Porta

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Azzurra e Cosmo si afferrarono immediatamente la mano, dietro l' acciaio invalicabile della serranda. Frugavano con gli occhi attraverso le piccole fessure di quella loro trappola, con i loro cuori che suonavano una angosciosa e cadenzata armonia.
Dietro di loro, l' uomo stappava una bottiglia di vino e si scolava un bicchiere dopo l' altro. Ne aveva offerto anche un po' ai suoi ospiti, che avevano rifiutato categoricamente.
<<Azzurra, c' è qualcosa che non mi torna>>. Cosmo si spostò il più vicino possibile alla sua amica, il tono di voce abbassato ad un debole sussurro.
Azzurra si voltò leggermente verso di lui, guardandolo con la coda degli occhi per non perdere ciò che si stava svolgendo fuori.
<<Gabriele non sapeva dove stessimo andando, eppure com' è possibile che abbia architettato il piano di rinchiuderci in questo negozio? Credo che sia palese che fosse tutto pianificato. A questo punto mi chiedo il perché di tante cose: se Gabriele sapeva già dove fosse imprigionata Sole, perché non è mai intervenuto? E perché era a conoscenza di dove fosse? Perché ha organizzato tutto questo?>>.
Azzurra si guardò attorno, le dita affondate nella fessura della saracinesca.
<<Distrai quel tipo>> Gli ordinò secca.
Cosmo si voltò verso quell' uomo. Era tarchiato, di mezza età, grasso, con una folta barba ispida sale e pepe e un' espressione corrucciata sul volto butterato.
Ricambiò lo sguardo di Cosmo restando con il bicchiere colmo di vino sospeso in aria.
<<Ho sete>> Disse Cosmo, improvvisando.
<<Non ho acqua>> Rispose quell' uomo con la voce raschiata di chi ha passato la sua vita ad aspirare il fumo di innumerevoli sigarette.
<<Mi accontenterò del vino>>.
L' uomo posò il bicchiere e sollevò la bottiglia, vi era una fitta penombra, a stento si vedevano i suoi occhi scuri luccicare, come scarafaggi pigri e lenti.
Fece oscillare la bottiglia e sul fondo roteò ancora un po' di vino.
<<Ti prendo subito un bicchiere>> Gracchiò quell' uomo, alzandosi in piedi. Lo sgabello su cui era seduto scricchiolò. Diresse i suoi passi verso un mobiletto basso e pieno di cianfrusaglie sopra.
Lì dentro c' era un tale disordine che non si capiva quali articoli vendesse quel negozio. L' uomo si abbassò sul mobiletto assieme ad una mazza di ferro, che si materializzò all' improvviso per abbattersi sul suo capo.
L' uomo rovinò a terra, grugnendo per il dolore.
Azzurra calò la mazza una seconda volta e i grugniti si spensero.
Cosmo la osservava esterrefatto <<L' hai ucciso?>>.
<<Non credo>> Rispose Azzurra, con la voce ridotta ad uno squittio.

Gabriele, Tommy e Filippo si fermarono davanti alla porta. Vi era un pomello di marmo, nero e freddo al tatto. Filippo lo afferrò saldamente e lo tirò. La porta non si mosse neppure di un millimetro.
Filippo riprovò con ancora più decisione. Ottenne come unico risultato il rumore sordo della porta, che veniva forzata ma non si ostinava a restare serrata.
Tommy intervenne e seguito da Gabriele si scagliò contro la porta. Tirarono con tutta la loro energia e quando la porta si spalancò, li scagliò lontano.
Si era aperta su una parete fatta di mattoni spessi e polverosi.
<<La porta è mutata>> Constatò Gabriele sottovoce <<Proviamo ad entrare dalle finestre. Dobbiamo fare il meno rumore possibile, così eviteremo di annunciare il nostro arrivo a chi è dentro e non è amico di Sole>>.
Controllarono ogni finestra, una ad una. Erano bloccate. Impossibili da sfondare.
Tommy e Gabriele si fermarono impotenti davanti a quella villa. Filippo cercò dentro di sé la stessa forza con cui aveva abbattuto Il Bovino. Ma non la trovò.
Avrebbe voluto spaccare quella costruzione con la sua forza, ma per quanto si sforzasse, quella villa continuava a sfidarlo con il suo essere così terribilmente inaccessibile
Si avvicinò con passi rapidi a quella porta murata, posò entrambe le mani su quei maledetti mattoni, pensò a Sole, a quanto desiderasse penetrare in quella villa solo per salvare lei e poi uno strano calore divampò nelle sue mani. Una sottile crepa serpeggiò tra le insenature di quei mattoni, si ramificò proliferando in altre crepe.
Quella parete si sbriciolò in una pioggia di detriti. Si sollevò una nube densa di polvere, che accecò la vista di tutti loro.
Filippo quasi rise, con la vittoria stretta nelle sue mani. La vittoria gli sfuggì immediatamente, assieme al sorriso. Quella porta si prendeva ancora gioco di lui, sbarrandogli il passo con un' altra parete.
Disintegrò anche quella, poi quella successiva, la terza e la quarta. Alla fine, Filippo si trovò senza respiro. Costretto a cadere a terra, supino su quel tappeto di polvere e detriti.

<<Che cosa facciamo adesso? Perché l' hai ridotto così? Avremmo dovuto costringerlo a liberarci!>> Protestò Cosmo seduto accanto al corpo privo di sensi di quell' uomo. Di tanto in tanto gli sentiva il polso per sincerarsi che fosse ancora vivo.
Aveva un battito regolarissimo.
Azzurra aveva le mani nei capelli <<Non lo so, è che mi sono fatta prendere troppo la mano!>>.
<<Dobbiamo assolutamente uscire di qui>> Ripeté Cosmo.
Esplorarono ancora una volta quel luogo, servendosi delle luci del cellulare.
Vi erano pile di libri vecchi e non, scarpe sparpagliate in ogni  dove, vestiti femminili piegati o messi alla bell' e meglio in ordine, ninnoli di tutti i tipi, scaffali pieni di oggetti e souvenir scheggiati, ma niente che potesse sollevare quella saracinesca. Il negozio era un' unica stanza quadrata, con una porta su un lato, dove si entrava in un minuscolo bagno lordo. Al centro di quella stanza quadrata troneggiava un tavolo piuttosto antico e malridotto, che sovrastava un tappeto persiano rattoppato e mangiato dalle tarme. Sull' orlo del tavolo, ricoperto di carte, la bottiglia di vino minacciava di cadere.
Azzurra l' afferrò e bevve il vino. Quando rimise la bottiglia sul tavolo, essa scivolò e cadde in frantumi sul tappeto.
<<Dannazione! Adesso gli abbiamo anche sporcato il tappeto>> Si lamentò puntando la luce del cellulare sul tappeto.
<<Ti sembra il caso di preoccuparti per uno stupido e vecchio tappeto?!>> La rimproverò Cosmo, sedendosi sullo sgabello lasciato vacante da quell' uomo.
Azzurra non gli diede attenzione, era china sul tappeto e tamponava il vino sul tappeto con un fazzoletto.
<<Niente non viene via>> Azzurra accarezzò le abbondanti cuciture sul tappeto.
<<Sai cosa farò? Butteremo via questo e gliene comprerò uno nuovo, così mi perdonerà per averlo ridotto così>>.
Cosmo la guardò come se fosse impazzita. Come poteva pensare ad un tappeto nella situazione in cui si trovavano.
Azzurra sicura del fatto suo, spostò la scrivania da un lato all' altro, poi si piegò sul tappeto per arrotolarlo.
Cosmo le faceva luce con il cellulare. Sgranò gli occhi quando per terra apparve un gancio metallico. Azzurra con la sua pazzia aveva appena scoperto una botola.
Cosmo si alzò di scatto e l' abbracciò con impeto.
Si guardarono appena, il tempo necessario per rendersi conto di quanto fosse da folli non seguire la pazzia. E la seguirono, incrociando per qualche secondo le loro labbra.
Si sorrisero al buio e poi sollevarono dandosi la mano il coperchio della botola.
La luce adesso scivolava su scalini bassi e ripidi.
Qualcosa balzò da quella botola avventandosi su Cosmo e Azzurra, quel qualcosa era la paura. Si strinsero la mano, non la sconfissero, ma la combatterono.
Iniziarono a scendere. Cosmo ricordava quando da bambino aveva fatto una gita guidata per i Sassi. La guida aveva detto che sotto il centro di Matera vi erano come delle stradine, dei cunicoli, gli 'ipogei'.
Non scesero granché gli scalini finirono presto, ora gattonavano in un corridoio stretto e basso. In lontananza si vedeva l' inizio di una scaletta.
La raggiunsero e si arrampicarono su di essa. Erano sicuri che sarebbe usciti nell' aria fresca autunnale, invece furono sorpresi dal buio e da un silenzio perforante. Erano al chiuso, davanti a loro vi era una parete di tessuto.
Cosmo e Azzurra la sfiorarono con le dita. Poi, la sfondarono e sbucarono all' interno di una stanza sfarzosa, decorata con grandi arazzi, di cui uno era stata appena distrutto da loro stessi.

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