> Domandò Aristomaco. Non vi era alcuna traccia di timore nella sua domanda, solamente curiosità, mista a divertimento.
<<È il mio atto di pietà nei tuoi confronti, Aristomaco: mandarla all' inferno con te>>. Aristomaco scoppiò a ridere.
Qualcosa squarciò silenziosamente la ragnatela, che intrappolava Selene. Una mano si chiuse sulla sua e l' aiutò a sollevarsi. Un vampiro con lunghi capelli biondi e vestiti da principe la guardò con uno scintillio negli occhi e poi con le fauci spalancate attaccò la strega.
Quella precipitò a terra, gemeva di dolore, mentre quel vampiro premeva il piede sulla nuca della strega, tirando le sue braccia verso l' alto, gliele staccò tutte assieme, come fossero le zampe gracili di un insetto.
La strega gridò e quel suono stridulò scagliò tutti i presenti contro le pareti della capanna, come le onde di un mare in tempesta fanno con le imbarcazioni piccole, impreparate e leggere dei pescatori.
La capanna cedette contro quegli urti e loro si ritrovarono improvvisamente sotto un cielo illuminato da un sole abbagliante. Selene iniziò a contorcersi dal dolore, stava prendendo fuoco e la neve fumava sotto le sue mani incandescenti.
Qualcosa la afferrò dalla cintola, la tirò a sé e la trascinò in una fuga forsennata, che lasciava dietro di loro una spessa cortina di fumo nerastro. Selene continuava a lanciare acuti strilli verso il sole, come un lupo che ulula sofferente.
Chi la teneva stretta al proprio fianco emanava puzza di bruciato, si gettò a capofitto in un mare di albero e solamente quando furono al sicuro, coperti dall' ombra di queste chiome, si fermò.
Adagiò delicatamente Selene sulla neve, letto morbido e fresco. I loro corpi erano completamente ustionati, Selene piano piano ricominciò a sentirsi meglio, si sollevò sugli avambracci e si guardò intorno.
Il vampiro che l' aveva salvata aveva la schiena appoggiata sulla corteccia di un albero, aveva gli occhi chiusi e sembrava aver perso i sensi, ma in realtà si stava solamente riprendendo.
<<Aristomaco?>> Chiese Selene incerta.
<<Morto>> Rispose quel vampiro <<Se non l' ha ucciso il sole, lo avrà fatto fuori quella strega>>.
Si alzò in piedi, era alto e bello, pensò Selene.
<<Mi chiamo Kerman>> Si presentò porgendo la mano a Selene, che gliela strinse delicatamente.
Il sole doveva essersi eclissato di nuovo, perché la neve cadeva di nuovo abbondante, ricoprendo le orme che Kerman aveva lasciato tra quegli arbusti.
Selene pensò con il suo cuore ad Aristomaco, immaginò il suo corpo disfarsi in una pioggia di scintille rosse e le fece pena.
Passò in rassegna tutti i momenti belli vissuti con lui, ma subito dopo rivisse ciò che aveva vissuto pochi momenti prima: quella strega che lo uccideva lentamente, prosciugandogli tutte le forze e poi il sole che gettava sui loro corpi il fuoco.
Non aveva pensato minimamente a lui in quei momenti, ne' in Aristomaco aveva sussultato un battito di pietà nei suoi confronti.
Tra di loro aveva palpitato solamente il cadavere del loro amore, ovvero le spoglie che restano quando tutti i sentimenti sono finiti: l' indifferenza.SE LA STORIA TI PIACE, LASCIA UN LIKE E COMMENTA.
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La Luce Del Sole
VampirNiente per un vampiro è più temibile della luce del Sole. È una carezza pericolosa, capace di segnare la fine di chi è destinato all'eternità. Eppure, c'è chi è riuscito a cristallizzarla, forgiando l'arma con cui sconfiggere i vampiri. Come ogni ar...