Lucciole

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Sole ascoltava la musica, seduta accanto al finestrino. Sua madre guidava chiacchierando con suo fratello Angelo. Di tanto in tanto tentavano di coinvolgerla, ma lei si limitava a ignorarli, protetta dalla sua musica, o al massimo rispondeva con monosillabi.
Non sopportava i loro tentativi di fare finta di niente, di continuare a vivere illudendosi di potercela fare a tornare sereni come prima.
Non lo sarebbero mai stati. Sole non aveva alcuna voglia di ingannarsi, perché le avrebbe procurato soltanto nuovo dolore.
Suo padre era morto. Sì, suo padre che era un uomo così buono e così speciale era morto. E le loro esistenze erano in auto con lui quella notte, quando una curva si era rivelata fatale, facendo sbandare suo padre. Le loro esistenze avevano subito un dolorosissima botta, quella del padre di Sole invece era finita.
Era finita in una notte d' agosto, mentre un padre sempre dolce, un marito premuroso e un uomo gentile, tornava a casa da lavoro, con un regalo accanto al suo sedile, avvolto da una carta argentata con piccoli soli dorati che splendevano sopra.
Quel pacco era finito accartocciato sull' asfalto, ammaccato e con la carta lacerata in più punti. L' uomo che l' aveva scelto con così tanta cura e confezionato con le sue stesse mani, giaceva poco più avanti, col busto che fuoriusciva dall' auto ribaltata, al centro di un lago di sangue, gli occhiali in frantumi e un braccio proteso verso il regalo per i 18 anni di sua figlia, la sua principessa.
Sole alzò il volume della musica al massimo, sperando invano che riuscisse a sovrastare il rumore assordante dei ricordi.
Era passato circa un mese dalla morte del padre, eppure il rumore dei ricordi era ancora così forte, ancora così penetrante. Non giungeva da fuori, era un urlo che si diffondeva all' interno del suo stesso corpo producendole insanabili ferite, da cui sanguinavano solamente lacrime e sofferenza.
Margherita, sua madre, si illudeva che cambiare aria, tornare a Matera, la sua città natale, li avrebbe aiutati a ricominciare. Lì i suoi figli avrebbero avuto il supporto di tutta la sua famiglia, di suo fratello, che aveva dei ragazzi dell' età di Angelo e Sole.
Angelo era da subito stato d' accordo con lei: non aveva perso tempo, svolgendo in men che non si dica tutte le pratiche per il trasferimento dell' università, aiutando sua madre a trovare casa e a preparare il trasloco.
Sole non aveva mai approvato la decisione della madre, ma non si era neppure battuta per contrastarla: aveva agito da automa, chiudendosi in un silenzio che durava ormai da settimane.
Sapeva che sua madre aveva già preso i contatti con uno psicologo di Matera, l' aveva sentita raccontargli di lei a telefono.
Non si sarebbe opposta, perché sapeva che anche sua madre stava soffrendo da cane: piangeva ogni notte, di nascosto, facendo di giorno sforzi sovrumani per infondere forza nei figli accennando un sorriso.
Erano in viaggio da ore ormai, non si erano fermati neppure una volta e ora Sole sentiva il bisogno di andare in bagno, di poter uscire dall' auto per sgranchirsi le gambe.
Fuori scendeva la sera e una luna tonda e piena veniva sfiorata dalla punta degli alberi. Erano usciti dall' autostrada e percorrevano una strada provinciale, dal manto dissestato e con lugubri alberi ai lati. Delle lucciole svolazzavano in lontananza.
Un tempo, le lucciole erano gli animali preferiti di Sole. Le donavano gioia e speranza quelle piccole lucine, che svolazzavano nel buio delle strade. Il suo amore per le lucciole era durato poco però, perché una sua compagna di scuola all' asilo non riusciva a capacitarsi che l' animale preferito di Sole fosse un insetto e non un normale gattino o un buffo cagnolino. Allora, il giorno dopo ebbe la premura di portare a scuola un libro sugli insetti e aprendolo proprio su una foto delle lucciole, esclamò soddisfatta <<Hai visto quanto sono brutti i tuoi animali preferiti da vicino?>>.
Sole era tornata a casa imbronciata e nervosa, aveva sbattuto la porta e sbattendo i piedini per terra aveva urlato davanti alla sua famiglia <<Odio le lucciole, sono animali così schifosi!>>.
E proprio una lucciola ora le pendeva dal collo, era d' argento eccetto per la patina dorata sulla parte finale, quella che si illumina. Era quello il dono contenuto in quel pacco, con un bigliettino, che diceva così "Affinché tu ti possa ricredere. Affinché tu possa avere sempre una luce dinanzi a te".
Ora neppure la radio prendeva più, in lontananza vedevano le luci di una città, arroccata su un colle. Margherita stava raccontando di quando lasciò Matera per trasferirsi al Nord.
Ne aveva fatta di strada, entrando a far parte degli archeologi più prestigiosi e apprezzati d' Europa: dall' età di 26 anni guidava colossali campagne di scavo in mezzo mondo.
Proprio durante uno di questi scavi, in Grecia, aveva conosciuto Michele Deala, come tutte le scoperte la più inattesa, tra tutte le scoperte la più bella.
Lasciarono alle loro spalle le chiome degli alberi, ritrovandosi nel bel mezzo di campi arati. Su di loro il cielo era terso, puntinato di piccole stelle immobili.
Dalla radio provenivano adesso frammenti balbettanti di musica, mentre Angelo abbassava il finestrino per sentire sulla sua pelle la lieve carezza di un venticello scottato dalla calura.
La strada davanti a loro era una lunga striscia che correva sempre dritto, di tanto in tanto venivano superato da qualche camion o incrociavano veicoli dal lato opposto.
Margherita sembrava sciogliersi in un riepilogo di ricordi belli, legati alla sua infanzia vissuta in quella terra, quando da piccola correva a piedi nudi nella vegetazione della campagna di suo nonno, sicura che lì non avrebbe trovato mai alcuna vipera.
Solo ora Angelo e Sole si resero conto di quanta nostalgia la loro madre avesse sempre provato nei confronti della sua città.
A Sole balenò il sospetto che sua madre si fosse servita della morte di suo padre solamente per fare ritorno a Matera, ma ricordò tutti i singhiozzi di Margherita e scacciò via quel pensiero maligno.
L' auto ad un certo punto sussultò, percorse qualche metro e poi si fermò con un rumore sordo.
<<Cosa succede?>> Domandò Angelo.
<<Oh nulla di ché>> Rispose Margherita, cercò di far ripartire l' auto, ma il motore sembrava essere morto completamente.
<<Dannazione!>> Imprecò sottovoce Angelo, ma Margherita non si perse affatto d' animo, tirò fuori il suo cellulare dalla tasca <<Qui non prende. Mi tocca uscire fuori. Angelo, dammi una mano a spingere l' auto vicino al margine. Qui non può stare. Tu, Sole, resta qui>>.
Sole neppure annuì. Suo fratello e sua madre scesero dall' abitacolo e dopo un po' sentì delle braccia che facevano muovere l' auto.
Rimise le cuffie nelle orecchie e tamburellò le dita sul finestrino.
Si voltò a guardare fuori, il volto di sua madre era illuminato dallo schermo del finestrino, mentre cercava di comporre un numero sulla tastiera.
Aveva un' espressione tirata e ansiosa, ma sorrise dolcemente, quando si accorse che Sole la stava osservando. Non vi erano lampioni in quella strada e di Angelo non scorse alcuna traccia.
Sole tornò a godersi la musica. Qualcosa sbatté violentemente contro il metallo dell' auto, Sole si girò di scatto. Non vide nulla. Sua madre era sparita.
Sentì la voce di suo fratello, era un verso di dolore, fuoriuscì dall' auto. In lontananza, una sagoma era accortocciata a terra, sopra di essa vi era il profilo di una donna avvinghiata al suo collo.
Qualcosa la afferrò alle spalle, non vide chi fosse, ma sentì una sensazione di ghiaccio percorrerle la pelle. Cercò di divincolarsi, ma chi l' aveva afferrata era troppo forte.
<<Sole, no! No, Sole!>> Era sua madre, furono le sue ultime parole, poi un grido le esplose nel petto e non si udì più nulla.
Sole chiamò il suo nome, cercò Angelo, ma fu tutto inutile. Qualcosa già stava affondando nel suo collo. Chi la stava stringendo tra le braccia, la voltò. Sole non vedeva nulla davanti a sé, distinse a malapena un volto orientale e dei capelli biondi illuminati dai fari di un furgoncino, che arrivava dal verso opposto.
Non poté vedere chi in quel momento le stava succhiando il sangue. Un brivido caldo le si accese sul petto, un gemito di dolore le arrivò dritto alle orecchie.
Chi l' aveva imprigionata con la sua stretta ora era fuggito e lei si ritrovò a precipitare a terra. Si aggrappò a quella vita, che le fuggiva tra le mani sporche del suo stesso sangue.



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