Tu che mi baci vestita di rosa

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*

Tutto ciò che può sentire Einar, adesso, è il cuore che gli martella incessantemente nel petto.
Ha smesso di respirare, del tutto.
La testa è vuota, gli fischiano le orecchie e ha davvero paura di collassare.
Non riesce a muovere i piedi. Non riesce a sentire Filippo che gli sta parlando, lo sta chiamando ma la sua voce non gli arriva: vede solo le sue labbra muoversi, ma le parole che escono sono vuote, senza suono.
È tutto lontano, compresa la sirena dell'ambulanza che sta sopraggiungendo in questo momento: lo capisce solo perché vede le luci blu e rosse riflesse contro i palazzi.
Cazzo.

Non riesce a non guardare la donna davanti a lui, ubriaca e sfatta, semisdraiata sui gradini e coi lunghi capelli sul viso. Vorrebbe non guardarla. Vorrebbe non averla vista.
Eppure l'avrebbe riconosciuta tra mille persone, tra il mondo intero.
Perché prima di vederla, l'ha sentita nel cuore.
Il cuore che già si è frantumato in tanti piccoli pezzi, quel cuore che adesso si sta rompendo ancor di più.

Nel frattempo, i militi della croce rossa preparano una barella per la donna, in evidente stato confusionale. È a questo punto che Einar fa un passo avanti e fende la folla che si è creata lì attorno.
Non sa spiegare lo sforzo che impiega a livello mentale, per spostarsi. Ma fa tutto la sua testa.
Si avvicina a sua madre con passo svelto.
E non ha mai fatto più male di così, questa vicinanza.

Filippo gli è immediatamente dietro, lo segue con passo preoccupato; è confuso dalle cose che continuano ad accadere e che no, non riesce a comprendere pienamente.
Cazzo.

"No" sente dire ad Einar che con una mano allontana -più o meno gentilmente- il volontario "ci penso io."

Einar si accuccia vicino alla donna, le scosta con delicatezza i capelli scuri dal viso, le fa una carezza sulla guancia.
Filippo sente un nodo allo stomaco per quella scena: percepisce in pieno il suo dolore, un dolore misto a rabbia e tenerezza.

"Stia indietro!" ringhia Ein quando il soccorritore prova di nuovo ad avvicinarsi e a fare il suo lavoro.

La reazione è stata più violenta di quanto Fil si aspettasse e decide di avvicinarsi del tutto; così si frappone tra Einar e il giovane ragazzo della croce.

"È tutto sotto controllo, ci pensiamo noi, la ringraziamo" tenta di dire con un piccolo sorriso, ma il ragazzo scuote la testa, risoluto.

"Stamo stati chiamati e il regolamento prevede il nostro intervento. Se poi la signora" guarda la donna totalmente ubriaca e aggiunge "o chi per lei, in questo caso, firma i documenti per non essere portata in pronto soccorso, va bene, ce ne possiamo andare. Prima no."

"Va bene" risponde Filippo e si china su Einar, accucciato vicino alla donna, per spiegargli la situazione, la mano sulla spalla.
Non è sicuro che Einar abbia compreso pienamente, eppure lo vede alzarsi, scostarsi dalla madre con difficoltà.

"Lei è...?" gli domanda, allora, il milite, adesso affiancato da un'altra ragazza con una cartellina e una penna in mano.

"Sono il figlio" risponde il cubano con uno sforzo tale che Fil vorrebbe posare la mano sulla sua spalla e stringere forte la presa. Per ripetere io ci sono.

"Mah! Roba da matti" commenta un anziano che ha visto la scena e ora scuote la testa con amarezza "che figuraccia, eh, una donna, poi... dovrebbe stare a casa a cucinare, altroché" continua prendendo l'assenso di un altro uomo, che annuisce con vigore.

Fil sente la schiena di Einar irrigidirsi a quelle parole, vede i tratti del viso tendersi e mutarsi in una smorfia di rabbia; a questo punto decide di intervenire e fa un passo verso il vecchio.

Come sopra un ring (Eiram)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora